21. Chi caccia a Seattle?

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«Ehi, Chiara?»
«Si, Andre?»
«Ti va di venire da me, dopo scuola?»
«Cioè... adesso?»
«Si, esatto. Facciamo i compiti, se vuoi»
«Mh.. non saprei, dovrei chiedere» dissi indicando, con un cenno della testa, Emmett.
«Chiedi pure, ti aspetto qui»
Mi avvicinai ad Emmett, appoggiato all'enorme Jeep. «Emm, posso andare a casa di un mio amico?»
Lui mi guardò con quello sguardo che esprimeva un "ovvio" «Certo, vai pure. Però... cosa fate?» chiese con la sua solita espressione da stupido. Stava per cavare fuori una battuta idiota, lo sapevo.
Lo guardai male «I compiti. Non iniziare con le tue battute squallide, abbiamo quattordici anni»
Mio fratello si mise a ridere «Si vai pure»
«Perché ho un fratello così stupido?» mi chiesi a bassa voce mentre mi giravo per tornare da Andrea.
«Guarda che ti ho sentito»
«Meglio»
«Allora?» chiese Andrea appena ritornai da lui.
«Posso venire»
«Perfetto! Andiamo?»
Annuì seguendolo verso casa sua. Non abitava troppo lontano dalla scuola, circa quindici minuti a piedi.

Chiaccherammo del più e del meno durante tutto il tragitto.
Casa sua era abbastanza simile a quella di Bella e a tutte le altre presenti a Forks. Le pareti esterne erano bianche e bisognava salire una scala di piastrelle grigie per arrivare alla porta d'ingresso.
Lui aprì la porta «Prego, signorina» disse con un mezzo inchino facendomi passare per prima.
Alzai gli occhi al cielo e mi misi a ridere. Si, quando voleva sapeva comportarsi da vero stupido.
Mi guidò a destra del corridoio, nel salotto. In realtà conoscevo quella casa a memoria, c'ero stata migliaia di volte. A sinistra c'era la cucina, se salivi le scale nel salotto arrivavi al secondo piano con la camera da letto di Andrea, la camera da letto dei suoi genitori, il bagno, lo studio del padre -era un geometra, mi sembra- e le scale che ti conducevano alla mansarda. Se si voleva andare nel garage, però, bisognava passare dall'esterno.
Andrea mi fece accomodare sul divano. In realtà pensavo di andare a sedermi su di una sedia di fianco al tavolo del salotto, però... va bene lo stesso.
«Che ci facciamo qui?»
«Prima di iniziare volevo chiederti una cosa... forse stupida e alla quale penso che risponderai di no» disse arrossendo lievemente.
«Cosa?» non volevo leggergli la mente, la sua non l'avevo mai violata. Avevo visto i pensieri di tutti quelli della scuola e soprattutto di quelli della mia classe -mi ero ripromessa di non entrare mai più nella mente delle tre "truccatrici seriali". Rabbrividisco ancora ricordandomi dei loro stupidi pensieri-. Ero entrata una o due volte nelle menti di Brian e di Alexis, ma mai in quella di Andrea. Perché? Perché... bho, non lo sapevo neanch'io, forse perché mi piaceva o forse per dei motivi a me ignoti.
«Almeno mi stai ascoltando?» chiese Andrea ridestandomi dai miei pensieri.
«Ehm... no... scusa» risposi arrossendo.
«Stavo dicendo: è una domanda stupida, non arrabbiarti è più o meno normale che te la faccia...»
Ok, ero confusa «E... sarebbe?»
«Vuoi venire al ballo con me?»
«Il ballo?» chiesi confusa. Non ascoltavo mai gli annunci di futili feste.
Lui si mise a ridere «Si, quello di fine anno, lo organizzano anche per le terze medie»
Ero tentata di andarci. Se avessi ascoltato solo il mio cuore avrei detto di si, d'altronde Andrea mi piaceva: era carino, gentile, simpatico, eccetera eccetera. Ma, ascoltando la vocina della ragione che mi pregava di tenerlo lontano dal nostro mondo pericoloso, solo per il suo bene. Dissi di no, con rammarico.
«Perché?» mi chiese lui.
«Perché la trovo una cosa stupida... abbiamo ancora cinque anni di superiori e poi, forse, l'università. Non abbiamo ancora finito gli studi, perché dovremmo festeggiare?»
«Uff... quanto sei tragica» mormorò avvicinandosi di più «Quindi.. vieni al ballo con me?»
Perché non capiva che lo stavo proteggendo?
«No, Andre, no. Andiamo a fare i compiti, è meglio»
«Ok, tanto ho ancora una settimana o poco più per convincerti a venire» disse sorridendo ed alzandosi dal divano.
Più che fare i compiti ridemmo e scherzammo sul fatto che i professori ci davano ancora dei compiti scritti una settimana prima della fine della scuola, quindi circa una settimana e qualche giorno prima degli esami.
Dopo qualche tempo controllai l'ora sul telefono, erano le 6.30 P.M., forse era meglio tornare a casa.
«Beh, io vado, si è fatto tardi» dissi alzandomi.
«Ok, se vuoi ti accompagno»
«A piedi?» chiesi ridendo.
Andrea alzò le spalle.
«No, grazie, chiedo a qualcuno di venirmi a prendere»
Scrissi "chi mi può venire a prendere?" sul gruppo che aveva creato Emmett.
Per tipo dieci minuti tutti, eccetto Carlisle ed Esme, avevano visualizzato ma nessuno rispose.

I Cullen e i Quileutes 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora