ventisei

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Era scoppiato quando quelle parole erano uscite dalla sua bocca. Era scoppiato come una granata nelle frontiere nemiche. Aveva iniziato ad agitare le mani freneticamente, le lacrime che scendevano dai suoi occhi, e per lo più respirava irregolarmente a causa dei singhiozzi. Sentire quella notizia per lui era stato come inghiottire una pillola amara; e quella pillola era ancora più amara quando Federico disse che è inoperabile. Non poteva fare nulla. L'unica cosa che fece, era aggrapparsi alla sua maglietta, mentre lacrime di disperazione bagnavano il collo del ragazzo più piccolo. Continuava a dire che gli dispiaceva, che non sapeva come fare, ma Benjamin piangeva, e piangeva e piangeva. Ora che finalmente Federico era suo, che tutti sapevano che era suo, glielo volevano portare via?

"Ben," la voce dolce e confortevole del biondino sfiorò le sue orecchie nelle ore di prima mattina. Benjamin mugulò qualcosa e si girò per vedere il viso di Federico. Era ancora rigato, probabilmente aveva pianto tutta la notte, e aveva gli occhi gonfi, sia di sonno che di tristezza.

"Sei sveglio," sussurrò il moro, baciando la punta del suo naso. Federico mormorò qualcosa di affermativo, e prese timidamente una mano del ragazzo da sotto le coperte.

"Mi dispiace così tanto Ben," disse, usando un tono un po' più alto di un sussurro. Benjamin accarezzò il suo viso, e baciò le sue labbra morbide ed invitanti. "Ti aiuterò io," rispose con un piccolo sorriso incoraggiante.

"Ben," sospirò, abbassando lo sguardo sulle loro mani incrociate. "Non c'è nulla da fare, capisci?" disse disperato.

Benjamin inarcò le sopracciglia e aggrottò la fronte. "Cosa? Solo perché è inoperabile non vuol dire che è impossibile," si giustificò, sembrando difensivo.

"Capisci che quello che hai appena detto non ha nessun senso?" rise amaramente Federico, anche se non c'era nulla di divertente in tutto questo.

"Io ti aiuterò," affermò deciso. "Abbiamo tanti soldi, e li userò per trovare un chirurgo eccellente che ti opererà e tu guarirai e noi--"

"Benjamin, ti prego," lo avvisò, chiudendo gli occhi. "Non c'è nulla che tu possa fare,"

"Ma--"

"Ben," lo interruppe di nuovo. Tutto quello che avrebbe detto non lo avrebbe ascoltato. "Non c'è nulla che tu possa fare."

Benjamin strinse le labbra l'una contro l'altra, formando una linea sottile, e sospirò. Si alzò dal letto, senza più guardare il biondino, e chiuse la porta del bagno alle sue spalle.

Federico sospirò, sapendo benissimo che Benjamin era arrabbiato; ma non con lui, ma con quella cosa maledetta che cresceva dentro la sua testa.

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Qualcuno bussò alla porta.

Federico aggrottò la fronte, non aspettandosi delle visite. Si avvicinò all'entrata e aprì la porta.

"Hey! Fede!" Youssef esclamò, alzando le braccia al cielo. Subito dopo il biondino notò che in una mano aveva una bottiglia di vino e nell'altra dei film. Federico sospirò, non avendo nemmeno la più pallida idea di cosa stesse succedendo.

"Ciao! Che ci fate qui?" chiese confuso con un sorriso.

"Li ho invitati io," affermò Benjamin alle sue spalle, entrando nel salotto. Zambelli si sedette sul divano e sospirò.

"Che si fa questa sera allora? Strip club o tequila?" domandò sarcastico Zambelli. Federico chiuse la porta, alzando gli occhi al cielo.

"Ho preparato la cena," disse Benjamin, invitando tutti a seguirlo nella cucina. Gli invitati e un confuso Federico lo seguirono, ed era effettivamente apparecchiato per quattro.

"Che c'è da mangiare?" chiese Youssef, leccandosi il labbro inferiore. Aprì un tegame, che nascondeva un succulente pollo arrosto. "Lo hai fatto tu, Ben?" chiese stupito. Benjamin scosse la testa. "No, lo ho comprato," rise.

I due invitati risero, tutti apparte Federico, che accennò solo un piccolo sorriso. "Come mai così silenzioso? Il topo ti ha mangiato la lingua?" domandò divertito Youssef.

"Forse la lingua gliela ha mangiata Benjamin," sghignazzò Zambelli, nascondendo il suo sorriso malefico. Federico alzò gli occhi al cielo, e scosse la testa. "Sto bene," mentì, sedendosi di fianco a Benjamin.

Ognuno prese la loro parte di cibo, e tutti iniziarono a mangiare, tranne Benjamin, che aveva un espressione illeggibile sul volto e gli occhi vuoti. "Ben non mangi?" chiese confuso Youssef.

Il moro non rispose, e continuò a guardare un punto fisso al di là delle spalle dei due ragazzi di fronte a lui. "Ben?"

Questa volta, Benjamin puntò lo sguardo sui due ragazzi, deciso, e disse qualcosa che Federico non voleva che dicesse. "Federico ha un melanoma al quarto stadio nel cervello. Il tumore è inoperabile, ma ha bisogno di aiuto."



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Federico sbattè la porta dietro alle loro spalle, e si voltò verso il moro. "Ti avevo detto di non dirlo a nessuno!" esclamò arrabbiato.

"Hai bisogno di aiuto, Fede!" esclamò in risposta, alzando le braccia al cielo.

"Io..." cercò di dire qualcosa, ma scoppiò di nuovo a piangere, rannicchiandosi su sé stesso. "Non voglio morire -- ora che tu sei -- sei qui con me, sei mio io -- non voglio morire, io ti amo e se -- se muoio io ti lascerei da solo e io -- io non voglio andarmene e lasciarti solo, voglio stare con te per sempre -- non mi bastano solo pochi mesi con te io -- io voglio tutta la vita, Ben. Non mi bastano mesi io --" balbettò, ma i suoi singhiozzi lo precedettero. Benjamin, con due passi lunghi, lo raggiunse, e lo abbracciò forte, cercando di dargli un senso di sicurezza.

"Tu non morirai," affermò il moro con le lacrime che bagnavano il capo di Federico. "Tu non morirai, hai capito? Non morirai tra pochi mesi, mi senti? Io ti aiuterò, troverò un chirurgo che ti apra in due la testa e che tiri quel figlio di puttana fuori dalla tua zucca! Tu non sei solo, okay? Io sono qui, i tuoi amici sono qui, e tu non morirai tra pochi mesi, perché io ti aiuterò. Tu non sei solo, Fede."

Gli asciugò le lacrime che non volevano cessare, e un sorriso si fece lungo il suo viso."Grazie," sussurrò, affondando la sua nuca nell'incavo del suo collo. "Grazie. Grazie. Grazie. Grazie."

Era lì dove voleva morire, se era costretto. Le sue braccia erano il posto in cui voleva morire, non un lettino di un ospedale. E lì si rese conto che quello che aveva detto Benjamin era vero; lui non era solo.

paper airplanes; fenji {completa}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora