Capitolo 17

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Dopo quelle che sembrano ore e ore di viaggio, passate oltretutto in un silenzio imbarazzante, Jess ferma l'auto in un piccolo parcheggio disperso nel niente. Scendo e mi guardo attorno: si potrebbe definire semplicemente una piccola cittadina innevata, forse più piccola anche della nostra. A destra ci sono tre file di tre o quattro case ciascuna e i bambini giocano felici a palle di neve strillando e infondendo gioia natalizia nell'aria. Dall'altra parte ci sono vari negozi: una macelleria, un minimarket, un negozio d'antiquariato e un pet-shop. Entriamo in quest'ultimo e subito sento il piacevole odore di biscotti e cibo per cani. Ho sempre desiderato avere un animaletto domestico, ma mia madre non me lo avrebbe mai preso, a causa del piccolo spazio del nostro appartamento londinese. Un altro motivo per odiarla. Il locale è sommerso di tutti gli articoli per animali possibili e inimmaginabili, dal semplice collare e croccantini a maglie con su scritto "I Love Canada" o dentiere per i cani un passo avanti con l'età.

"Il paradiso..."

Alle pareti sono accostate alcune gabbie e quando le vedo il mio cervello si scollega definitivamente. Corro incontro ad adorabili cuccioli di Beagle e accarezzo una miriade di gattini neri, rossi, tigrati e tricolore che sembrano non finire mai. L'emozione e la gioia di tanti animali mi sopraffanno e mi sento come un bambino con in mano una grandissima barretta di cioccolato. Vado a vedere i piccoli coniglietti mangiare e poi seguo a ruota le gabbie finché non arrivo a quelle dei rettili. La mia corsa energetica e sfrenata si fa più lenta, finché non mi fermo davanti alla teca dove un grande pitone bianco-giallastro mi guarda con due piccoli occhietti neri. Non faccio distinzioni tra gli animali, li amo tutti, anche le mosche ( si fa per dire ), ma i serpenti... col loro corpo viscido, la loro fatalità e lo sguardo malefico, mi hanno sempre intimorita.

-Talya, allontanati da quella..... "Bestia"- dice acidamente Jess strattonandomi per un braccio, ma io rimango lì immobile, come pietrificata.

-"Quella bestia", per sua informazione signorina, ha un nome. E' Rifen- dice un ragazzo sbucando da dietro il bancone sommerso di cibo in scatola dietetico. E' alto e robusto, ha i capelli scuri più di Whalt e gli occhi dello stesso colore della cioccolata. Indossa una divisa blu e rossa con una zampa disegnata sotto il bavero della giacca. Penso che sia il commesso.

Si avvicina alla teca e infila tranquillamente la mano dentro afferrando delicatamente il corpo del serpente. Lo prende e se lo mette sulle spalle a mo' di scialle.

-Vuoi provare a prenderlo?- mi chiede gentilmente avvicinandosi.

-NO!- si intromette Jess tirandomi via.

-Calmati Biondina, non devi scegliere tu ma ....- dice serio e mi guarda con fare interrogativo.

-Talya- mi affretto a dire capendo che voleva che continuassi la frase. Vedo i suoi occhi illuminarsi e un sorriso gli spunta sulle labbra.

-Oh, bel nome... Ti si addice- conclude e si piazza davanti a me, così che vedo solo ai miei lati.

-Vuoi tenerlo? Di solito alla gente piace..- mi chiede di nuovo e sorride in modo caldo.

Mi volto a destra e vedo gli occhi di Jess che lo guardano imbevuti d'odio, poi si spostano verso di me impauriti e di nuovo sul ragazzo.

-O-ok..- balbetto e allungo le mani verso di lui. Appena la pelle del rettile tocca la mia vorrei solo scappare, urlare, nascondermi sotto il letto e tapparmi gli occhi dalla paura. E' viscida e umida. Ignorando i miei istinti da fifona mi costringo a rimanere immobile fino a che la coda di Rifen non si affloscia accanto a me.

-Eccolo qui. Un metro e mezzo di pitone albino. Oh, naturalmente cresciuto in cattività- aggiunge come se fosse una cosa più che logica e mi aiuta a tenerlo nella giusta posizione.

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