Capitolo Diciannovesimo

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La giornata è trascorsa in modo tranquillo; nei boschi nessun tributo morto è tornato a farmi visita sotto spoglie animali. Ho cacciato, ho portato della carne fresca a Sae la Zozza che si era preoccupata non trovandomi a casa questa mattina. Avevo voglia di passare in panetteria, vedere come stava; curiosa di vedere Haymitch al lavoro piuttosto che attaccato alle bottiglie di liquore ma forse non era il caso, voglio che sia Peeta a dirmi che se la sente di vedermi laddove c'era la sua famiglia, prepararlo ad un eventuale nuovo episodio piuttosto che piombare lì all'improvviso.

Ho cercato di evitare accuratamente casa di Hazelle e tutti i posti dove sarei potuta imbattermi in Gale; se dovessi vederlo ora non so come potrei reagire e non voglio tornare nello sconforto proprio adesso che inizio a vedere una piccola luce alla fine di questo tunnel orrendo che dura da anni. Sono certa che tornerei a tormentarmi per quel bacio maledetto e finirei per raccontare tutto a Peeta.

-Ora non mi va-

È giusto assaporare, anche per me, un po' di felicità.

Quando sento bussare alla mia porta è più o meno l'ora di cena.

Sulla soglia mi ritrovo i miei due unici complici in questo spoglio villaggio, dove nessun'altro, oltre noi, ha il coraggio di metter radici.

"Siamo venuti a scroccare la cena, dolcezza!" dice Haymitch alzando la bottiglia nella mia direzione.

"Ma ti prego lascia cucinare il ragazzo! Non mi ha ucciso l'alcol fino a ora ma tu potresti andarci vicino". Bofonchia andandosi a sedere in cucina. Io e Peeta restiamo sulla porta, imbarazzati. Non so come si faccia, non so come funzioni una coppia; bisogna salutarsi con un ciao, con un gesto, non ne ho idea.

Ma mentre pensavo a quale mossa era meglio fare lui si sporge verso di me, poggiandomi un leggerissimo bacio sulle labbra, lasciandomi imbambolata.

"Come è andata la giornata?" Chiede mentre si toglie il giaccone per appenderlo. "Bene. Ho cacciato un po'"

"Uh, carne fresca per stasera, allora" "Non ne ho riportata molta a casa, la maggior parte l'ho data a Sae". Faccio una piccola smorfia. "Tranquilla, con qualcosa in dispensa mi arrangerò, non morirete di fame!" Dice con tono allegro mentre a passo svelto e sicuro si dirige verso la cucina.

Lo osservo mentre si districa tra le pentole e parla con Haymitch. Mi sembra di vivere uno di quei tanti sogni che facevo quando ero bambina, uno di quelli pieni di amore e di gioia; tutto ciò che desideravo, un tempo.

"Io stavo pensando che potremmo inaugurare nel fine settimana, e iniziare con l'attività il lunedi" dice Peeta, rivolto più al suo amico che a me, portando i nostri piatti a tavola. "Mancano ancora due giorni a sabato e non è rimasto granché da fare. Si dai, possiamo farcela" gli risponde mettendo in bocca una quantità sproporzionata di carne. È bello assistere a delle conversazioni che con trattino di come trovare un rifugio, fare trappole, uccidere delle persone o più recentemente di farmaci e terapie consigliate. Sorrido e inizio a mangiare anche io.

"Insomma, tra voi due che sta succedendo?" Dice Haymitch passando, ripetutamente, con la forchetta dall'uno all'altra. "Cosa intendi?" Chiede Peeta, lievemente in imbarazzo. "Ho passato le ultime settimane a dividermi tra il ragazzo ferito qua-indicando Peeta- e la ragazza scema -indicando me- da quest'altro lato" "Hey!" Lo rimbecco, ovviamente offesa per le parole appena usate.

"Dolcezza, come chiameresti qualcuno che sta qui, a chiedermi tutti i giorni come sta il tipo dall'altro lato della strada, solo perché ha troppa paura di andare a chiederlo di persona?". Vedo Peeta ridere e gli dò una gomitata.

"Tu dovresti difendermi" gli dico a bassa voce, ma non così tanto dato che Haymitch mi sente e si pianta sul viso quell' espressione divertita che mi dà sui nervi. "Scusa, è che ha ragione!" Scoppia nuovamente a ridere, guardandomi. "Questa te la farò pagare!" Rispondo, sciogliendomi un po'. Abbassare la difesa non mi è facile, non sono abituata a questo clima giocoso attorno a un tavolo. Le uniche battute che ci siamo mai scambiati erano sempre dovute a questioni di vita o di morte, per via degli Hunger Games.

"Attento ragazzo!" questa volta rido anch' io assieme a loro.

"Haymitch smettila, potrei inforchettarti!" "No, dico davvero. Adesso state insieme o cose simili?" Questa volta è serio, vuole davvero sapere come vanno le cose tra noi. Cala il silenzio. Peeta mi guarda, come se non volesse dire niente senza avere prima il mio permesso.

-Sono paonazza, sono certa!-

Deglutisco. "Pare che stiamo insieme, no?" Riesco a dire, chiedendo un piccolo aiuto a Peeta.

Haymitch batte il pugno sul tavolo urlando un "Lo sapevo!", tutto su di giri.

A quanto pare tutti sapevano che sarebbe finita cosi, tranne me.

"Ah comunque, stavo per dimenticarmi di dirvi che oggi è arrivata una lettera di Effie". Cerco di cambiare discorso; l'attenzione su di me è stata fin troppa in questi pochi minuti.

"Ah si? Eh cosa vuole? - tira un sorso - mandarci nuove parrucche?" Chiede Haymitch. Ridiamo.

Povera Effie, tra loro c'è sempre stato questa specie di odio- amore, ma credo che, dopo tutti questi anni, abbiano imparato a volersi bene reciprocamente; anche perché volere bene ad Haymitch non è cosa facile!

"No! Ha detto che viene a trovarci questo fine settimana" "Bene! Anche in tempo per l'inaugurazione" sento il nostro ex mentore fare il verso a Peeta. A volte il suo entusiasmo per le piccole cose lo stranisce, è fatto così. Una volta salutato l'allevatore di oche, Peeta rimane per aiutarmi a sistemare. Restiamo in silenzio, non uno di quelli imbarazzanti e sconvenienti, fin quando non lo sento cingermi la vita.

"Ho una voglia matta di rimanere con te, stanotte" mi soffia queste parole sulla pelle delicata del collo, e un brivido si impossessa di me. "Resta" rispondo appoggiandomi sulla sua spalla. Ho una voglia incontenibile di toccarlo, di sentire la sua pelle vicino la mia, di sentire il suo odore, così buono, così inebriante.

Mi schiocca un bacio sulla tempia. "Non posso, devo andare". Protesto, ma non più di tanto. So che se gli fosse stato possibile sarebbe rimasto, più che volentieri. Lo accompagno alla porta e lo saluto con un lungo bacio, mettendoci tutto il tempo che serve per assaporarlo. "Buonanotte" mi dice prima di staccarsi definitivamente. Lo guardo dirigersi verso casa ed entrarvici.

Fuori fa fresco e rabbrividisco al passaggio di una folata di vento. Mi guardo intorno e noto un'ombra poco prima l'ingresso del villaggio; con il buio non riesco a capire chi sia, non ne distinguo bene i contorni da così lontano, ma resta immobile. Mi si accappona leggermente la pelle e rientro in casa, senza sapere se quell'ombra sia ancora lì fuori o se sia tornata da dove era venuta.

Cosa resta di noi?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora