Capitolo Ventesimo

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Quando i raggi del sole entrano nella mia stanza per darmi il buongiorno, io sono già sveglia.

La notte non è passata tranquilla come speravo. Oltre agli incubi è tornato, in modo piuttosto insistente, il ricordo del bacio di Gale.

Tenere questo discorso in sospeso non mi fa stare tranquilla, temo che Peeta possa scoprirlo prima ancora che abbia modo di parlargliene.  Il vero  problema è che ho paura.

La paura è l'unico motivo per cui mi tengo la lingua annodata; mi sto rendendo conto che, quando si ama qualcuno, si ha sempre qualcosa da perdere.

- E, io ho paura di perdere Peeta, una volta raccontato tutto -

È un pensiero costante.

- Ma che dici, Katniss! Peeta ti perdonerebbe. Lui capirebbe! -

E se invece non capisse? Se non capisse...

Non riesco ad indugiare oltre con questi pensieri; decido di alzarmi e buttarmi sotto la doccia per lavarli via. Sentire l'acqua scivolare sulla pelle mi fa immaginare che, per almeno quindici minuti, posso essere diversa.

Al suono del campanello mi catapulto di sotto per aprire, nella speranza che sia proprio il mio ragazzo del pane. Solo il suo sorriso può tranquillizzarmi in questo momento.

E con immensa gioia realizzo che è proprio lui, sul portico. Mi guarda.

"Ehm, apri la porta sempre così?" Mi dice arricciando un po' il naso ma io non capisco di cosa stia parlando fino a che, abbassando lo sguardo, noto di essere in accappatoio.

- Non mi sono mai vergognata tanto in vita mia -

Arrossisco, inevitabilmente.

"Oh che vergogna! Vado a mettere qualcosa addosso, tu entra!" gli urlo dalla tromba delle scale.

Quando scendo lo vedo lì, appoggiato al tavolo, un po' pensieroso, un po' annoiato ma nel vedermi si apre in un sorriso radioso, uno di quelli che mi scioglie, quasi fossi un gelato sotto il sole.

"Meglio così, no?" Gli dico. "Mah, a me andava bene anche prima". Il suo tono è malizioso, ma non si avvicina a me, non mi bacia, come invece speravo.

"Colazione?" Mi dice mostrando i piatti pieni di leccornie che non avevo notato, dietro di lui. Annuisco. Non so se è lui ad essere diverso o sono io. O magari sono solo le sensazioni lasciatemi dai miei pensieri.

"Allora, posso aiutarti in qualcosa?" Dico infilandomi in bocca un biscotto ricoperto di zucchero a velo. "In panetteria, intendi?" e annuisco continuando a masticare. Lo vedo sgranare un po' gli occhi per tornare ad aggrottare la fronte; già intuisco quale sarà la sua risposta.

"Non serve, davvero. Abbiamo tutto sotto controllo." Mi fa un sorriso ma è tirato.

"Non vuoi che venga lì, vero?" Chiedo senza fare troppi giri di parole. Posa il biscotto che aveva in mano sul bordo del piatto e si prepara ad un lungo discorso, posso sentirlo già nell'aria.

"Kat, io vorrei farti entrare in panetteria, credimi, ma.." lo interrompo usando un tono piuttosto apatico "...ma non sai cosa potrebbe succedere". Monta su quell'espressione così innocente, quella di quando non si vorrebbe ferire nessuno, ma lo si fa.

"Katniss, voglio essere prima sicuro che stare vicini non comporti nessun rischio." È per questo che stanotte sei andato via?" "Stiamo davvero discutendo sul fatto che non voglio ucciderti?" Dice scioccato, sorpreso, preoccupato, allarmato e quant'altro. Il suo viso è una fotografia, un'istantanea di mille emozioni.

"Si, perché pensavo non ci fosse motivo di tornare sull'argomento. Che fosse un problema risolto!".

A fine frase butto il biscotto nel piatto con un gesto deciso e torno a piantare i miei occhi, duri, nei suoi. Questa volta senza perdermici, senza indugiare su di loro.

"O mio Dio! Katniss, sei seria?" "Credevo avessi capito che non credo tu possa farmi un bel niente!". Sono esasperata.

"Ma non sei tu a dover avere paura, basto io per entrambi, credimi!" "Sai che ti dico? Dillo tu ad Effie che non ci vedremo all'inaugurazione sabato" gli dico prima di alzarmi e filare verso la mia stanza senza dargli modo di replicare.

Solo quando sento la porta di ingresso chiudersi decido di tornare al piano di sotto.

Prima di andarsene, Peeta ha sistemato la cucina; ha messo via i piatti inutilizzati e riempito una ciotola con i biscotti che aveva portato. Ci affondo la mano e ne prendo uno. Lo osservo. È perfettamente compatto, l'odore che emana istiga a portarlo alla bocca. Esito un po' ma alla fine cedo. Lo mastico con una brutalità tale da farmi immaginare di avere tra le mani il ragazzo innamorato.

Non riesco a capire perché non mi debba mai dare ascolto, perché debba fare di testa sua anche se gli dico che non ho nessuna paura.

Perché deve costringermi a non sopportarlo?

- Forse hai un po' esagerato, Katniss -

No! Non ho esagerato per niente! Non può decidere anche per me!

Non sono una bambina, sono in grado di pensare e prendere decisioni da sola e io ho deciso di fregarmene dei suoi istinti omicidi.

- Basta!

Prendo la giacca di mio padre ed esco di casa.

Ho bisogno di rilassarmi.

Cosa resta di noi?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora