Capitolo 3

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Non appena Shinichi se ne andò, Sonoko sollevò Ran da terra e la portò nella sua stanza. Era come una bambola inerme. L'unica cosa che riusciva a fare era piangere. Sonoko l'abbracciava senza lasciarla, ma sarebbe tanto voluta andare a prendere a caldi Shinichi. Che cazzata aveva fatto? Cos'era tutto quell'odio? Ma soprattutto perché? Veramente aveva smesso di amare Ran? Poteva cambiare idea così, da un giorno all'altro? Era troppo inverosimile. Eppure l'aveva visto con i suoi occhi e l'aveva sentito con le sue orecchie. Se qualcuno glielo avesse raccontato non ci avrebbe creduto, non dopo averli visti crescere e amarsi sempre. Magari stava solo fingendo per fare uno scherzo di pessimo gusto, anche se le risultava difficile pensare che avrebbe mai potuto fare una cosa del genere a Ran, ma forse era meglio non dare niente per scontato, in fondo da Shinichi non si sarebbe aspettata neanche tutto ciò a cui aveva appena assistito. La cosa più importante adesso era Ran. Come avrebbe fatto a tirarle su il morale?
Prese un bicchiere d'acqua dalla cucina e lo portò all'amica. Lei lo prese e bevve tutto per poi ridarlo a Sonoko, che lo poggiò sul comodino accanto al letto.

-Ran...- sussurrò.

-Perché? Perché ha fatto tutto questo? Quale motivo aveva?...si è dimenticato di me, sapevo che sarebbe successo. In fondo l'ho sempre saputo- singhiozzò Ran, torturandosi le mani.

Sonoko si sedette di nuovo vicino all'amica e gli mise una mano sulla spalla. Vederla in quelle condizioni e non trovare le parole giuste la faceva sentire impotente.

-Torna da lui, parlagli!  Digli che non credi a tutto quello che ti ha detto, digli che sai che ti ama!- esclamò decisa.

-Eri lì, l'hai sentito. Sono un'estranea per lui adesso. Sonoko, io non ce la faccio. Io senza di lui non esisto. Hai visto con quale freddezza mi diceva tutto quello, senza neanche guardarmi negli occhi. Fa terribilmente male- continuò Ran, senza riuscire a calmare le lacrime.

Riviveva ciò che era appena successo nella sua mente provando a trovare una spiegazione a quel comportamento, qualche suo errore, qualche motivazione, ma non riusciva. Sentiva solo di non essere stata abbastanza per lui. Desiderava di essere solamente in un incubo, uno di quelli talmente brutti da sembrare reali. Guardò Sonoko negli occhi e scoppiò a piangere sulle sue spalle. Sonoko le accarezzò la testa, cercò di farla tranquillizzare, ma sembrava impossibile e non poteva certo biasimarla.

-Però Ran, se non riusciva neanche a guardarti negli occhi forse ci sarà un motivo. Forse ha fatto ciò per varie circostanze. Prova a parlare con lui stasera stessa. Magari lo trovi a casa in questo momento. Ti accompagno io. Sei forte, tesoro mio, e sei coraggiosa- le disse l'amica, per poi stringerla.

Subito dopo le diede il cappotto e la sciarpa e la trascino fuori di casa. Andarono insieme fino a casa Kudo senza perdere tempo. Ogni minuto era essenziale. Conoscendolo, sarebbe potuto sparire da un momento all'altro.

-Vuoi che venga con te, Ran?- chiese preoccupata, Sonoko.

Ran non piangeva più. Sembrava arrabbiata o determinata, aveva capito che le lacrime in quell'occasione non sarebbero servite a nulla. Se l'obbiettivo di Shinichi era quello di litigare con la sua migliore amica allora lei lo avrebbe accontentato, ma non si sarebbe arresa e non si sarebbe tirata indietro. Se tutto avesse dovuto finire allora avrebbe voluto delle spiegazioni, delle vere spiegazioni. Le doveva dire che non provava più nulla per lei, sì, ma guardandola dritta negli occhi.

-Non c'è bisogno Sonoko, vado da sola. Lo conosco da una vita, mi fido di Shinichi. Non mi farebbe mai del male. Qualunque cosa adesso lui pensi di me non m'importa!- 

E senza aggiungere altro entrò a casa del detective. Fortunatamente, occupandosi delle pulizie di casa Kudo, aveva le chiavi d'ingresso.
I termosifoni erano accesi, la casa era calda e le luci dell'ingresso accese, quindi lui doveva essere per forza in casa. E, proprio mentre pensava a dove potesse essere, se lo ritrovò davanti, intento a scendere le scale. L'espressione di Shinichi era sorpresa e celava una sorta di malinconia dietro. Ran lo notò subito, conosceva bene le sfumature del suo volto, ma notò anche il suo improvviso cambio di espressione in una più seria, gelida. 
-Di nuovo tu?! Si può sapere cosa vuoi ancora da me? Ti ho detto di starmi lontana!- infuriò lui, quasi infastidito.
-Ti sbagli-
-Eh?- rispose, senza capire a cosa si riferisse l'amica.
-Non sono un'estranea. Io sono tua. Te lo dico nonostante tutto il dolore che mi hai provocato negli ultimi mesi e le parole che mi hai rivolto oggi. Potrò sembrare pazza o dolorosamente timida, ma se solo tu mi permettessi di guardarti negli occhi, vedrei quello che provi. Io so chi sei, so chi siamo, non posso permettere neanche a te di rovinare tutto ciò- affermò Ran, ferita e determinata.

Lo sguardo di Shinichi vacillò malinconico per un istante, poi si girò dall'altro lato, dandole le spalle.

-Tsk, che vai blaterando? Non dire sciocchezze. Non provo più niente per te!- disse, mentre saliva di nuovo al piano di sopra come se lei neanche esistesse.

-Girati e dimmelo guardandomi negli occhi allora!!- gridò lei ormai al culmine della tristezza e della rabbia. Shinichi si bloccò in mezzo alla scalinata quando sentì quella richiesta. Sapeva benissimo che non era in grado di fare una cosa del genere, avrebbe ceduto se glielo avesse detto guardando dentro al suo cuore. Gli occhi d'altronde sono lo specchio dell'anima, giusto?

-Perché dovrei farlo? Non m'importa se mi credi o no, puoi pensare quello che vuoi. Certo che non tornerò da te, è bene che tu lo sappia-

-Mi avevi detto che saresti stato sempre con me perché siamo fatti l'uno per l'altra, che saremmo stati insieme per l'eternità, ricordi Shinichi? Cos'è cambiato?- domandò, spezzando un attimo il suo tono di voce e cercando di mandare indietro le lacrime.

Shinichi non sopportava vederla piangere, non riusciva proprio. Era arrivato il momento di allontanarla una volta per tutte. Si girò infuriato e le gridò contro come se fosse impazzito.

-Smettila di piangere e vai subito via!!!!-

Ran, sconvolta e spaventata, scappò via piangendo. Shinichi restò da solo ansimando per i gridi che le aveva rivolto, preso anche da un gran mal di testa. Si sedette sulle scale e diede un pugno alla ringhiera, smussandola leggermente. Solo dopo si accorse di essersi ferito alla mano, ma non gli interessò molto, aveva un dolore più grande a tormentarlo per adesso. Si affacciò dalla finestra della sua camera per assicurarsi che Ran non fosse più lì e andò dal dottore Agasa. In casa trovò solamente Ai, concentrata a smanettare con il computer.

-Tutto bene? Successo qualcosa? Sembri un cadavere- notò lei, scostando lo sguardo dal monitor per un attimo.

Lo osservò dalla testa fino ai piedi, facendo una smorfia pietosa. Era il suo solito modo di fare. Poi notò la mano ferita del detective.

-Che hai alla mano?-

-Non è niente, lascia stare. Se prima soffriva adesso l'ho praticamente uccisa! Come ho potuto fare una cosa simile...-

Ai lo fece sedere sul divano e si mise di fronte a lui, pronta ad ascoltare cosa fosse successo. Pensava che fosse già preparato alla reazione che avrebbe avuto Ran.

-Allora, raccontami com'è andata senza dare pugni al mio muro per favore. Dopodiché ti medicherò la mano- lo confortò.

-Ho fatto come da copione, ma lei è tornata da me, voleva che le dicessi tutto guardandola negli occhi. Non ci potevo riuscire e l'ho trattata malissimo, cacciandola via. Non ho risolto nulla-

Ai si alzò per prendere una cassetta di pronto soccorso e si mise nuovamente seduta vicino al detective, poi gli prese la mano e iniziò a levargli le schegge di legno della ringhiera.

-Sapevi che sarebbe andata così. Domani sera prenderai veramente un treno per far finta di partire e tutto sarà finito. Il piccolo Conan le farà compagnia durante questo difficile periodo-

-La fai facile tu, vero? Peccato che non lo sia per niente. Perché dovrei prendere un treno se tanto lei non verrà? Aih!- fece una smorfia di dolore mentre Ai gli continuava a pulire la ferita.

Non era vero che lei non capisse quello che stesse provando Ran. Lo capiva giorno per giorno. Soffriva come la karateka ogni volta che vedeva il giovane Holmes, ma questo non poteva dirlo.

-Shinichi, bisogna farlo perché tutto vada bene. La vedrai di nuovo sorridere, un giorno, ma lo farà di cuore e senza nascondere la tristezza- disse, provando ancora a fargli capire che era stato necessario per darle la possibilità di andare oltre la lor storia.

-Perché dovrei prendere il treno domani sera? L'antidoto non dura tre giorni?-

-Non ne siamo sicuri. Vuoi tornare bambino davanti a qualcuno? Prenderai il treno per non so dove e poi tornerai a casa Mouri come Conan Edogawa- decise.

~Un'ultima Volta E Altre Mille~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora