Capitolo 7

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Erika osservò l'anziano uomo che sonnecchiava beato fra le morbide lenzuola del suo letto. La ragazza si staccò a fatica dal materasso, restia ad abbandonare il caldo abbraccio delle coperte. Tutti gli impegni della mattinata le affollavano la mente e sapeva che, se non avesse cominciato presto la sua giornata, non sarebbe riuscita a completare neppure la metà dei compiti che si era prefissata di portare a termine.

Gettò un'ultima occhiata ai capelli canuti dell'uomo che sfioravano il cuscino, prima di chiudersi in bagno. Il vecchio signor Tarver, da quando era rimasto vedovo, si era affezionato a lei in modo particolare. Non che prima non lo fosse, ma ora che la moglie era morta, aveva sviluppato un attaccamento quasi morboso nei confronti di Erika. La chiamava spesso, chiedendole di vedersi. Molte volte richiedeva un appuntamento con lei solo per parlare un po'. La ragazza trovava estremamente triste il fatto che, nonostante navigasse nell'oro, quell'anziano borsista fosse completamente solo. Niente amici, niente parenti, figli troppo impegnati con il lavoro per preoccuparsi del padre, l'unica persona vicina a lui era una prostituta che avrebbe tranquillamente potuto chiamarlo "nonno".

Erika si avvicinò allo specchio del bagno, rimirandosi al suo interno per poi ravvivarsi i capelli con le dita. Aprì il getto della doccia, attendendo con pazienza che l'acqua raggiungesse una temperatura sufficientemente alta. Prima di dedicarsi alla pulizia e alla cura del suo corpo prese fra le mani il suo inseparabile telefono, controllando distrattamente gli impegni che affollavano la sua settimana e selezionando, dalla rubrica, il nome di una delle sue più fidate amiche.

Mandò un messaggio a Gigì, specificando il luogo e l'orario dell'appuntamento a cui si erano ripromesse di andare, per potersi finalmente rivedere dopo alcuni giorni, durante i quali non avevano potuto incontrarsi a causa di pressanti impegni lavorativi. L'amica le diede una risposta positiva dopo appena pochi minuti. Erika lesse il suo messaggio lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso, prima di potersi finalmente gettare all'interno del box doccia.

*****

Il bar traboccava di clienti e quasi tutti i tavolini che decoravano lo spazio esterno del locale erano occupati. Nonostante ciò uno dei camerieri, visibilmente affascinato dalla bellezza di Erika e Gigì, riuscì a trovare un posto per le procaci ragazze. Le due amiche si accomodarono ad uno dei tavoli più marginali del bar, raggiungendolo con ampie falcate, rese sensuali dai vertiginosi tacchi, e scambiandosi occhiate di intesa e risate sommesse, causate dal comportamento imbarazzato del timido cameriere.

Si sedettero una di fronte all'altra e poggiarono le costose borse su una terza sedia, che assunse così il ruolo di attaccapanni. Gigì sfilò delicatamente i grandi occhiali da sole, rigorosamente firmati, che era solita indossare, stando ben attenta a non permettere che le asticelle si impigliassero ai suoi biondissimi capelli. Uno dei dipendenti del bar si avvicinò per prendere la loro ordinazione.

- Per me un caffè. - sbuffò sbrigativa Gigì.

- Facciamo due caffè. - aggiunse Erika - Uno macchiato e... - rivolse un eloquente sguardo all'amica - Un americano caldo. Grazie. - congedò il cameriere con un sorriso.

- Sono davvero così prevedibile? - rise la bionda.

- Sono io che ti conosco troppo bene. Allora, come va con il lavoro? L'hai più sentito quel tizio strambo? Com'è che si chiamava...

- Ma chi, Moore? Mi prendi in giro? Neanche per sogno! Può pure firmarmi un assegno in bianco, non ci vado più a letto, nemmeno sotto tortura!

- Se ti fa tanto schifo passalo a me, mi sacrifico io. - la bella mora mise nuovamente in mostra il suo sorriso.

- Ma lo hai capito o no che è un mezzo matto? Dai Erika, smettila di scherzare e parliamo di cose serie. - si piegò in avanti, sporgendosi in direzione dell'amica con fare guardingo - Hai visto che da Luxury ci sono i saldi? Sai che significa? Solo due parole: metà prezzo.

- Ho cose più importanti a cui pensare. - disse ridendo.

- Tipo?

Il cameriere imbarazzato raggiunse il tavolo delle ragazze, reggendo fra le mani un vassoio su cui erano appoggiate due tazzine di caffè. Quando Gigì lo notò, si raddrizzò sulla sedia, alzando la scollatura della maglietta, che, a causa del movimento, si era abbassata talmente tanto da sfidare il limite della legalità, nell'inutile tentativo di nascondere il seno esplosivo. Erika conosceva la bionda da abbastanza tempo per capire che aveva compiuto quel gesto principalmente per mettere ancor più in imbarazzo il ragazzetto che la stava servendo, più che per coprirsi, spinta da un insolito impeto di pudore.

- Allora, dicevamo? - Gigì riprese a parlare solo quando il giovane si fu allontanato.

- Dicevamo che ho altri pensieri e che non sono una malata di shopping come te.

- Che simpatica... Dai, fai finta che me ne freghi qualcosa dei tuoi problemi e sfogati con me. - la bionda sfiorò il bordo della tazza con le carnose labbra, frutto del sapiente lavoro del suo chirurgo di fiducia.

- La BMW fa ancora i capricci. - Erika bevve un sorso di caffè - Devo di nuovo farle dare un'occhiata.

- Di nuovo?

- Sì, di nuovo.

- Ma non l'avevi fatta controllare l'altro ieri?

- Credo che i tizi dell'officina si stiano approfittando di me perché sono una donna. Forse pensano che non ne capisco niente di motori.

- Che non ne capisci niente di motori è vero.

- Ancora per poco. - sorseggiò nuovamente il caffè bollente - Sai quel cliente con cui sono stata un paio di volte, Lucas? Suo fratello possiede un'officina, aggiusta qualunque tipo di auto di lusso. E io l'ho convinto a darmi qualche piccola lezione di meccanica.

- Non facevi prima a portare la BMW dal fratello di Lucas e fartela aggiustare da lui?

- No, - Erika sollevò un sopracciglio - preferisco imparare qualcosa di nuovo e usare la conoscenza per sputtanare quegli idioti che stanno provando a fregarmi.

- Sai che ti dico, dovresti risolvere il problema come farei io.

- Cioè dovrei aprire le gambe e usare le mie doti femminili per far fare agli uomini tutto quello che voglio?

Gigì le sorrise, scuotendo la testa, fintamente contrariata.

- Mi conosci davvero troppo bene.

La lingua biforcutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora