Capitolo 1 - Partenze e arrivi

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"Vi siete mai chiesti se le cose accadono per caso o no? Per me la vita è quell'attimo che viviamo mentre progettiamo le nostre azioni e mentre queste capitano. Non si può decidere o cambiare il nostro destino. Sono cose che accadono, che si susseguono e si influenzano, senza uno schema preciso. Non c'è niente di programmato. Tutto accade per caso."
Ed è questo che ho pensato fino ad ora. Ma perché?
Mi chiamo Talya e questa è la mia storia.
Corro sulla spiaggia, i miei capelli scuri al vento, gli occhi marroni come terra riflettono il mare... Conosco questo posto... Ho sempre sognato di essere qui. Questa è Los Angeles. Corro, rido e sfido il mondo a portarmi via da qui.
-Talya-
Nessuno mi porterà via da questo posto.
-Talya-
Nessuno.
-TALYA SVEGLIATI O FARAI TARDI!-
Per precisione 'nessuno' è mia madre. Sbuffo e le tiro dietro un cuscino. A fatica mi alzo dal letto e mi preparo per il viaggio. Oggi parto per andare da mio padre, in Canada. I miei si sono separati quando avevo 13 anni. Adesso ne ho 16 e sono due anni che non vedo mio padre. Prendo lo zaino, ci ficco dentro le cose essenziali e aiuto mia madre a caricare le valigie.
-Emozionata?- mi chiede.
-Oh, non sto nella pelle-
-Bene, vedo che sei felice-. A quanto pare non percepisce il sarcasmo. Dopo ore e ore di macchina e noiosi commenti su quanto tutto questo sia "favoloso" (provate a dirlo con voce stridula e petulante e avrete l'idea di come mi sento) arriviamo all'aereo porto.
-Mi raccomando Talya, stai attenta- mi dice mia madre con gli occhi lucidi.
-Oh, certo. Siccome non capita tutti i giorni di vedere una come me.-
-Su vai adesso, ci sentiamo per il ritorno.- e mi spinge via in lacrime.
Le madri. Valle a capire.
Prendo l'aereo e durante il viaggio tengo gli occhi incollati al finestrino. Appena arrivata cerco mio padre, ma la ricerca dura poco. A destra della folla di persone che entrano e escono noto un cartello con scritto a caratteri cubitali 'Talya tuo padre è qui'
"Oddio" penso "chi è quella sfigata che viene accolta così dal padre?" 3 ... 2 ... 1... Tadaan, sono io. Mi dirigo verso di lui cercando di ignorare gli sguardi che la gente mi rivolge. Mio padre è alto e forte, con due spalle che sembra un orso. Mi viene subito incontro e mi stritola in uno dei suoi abbracci.
-Ma quanto è cresciuta la mia principessa?-
-Papà- Dico esasperata -Non chiamarmi così-
-E scommetto che hai anche già il tuo principe?- Dice ignorando le mie parole e facendomi l'occhiolino
-Oh si,- rispondo -si chiama Shrek, è un orco-. E qui si chiude l'argomento 'principe'.
-Allora adesso andiamo a casa e domani ti porto a scuola, okey?- Mio padre vive in una cittadina sperduta, tra cervi e spazzaneve impazziti del Canada. Lo aiuto a sistemare le valigie e arriviamo in SOLO 3 ORE. La sua casa è grande, con un bel giardino innevato, come tutto d'altronde qui. Appena entrata salgo le scale e vado nella mia camera. A 13 anni, penserete, averi avuto la stanza pieni di poster di cantanti o modelli... invece no. Avevo un solo poster di un calciatore per il quale, all'epoca, andavo matta. Poi nient'altro., era una stanza spoglia. Non ci sono venuta quasi mai.
-Allora- mio padre irrompe nella stanza
-Alle sette ceniamo, che ne dici di andare da Dina a mangiare una pizza e a sentire se riesce a trovare un lavoretto per te?-
Così mi cambio e andiamo. La strada è sempre uguale, neve e solo neve. Vedo passare un gruppetto di ragazzi e ragazze. Ridono. Si divertono. Io sono quella ragazza che passa inosservata, che non vuole dare nell'occhio. Ma tante volte anche io avrei voluto essere come loro, fare parte di un gruppo, divertirmi. I miei pensieri sono interrotti dal rumore dello sportello che si apre.
-Andiamo principessa-
-Non chiamarmi così-.
Non vedo Dina da molto tempo, ma lei rimane sempre uguale: una vecchietta coi capelli bianchi e gli occhi grigi e vivaci, che sembra abbiano preso il colore della neve a forza di rifletterla.
-Allora tutto bene? Ma guarda come sei cresciuta, e come sei bella!- Mi abbracci e mi da dei buffetti sulle guance.
-Ehy Dina, per caso avresti un lavoretto per mia figlia? Deve mettere da parte un po' di soldi per il college.-
-Certo- dice -tutto per la mia principessa-
Ma cos'è, si sono messi d'accordo per farmi sentire un'idiota? Oh, io non sono una principessina, io non perdo la scarpetta aspettando che il principe azzurro me la riporti, io torno indietro e me la riprendo da sola.
-Allora Talya, domani cominci scuola- mi chiede dopo aver mangiato. Annuisco.
-Bene, allora appena hai finito vieni qui che cominci subito a lavorare-
Torniamo in macchina e andiamo a casa. Bianco. Sempre bianco. Ma non si annoiano di tutta questa neve? Chiudo gli occhi e immagino la mia città dei sogni, Los Angeles. Le palme, il profumo del mare, il vento nei capelli... io e la mia migliore amica Jess, quando ancora vivevo qua, avevamo promesso che saremmo andate insieme laggiù, lontano da tutto e da tutti.
-Siamo arrivati, scendi?- mi risveglia mio padre dai miei sogni ad occhi aperti. Salgo le scale e mi butto sul letto, distrutta. Domani sarà una giornata pesante, molto pesante.

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