Capitolo Quindicesimo

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"Katniss" fa cenno con le dita a mo di saluto ma io non rispondo. Lo guardo.
Sembra diverso, anche se è passato meno di un anno, la trasformazione sembra incredibile.
Sta dritto sulla schiena, spalle larghe, sembra essere più robusto, più tonico e asciutto.
"Sei arrivato prima" dico provando a far uscire un tono distaccato.
"Si lo so, perdonami". Restiamo in silenzio. Lo abbiamo sempre fatto ma adesso è a dir poco imbarazzante. Non so neanche se parlare e cosa dire; non so niente.
"Mi fai entrare o vuoi chiudermi la porta in faccia?" Continua aprendo le labbra in un sorriso di circostanza e io mi sposto un po' per farlo passare; proprio mentre sto chiudendo la porta intravedo, dall'altro lato della strada, Peeta che ci osserva dalla finestra.
Credo se ne sia accorto perché lascia ricadere la tenda che torna a coprire il vetro. Sospiro. Poi mi faccio coraggio ed entro in casa.
Gli faccio cenno di accomodarsi.
"Insomma, il 12 sta rinvigorendo!" Esclama e io annuisco. "Mia madre mi aveva accennato qualcosa ma, devo dirlo, è tutta un'altra cosa adesso, no?" "Già" rispondo un po' nostalgica e un po' come una persona che non sa argomentare granché, le volte che sono uscita fuori da questi vialetti per andare verso il fulcro del distretto si contano sulle dita di una sola mano.
"Il 2 com'è?" Chiedo per evitare che arrivino domande su di me.
"Bhe si vive bene, anche se c'è ancora una piccola minoranza di seguaci della vecchia guardia. Diciamo che ho poco tempo per godermi le novità, siamo a lavoro in continuazione" "Capisco". Tra noi cala il silenzio, ancora. Sento l'aria affilata come una lama, sono certa che se mi muovessi di scatto mi taglierei. Non riesco a non pensare che tutto questo è sbagliato; è sbagliato trovarmi a casa con lui, qua dove Prim viveva una volta, è sbagliato per lei, è sbagliato per Peeta, è sbagliato per me e allora perché in parte mi sento sollevata? Pensavo che solo vedendolo mi sarebbe venuta voglia di sbattergli la porta in faccia e invece no.
"Katniss, tu come te la passi?".
Ecco una delle domande che avrei voluto evitare.

- Male! Mia sorella è morta e non riesco ad andare avanti, la gente mi tratta come avessi 5 anni e mi fanno da balia tutto il giorno. Tutti vanno avanti con le loro vite e io resto inchiodata su questa sedia. In testa ho solo un ammasso di fili aggrovigliato! -

"Abbastanza bene. Sai, non riesco ad abituarmi a tutte queste novità nel distretto" mi costringo a piantarmi in faccia un sorriso.
"Ho visto la vecchia panetteria di Peeta in ristrutturazione prima, la sta riaprendo?".
Li sento tutti i rumori degli affilati strumenti di tortura. È una tortura psicologica questa conversazione. Si insinua in me, nei miei pensieri con queste domande fin troppo banali.
"Si, poco tempo fa ha preso questa decisione. Lo aiuta a tenersi occupato e a mandare via qualche fantasma, forse" resto sul vago.
"Bene mi fa piacere, vuol dire che sta meglio? Cioè intendo la sua situazione mentale e tutto il resto."

- Situazione mentale? Peeta non è pazzo o mentalmente instabile! -

"Gale cosa cerchi di dire? Peeta non è uno squilibrato!" Sbotto. Nessuno, tranne me ed Haymitch riesce a capire quanto sia difficile per lui.
"Non volevo dire questo lo sai! Intendo con il depistaggio" "So cosa volevi dire. Parli di tutti noi in questo modo?" Chiedo acida ma la risposta la conosco. Per i piani alti noi poveri sopravvissuti agli hunger games e a questa maledetta rivolta siamo dei pazzi pericolosi con istinti omicidi.
"Katniss non volevo dire questo, lo sai"
"Gale ho davvero voglia di restare sola, potresti andare per favore?"chiedo con una cortesia animalesca. E lo fa. Non so se ci rivedremo, ma adesso non riesco neanche più a pensare a questa ipotesi.

- Voglio andare a fare una lunga, lunghissima passeggiata nei boschi, forse aiuterà a smaltire la rabbia -

Esco e sul vialetto incontro Peeta.

"Ciao!" Dico senza pensarci troppo. Mi esce un po' stridulo, più del dovuto, e mi incammino a passo svelto verso di lui, così non potrà defilarsi in fretta.
"Ciao" e a quel saluto così distinto penso di aver fatto una mossa azzardata.
"Dove stavi andando?" "Alla panetteria .- resta un secondo o più in silenzio - tu?" "Boschi".
Non pensavo che un clima simile, così gelido, potesse mai crearsi tra di noi. Vorrei supplicarlo di non comportarsi così, vorrei dirgli quanto mi manca.
"Ho visto Gale prima. È già arrivato, allora" non è una domanda, una semplice affermazione detta con voce flebile.
"Già" "Le cose tra voi, insomma le avete sistemate?" Cosa intende? Forse parla della nostra amicizia.
"La conversazione più stupida del mondo è finita male. Dubito possiamo tornare come prima" "Perché?" Lo chiede come se fosse davvero interessato a questo rapporto. "Non ci capiamo più. Non riesce a mettersi nei miei, nei nostri, panni. Mi sento giudicata" "Te l'ha detto lui o lo deduci tu?" "Bhe, non è che certe cose si dicono" abbozza un lieve sorriso. "Bhe, ti ha dato dello squilibrato prima" gli dico dal momento che lo vedo divertito. "Non ha tutti i torti. Come definiresti qualcuno che litiga con se stesso e va in giro urlando di voler uccidere qualcuno?" Sta ancora sorridendo. La tensione si è un po' sciolta ma l'argomento non mi piace. Perché da ragione a Gale? Lui dovrebbe essere contento di non averlo tra i piedi.
"Peeta lo sai che se fosse per te non lo faresti" "Si, ma la realtà è questa. Inutile nasconderla. Adesso sono uno svitato, come Haymitch era l'ubriacone per tutti questi anni. Non mi vergogno ad ammetterlo e non dovresti neanche tu".
Non è un rimprovero. È una frase semplice e forte. È la verità.
Siamo svitati!
"Scusa ma devo proprio andare" dice riportandomi alla realtà, quella in cui non ci parliamo, quella in cui Peeta mi sta lontano.
La delusione mi si legge in viso, credo, perché lui assume quell'espressione di qualcuno che vorrebbe dire qualcosa, ma non lo fa.
"Non mi parlerai di nuovo?" Chiedo tremante, ricacciando indietro la voglia di accarezzargli il viso.
"Katniss" si limita a dire scrollando la testa. È la prima volta che lo vedo senza parole. Lo lascio allontanare senza aggiungere altro.

Corro verso i boschi, la vista annebbiata. Appena entro nel verde mi lascio cadere a terra senza fiato, liberando le lacrime che stavo tenendo in gabbia.
Una mano mi sfiora la spalla. Alzo il viso e lo vedo. L'ultima persona al mondo che vorrei mi vedesse così è davanti a me.
Ci guardiamo per qualche istante poi lo abbraccio.
"Catnip". Esclama sorpreso dal mio gesto.

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