Capitolo Diciottesimo

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 La mattina, quando la stanza viene inondata dai deboli raggi del sole, io sono appoggiata al petto solido di Peeta. Mi giro per guardarlo dormire ma lui è già sveglio. "Buongiorno" mi sussurra. Vorrebbe muoversi ma il peso del mio corpo sul suo impedisce qualsiasi movimento dolce. "Buongiorno" rispondo. Entrambi sorridiamo. Le mie guance sono un po' accaldate, ma credo che questo non cambierà mai.
"È un po' scomodo questo divano, lo sai?" Mi ritrovo a dire mentre cerco una posizione, più o meno, comoda ad entrambi. "Ah si?" Dice poco prima di iniziare a farmi il solletico; muovendoci e ridendo cadiamo entrambi a terra.
Mi guarda, mi accarezza una guancia.
"Non sai quanto ho sognato questo momento, Kat" mi dice alla fine.
"Non sai quanto voglio che durino, questi momenti" mi ritrovo a dire, stupendomi di me stessa. Non so come faccia, ma Peeta Mellark fa uscire la parte migliore di me, quella che neanche sapevo di avere, una parte di me sepolta che credevo morta per sempre. Mi tira più vicino a sé e mi studia; passa delicatamente i polpastrelli sui lineamenti del mio viso, è come se fosse incantato. Mi ritrovo a guardarlo meglio, così vicini ma senza incollarci in un bacio, il suo viso ha un'espressione dolce ma la mascella resta tirata, tesa; un sopracciglio ha una lunga cicatrice, come la guancia sinistra, dove passano piccole linee biancastre. I segni di chi eravamo, di chi siamo adesso e di cosa resta di noi. Peeta è l'emblema perfetto di ciò che era solita fare Capitol City a chi sopravviveva, a chi disobbediva ai tempi di Snow. Ti toglieva tutto: la speranza, la vita, la famiglia, la tua città e infine te stesso. Sono grata che lui sia riuscito a non lasciarsi trasportare dove volevano loro, sono contenta che lui continui a lottare ogni giorno per far tornare se stesso. 

È così forte, così buono che per me è lui il nostro eroe, non io, la ragazzina arrabbiata.

"Katniss" vengo distratta dai miei pensieri adulanti, mugugnando in risposta.
"Tu mi ami, vero o falso?" Mi chiede. Mi ci vogliono un paio di secondi per capire ma poi, passando una mano tra i suoi capelli biondi, rispondo "Vero".
Adesso i nostri occhi che si studiavano a vicenda, passano a studiare le nostre bocche che si vogliono, che si rincorrono e acchiappano con naturalezza.
- E' vero, io amo Peeta Mellark! -

"Sapevo che prima o poi ti saresti innamorata di me!" Dice ironico. Mi sporgo un po' di più verso di lui, fingendo un'espressione indignata. "Ah si? E cosa te lo faceva pensare?". Lo sento ridere.
La sua risata, così bella e musicale, così contagiosa. "Perché eravamo destinati, semplice!", lo dice come se fosse la cosa più ovvia del mondo e, nonostante non sia una che crede in queste cose, un piccolo dubbio che possa essere vero si insinua in me.
"Non devi andare via, vero?" Gli chiedo quando lo vedo poggiarsi sui gomiti.
"Purtroppo si. Dobbiamo terminare alcune cose con Haymitch alla panetteria. Ah dimenticavo, è quasi finita, la prossima settimana pensavamo di inaugurare" dice radioso. "Davvero? Ma siete stati velocissimi!" "Diciamo che ultimamente non avevo molto altro da fare e mi ci sono dedicato, completamente". So bene che si riferisce al fatto che non ci parlavamo e all'arrivo di Gale.

Gale. Ecco che torna il senso di colpa; le labbra scottano a quel pensiero e sento l'irrefrenabile desiderio di andare a sciacquarle per togliere via ogni residuo di lui su di loro. Devo dirlo a Peeta, ma come? Come posso dirgli, proprio ora, che ieri ho baciato il suo più antico rivale, di nuovo? Ma se non glielo dico sarà peggio, lo conosco, lui è per la sincerità, qualunque sia la verità. Ma non posso farlo adesso, non voglio rovinare questo bellissimo momento.
Ci alziamo e mentre Peeta è di sopra a fare una doccia, io mi cimento ai fornelli in una colazione non troppo letale; è stato contento del mio gesto che voleva essere semplicemente tenero. Mangiamo e anche se con grande dispiacere lo saluto, guardandolo andare via insieme al nostro, non più troppo ubriacone, amico Haymitch.
Incamminandomi verso casa trovo della posta nella buca delle lettere. Prendo il contenuto e leggendo il mio nome a caratteri cubitali su una lettera bianco latte, sorrido.  

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