Capitolo 2

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Mark rimase a fissare il citofono della elegante villetta che gli si parava davanti per diversi minuti, indeciso sul da farsi. Studiò a lungo la forma del pulsante che avrebbe dovuto premere, osservò con maniacale meticolosità le fessure dell'altoparlante. Una lente circolare gli fece capire che, nel momento in cui avrebbe suonato, non si sarebbe più potuto tirare indietro, dato che la padrona di casa lo avrebbe potuto vedere.

Allungò una mano. La ritrasse. La allungò nuovamente, spingendo il pulsante con particolare decisione. Nessuno rispose. Allungò la mano per la terza volta.

- Sì? - una voce femminile, in apparenza molto amichevole, lo fece trasalire.

- Sono Mark Sanders. Avevo un appuntamento.

Il cancello di ingresso si aprì con uno scatto. L'uomo attraversò l'elegante vialetto, costeggiato da un curato prato verde, antecedente alla porta della sontuosa abitazione.

Quando giunse sulla soglia di ingresso, Mark spinse delicatamente la porta socchiusa, entrando lentamente nell'appartamento.

Un raffinatissimo e spazioso salotto gli si parò davanti. La stanza era enorme, tanto da far assomigliare quell'abitazione ad un loft open space piuttosto che ad una simpatica villetta. Quattro divani blu facevano sfoggio di sé. Tre di questi erano disposti a formare i tre lati di un quadrato, il divanetto restante, più piccolo, era spinto di lato, a ridosso della bianchissima parete. Un tappeto di pregiata fattura si stendeva ai piedi del mobilio, coprendo buona parte del parquet. Un enorme televisore a schermo piatto, affiancato da un impianto stereo di tutto rispetto, dominava quell'enorme spazio.

Due tavolini bassi, in vetro, arricchivano l'arredamento e una cassettiera in legno, posta sulla sinistra, contribuiva a rendere la sala più accogliente. Alcune piante sparse rendevano il tutto più verde ed allegro. C'erano persino delle scarpe, apparentemente costose, poste di fianco alla cassettiera, quasi come se qualcuno le avesse lasciate lì per caso. Mark ebbe l'impressione che la padrona di casa le avesse posizionate in quel modo di proposito, per rendere l'ambiente più informale e rassicurante.

Una giovane donna gli si avvicinò con una seducente camminata ancheggiante. Indossava un vestito smanicato nero, lungo fino al ginocchio, dominato da un'audace scollatura che metteva in mostra un seno perfetto. Un paio di scarpe nere di camoscio mettevano in risalto due sottilissime caviglie e permettevano ai polpacci di risultare snelli e aggraziati. I tacchi vertiginosi su cui si destreggiava la facevano apparire ancor più alta di quanto non fosse già.

Il viso era a dir poco stupendo. Gli zigomi lievemente sporgenti, il naso appuntito, le labbra piene e carnose e gli occhi verdi e allungati donavano al volto della ragazza una bellezza quasi irreale. Il leggerissimo strato di trucco che accompagnava i suoi lineamenti contribuiva a renderla ancor più mozzafiato.

Erika si passò una mano smaltata di rosso fra i lunghi boccoli color cioccolato, lasciando che la matassa di bracciali dorati che le decoravano il polso tintinnasse, producendo un'insolita melodia. I suoi occhi verdi si scontrarono con quelli marroni di lui.

L'uomo poco più che trentenne che le si parava davanti aveva un aspetto molto curato. I capelli castani, lunghi forse una manciata di centimetri, erano perfettamente pettinati all'indietro, facendo spiccare una fronte proporzionata. Due folte sopracciglia aggrottate ed una mascella squadrata evidentemente contratta tradivano il nervosismo del suo cliente. Un naso drittissimo e sottile si adattava perfettamente ad un viso dai lineamenti sufficientemente definiti da rendere quell'uomo abbastanza attraente. Era indubbiamente affascinante.

- Sono Mark Sanders.

- Io sono Erika. - mise in mostra una fila di denti bianchissimi - Dammi pure del tu. Accomodati. - disse poi, indicando uno dei divani blu.

Mark sfilò l'impermeabile marrone che lo copriva quasi fino ai piedi, mettendo in mostra un abbigliamento che tentava, con scarsi risultati, di apparire casual. Prima di consegnarlo ad Erika, che gli stava educatamente tendendo il braccio, estrasse, da una tasca interna, una semplice busta bianca.

La ragazza si avviò verso una porta chiusa, con l'impermeabile fra le mani. Ripose l'indumento dentro quello che Mark intuì essere una sorta di guardaroba e si avvicinò nuovamente a lui, sedendosi al suo fianco.

- Avevamo detto duemila, giusto? - le chiese.

- Sì, esatto.

- Nella busta ce ne sono cinquemila. Può... puoi tenerli tutti.

Erika annuì, prendendo quel bianco rettangolo di carta e riponendolo all'interno della cassettiera senza neppure controllarne il contenuto.

- È la tua prima volta con una escort? - la ragazza non fece fatica ad accorgersi del visibile nervosismo del suo cliente.

- È la prima volta che vado con una così costosa. - le rispose scocciato.

- Perché non mi racconti un po' di te? Che lavoro fai?

- Uno che mi permette di guadagnarmi da vivere.

- E ti piace?

Mark la guardò stranamente impassibile. Sembrava volesse nascondere il fatto di essere infastidito.

- Senti, piantala. È molto carino che tu voglia essere così amichevole e disponibile. E magari con qualche vecchio rincoglionito funziona anche. Però io non credo di essere abbastanza stupido da non riuscire a capire che fai la carina con me solo perché speri di poter ottenere un bel premio. Ti ho pagato più di quanto dovessi, che altro vuoi? Piantala di comportarti da perfetta fidanzatina e cominciamo. - poggiò le spalle sullo schienale del divano, distogliendo lo sguardo da un'interdetta Erika - Non ho tempo da perdere.

- Ok... - il sorriso della ragazza si era affievolito, per lasciare il posto ad un'espressione sorpresa - Cominciano allora. Ti porto qualcosa da bere prima? Whiskey? Gin?

- Un whiskey andrà benissimo.

La bellissima prostituta si sollevò con calma dai cuscini del divano, raggiungendo la cucina adiacente al salotto. Non appariva sorpresa come avrebbe dovuto. Era fin troppo accondiscendente.

Mark sbuffò, passandosi una mano fra i capelli. Poi esaminò le tasche dei suoi jeans, alla ricerca del pacchetto di sigarette. Un certo disagio lo pervase quando si rese conto di aver lasciato l'accendino all'interno dell'impermeabile. Rivolse uno sguardo impassibile alla porta del guardaroba.

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