capitolo 1

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E non importa quanto oggi ti sono lontano. Tu mi sei sempre a un millimetro di cuore.
- Massimo Bisotti.

Fortunatamente, perché ovviamente la fortuna non gira quasi mai dalla mia parte, esco da scuola qualche ora prima.

Mi faccio spazio tra la folla di studenti, che si spintonano tra di loro, ragazze che stanno attente a non perdere l'equilibrio camminando sui loro trampoli.

Con lo zaino sulle spalle, e il fastidio che aumenta sempre di più, riesco a farmi spazio e uscire finalmente da quell'inferno.

Gli studenti quando escono da scuola sembrano degli animali scappati dallo zoo, o almeno nella mia scuola è così, e difficilmente riesci a camminare fra di loro, senza finire con il sedere a terra.

Supero un gruppo di ragazzi che, casualmente, si sono messi a fischiare come degli stupidi scimpanzé arrapati.
Che odio.
Mi avvio verso la fermata dell'autobus e mi appoggio al palo della luce, poco più lontano dalla scuola, lungo il marciapiede, e aspetto che arrivi il mezzo che mi dovrà portare al paradiso.
Eh sì, non ho intenzione di far ritorno subito a casa.

Mi piace un sacco andare in spiaggia, mettermi in riva al mare, e guardare l'orizzonte.
Quando finalmente l'autobus arriva, un gruppo di ragazzi mi passano accanto, scansandomi.
Ma l'educazione?

Sbuffo e stringo i pugni. Odio quando devo aspettare, per poi vedere un cretino arrivato al momento, spostarmi come se fossi un oggetto.

« C'ero prima io! » ribatto e gli do una spinta, facendomi spazio e salendo per prima. Sento gli altri ragazzi ridacchiare e qualcuno fischia. Stupido gregge di pecore.
È così che funziona, purtroppo.
Al mondo c'è sempre quella persona stronza che ti passa davanti, fregandoti il posto.

Ci sarà un girone all'inferno anche per loro.

Io odio quando lo fanno.
Saluto l'autista e decido di sedermi su un sedile non troppo in fondo all'autobus dato che, di solito, sono riservati proprio a loro.
E colui che capita fra gli stronzi, ovviamente, non ha pace. O vedi palline di carta volare, o iniziano a urlare come disperati, oppure ti prendono di mira e fanno scherzi idioti.
Il genere maschile, forse, non smetterà mai di sorprendermi, e non in senso positivo.
Per fortuna accanto a me si è seduta una ragazza, che all'apparenza sembra timida, e quindi non ho problemi.

Durante il tragitto metto le cuffiette, perché non ho assolutamente voglia di sentire gli altri parlare. Preferisco sempre rifugiarmi nei miei pensieri e immaginare cose che non mi succederanno mai.
Una volta arrivata alla fermata, scendo dall'autobus e metto lo zaino ai miei piedi, per poter raccogliere i capelli in una coda alta.
Riprendo lo zaino e me lo metto sulla spalla.

Mi avvio verso la spiaggia e noto alcuni gruppi di amici e coppiette, così decido di andare nel luogo più desolato possibile.

Non voglio sentire le loro risate, non voglio sentire le loro grida.
Voglio soltanto sentire il mare, l'odore della salsedine, delle alghe.
L'odore della vita, della felicità e della libertà.
Voglio rilassarmi e guardare il mare con nostalgia, pensando alle vacanze trascorse in Italia.

Davanti a me ho una grande distesa d'acqua, così limpida, che  potrei specchiarmi dentro.
Invece, se giro il capo, da dietro posso ammirare i grattacieli imponenti della città dei sogni di ogni persona al mondo. Perché, chi non desidera vederla almeno una volta nella vita?

Infatti, venire a New York è come  fare il bagno nella modernità. Per me prima era una realtà sconosciuta.
È la porta d'ingresso per l'America, per noi europei, e invece, stranamente è la città più europea per gli americani.

Non Lasciarmi Andare Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora