"Qualcuno alle volte ha questa fortuna: nel corso della sua vita si imbatte in due occhi in cui specchiandosi rivede se stesso. E questo fa paura."
Il mattino seguente un profumino dolce arriva alle mie narici. Apro lentamente gli occhi e mi ritrovo davanti mia madre. Spalanco del tutto gli occhi e la guardo confusa. « Si può capire cosa stai facendo? » chiedo con voce impastata dal sonno.
« Ti ho portato la colazione. Pancakes con la nutella e fragole, tutti per te. » un sorriso si allarga sul mio viso.
Ecco da dove proviene il buon profumino.Ma qualcosa non va. Mia madre non mi ha mai portato la colazione nella mia stanza. Insomma, non arriva a tanto. Sarebbe capace di svegliarmi versandomi un bicchiere d'acqua fredda in faccia, piuttosto che portarmi la colazione nella stanza. Una volta glielo ho proposto e mi ha esplicitamente detto "Non sono la tua serva".
Mia madre fa per andarsene, ma corrugo la fronte. « Aspetta, aspetta. Questo non c'entra niente con la discussione di ieri, vero? Sul fatto che non mangio e bla bla » la guardo e stringe le labbra. Okay, è così. Ma di certo non posso rifiutare questi deliziosi pancakes. « Se vuoi, puoi rimanere. Così vedi che mangio e magari tu e papà smettete di farvi strani pensieri. » dico, mentre mi alzo dal letto.
« Siamo solo preoccupati per la nostra bambina. Mangia tutto. » mi rivolge un sorriso ed esce dalla stanza.
Faccio colazione e mi preparo per andare a scuola. Manca solo una settimana.Metto giusto un filo di trucco. Non esagero mai, mi piace avere uno sguardo naturale, quindi trucco soltanto gli occhi. Ho i capelli abbastanza lunghi, quindi mi feccio una coda alta, metto una camicetta bianca, jeans stretti e le mie converse bianche. Prendo la borsa e scendo velocemente le scale. Ogni volta rischio di cadere e rompermi l'osso del collo, dato che molto spesso sono in ritardo e salto tre scalini alla volta.
Mi incammino verso la fermata dell'autobus, ma noto che sta partendo senza di me e che io sono, al solito, in ritardo. Mi metto a correre e grida di fermarsi. In questo momento vorrei tanto essere Flash. Corro il più velocemente possibile e, quando finalmente arrivo alla fermata, vado a sbattere contro un ragazzo e mi ritrovo col sedere a terra. Ma dove ho la testa?
« Iniziamo bene la giornata. » borbotto, alzandomi in fretta.
Evito di guardare il ragazzo contro il quale ho sbattuto e mi affretto a salire sull'autobus, dato che l'autista di certo non mi aspetta a lungo, ma lo stesso ragazzo sta salendo nello stesso momento.
«Ma lo fai apposta o cosa? » mi giro verso di lui e quasi smetto di respirare.
È semplicemente bellissimo. La prima volta che non sbatto più contro i pali.
Solitamente vado a sbattere contro anziani, oppure contro i pali e chiedo addirittura scusa. Come la volta in cui ho sbattuto contro un manichino dentro un negozio e gli ho chiesto pure scusa. Una delle mie infinite figuracce.«Scusa, ma sono di fretta. » almeno ha chiesto scusa, penso.
Saliamo finalmente, prima io e dopo lui. L'autista scuote la testa e dice qualcosa a bassa voce. Lo ignoro e vado a trovare un posto dove sedermi.
Mi metto dalla parte del finestrino e tiro un sospiro di sollievo. Odio fare certe maratone di prima mattina. Mi piace viaggiare in autobus, per il semplice fatto che adoro guardare fuori, mentre ascolto musica. Una voce mi fa tornare con i piedi per terra.
« È occupato? » chiede il ragazzo.
«No, fai pure. » rispondo, mentre scelgo che canzone ascoltare. Ovviamente le cuffiette non mancano mai.
Alzo lo sguardo dal telefono e guardo la persona accanto a me. « È uno scherzo? » chiedo, guardandolo perplessa. Sì, deve essere assolutamente uno scherzo.
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Non Lasciarmi Andare
Teen FictionAll'inizio la vita di Elena non è molto diversa da quella delle ragazze della sua età. Diciott'anni e una grande voglia di godersi la vita. Elena, come ogni ragazza, sogna l'arrivo del suo principe azzurro. Solo che il principe azzurro non fa la su...