39. Photograph.

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Verso le 8.15 sento un ramo spezzarsi dietro di me.

Ovviamente non ho trovato via d'uscita.

Mi volto e appena incrocio i suoi occhi mi fermo.

Mando giù la saliva e non dico o faccio nulla. I miei muscoli facciali non mi permettono neanche di sorridere, e i muscoli degli arti di camminare.

Ma ho bisogno che mi abbracci, ora, qui, come se ci fossimo solo noi. Come se stessimo insieme da una vita e ci amassimo come io amo la cioccolata.
Senza nulla che ci distragga.
Un'abbraccio vero.

Le sue labbra si piegano verso l'alto, fino ad un ampio sorriso. Comincia ad avanzare verso di me, in velocità e mi circonda con le braccia come se mi avesse letto nel pensiero.

«Dio, Eden» sussurra, senza staccarsi. Abbassa il viso e mi da un bacio sulla spalla. «Ti abbiamo cercata ovunque. È normale per te perderti sempre?»

Sorrido, ricordando quando sono tornata tardi al maneggio con Wind.

Lo stringo forte, spingendo il mio viso verso il suo petto.

«Non farlo mai più. Non scrivermi alle cinque del mattino dicendomi che vieni a casa mia, per poi farmi prendere un accidente perché non mi mandi un dannato messaggio.» sospira, allontanandosi.

Infatti, ha le occhiaie e sembra molto assonnato. Anche i capelli sono arruffati e mi sembra terribilmente tenero.

«Ti amo» dico.

Sorride e mi stampa un bacio leggero sulle labbra.

«Andiamo, che i tuoi stanno dando di matto.»

«Noah, io... io ho fatto un sogno. E so che dirai "era solo un sogno", ma è stato orribile.» sospiro.

Corruga le sopracciglia e mi prende entrambe le mani. «Raccontamelo»

Gli racconto tutto il sogno e la sua faccia è:"Ma che cosa blateri?"

Alla fine ridacchio e dico:«Eh, sì. L'ho sognato»

«Tu sei pazza» mi attira a sè, portando le braccia all'altezza della mia nuca. Io allaccio le mie al suo busto, sorridendo. «E ti amo per questo», sospira. «Senti, mettiamo apposto tutto con tuo padre e poi, vieni da me. Così parliamo, ti va? Non della fine dell'estate. Parliamo. In generale. Sai, non conosco tutti i tuoi amici e so solo che il tuo migliore è un certo Nate.»

Sorrido e annuisco.

Torniamo a casa e appena varco la soglia della porta la prima ad abbracciarmi è la mamma, poi i nonni e Jeremy.

Mio papà è seduto sul divano, nella stessa posizione in cui l'ho trovato quando siamo tornati da West Palm.

Mi siedo accanto a lui.

Ho davvero paura di lui.

Potrei dire ogni cosa e porterebbe la frase a suo favore, facendo sì che sembri colpevole di qualcosa che non ho fatto.
È sempre stato così.
Purtroppo.

Entrano anche gli altri e Noah si siede vicino a me.

«Sono-» comincio.

Ma vengo interrotta da Noah, «Le ho detto di venire a casa mia.»

Sgrano gli occhi, così come mio padre.
Noah mi fa l'occhiolino e riprende:«Si è persa e l'abbiamo ritrovata. Sono pienamente consapevole della cavo... della sciochezza a cui ho pensato, ma volevo vedere l'alba con lei.»

Mando giù la saliva e lo ringrazio mentalmente.

Cosa posso chiedere di meglio di un ragazzo che mi ripara dai guai?

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