Capitolo 5

2.5K 85 9
                                    

Quella elegante villetta, che riusciva sapientemente a mescolare uno stile romantico e d'altri tempi alla modernità dei loft delle grandi metropoli, stava cominciando a diventare familiare per Mark. Persino il videocitofono sembrava essersi fatto meno minaccioso, tanto che l'uomo riuscì a premere il pulsante rotondo senza alcun ripensamento. Il rumore dello scatto con cui si aprì il cancello contribuì a farlo calmare, quasi come se, una volta oltrepassate quelle sbarre di metallo grigie, sarebbe stato finalmente al sicuro.

Il sole stava ormai tramontando e l'aria si era notevolmente rinfrescata, rendendo il simpatico prato che costeggiava il vialetto un'umida fonte di gelo. Mark si ritrovò per la seconda volta ad ammirare quei verdissimi fili d'erba.

La porta di ingresso si presentò socchiusa come la prima volta che l'aveva vista. La spinse con delicatezza, lasciandoci scivolare i polpastrelli sopra. I suoi occhi poterono nuovamente deliziarsi della vista dell'ordinato salotto.

Mark provò una ben celata sorpresa quando vide Erika camminare nella sua direzione, a piedi nudi, coperta solo da un paio di slip e da una semplice canottiera bianca. Il trucco che aveva impreziosito il suo viso la prima volta che l'aveva vista era completamente sparito, lasciando spazio ad una bellezza fresca e naturale.

La femme fatale incontrata qualche giorno prima se n'era andata, sostituita dalla classica ragazza della porta accanto, con un look acqua e sapone, certamente non meno bella.

- Perché sei vestita così?

Mark la guardava con insistenza, senza lasciar trapelare alcuna emozione scomoda. Erika non riuscì a fare a meno di notare il completo elegante, composto da camicia bianca e pantaloni gessati, che si celava sotto l'impermeabile dell'uomo. Probabilmente si era diretto a casa sua subito dopo aver finito di lavorare.

- Ho visto che non ti sono piaciuti molto i vestiti che indossavo la prima volta, - rispose lei, mentre il ragazzo si sedette con lentezza sul divano centrale - quindi ho pensato che avresti preferito un look più informale.

Lui la guardò inespressivo.

- No, mi piacevano i tuoi vestiti. - rimase in silenzio per un istante, a fissare il vuoto - Ti preferivo senza. - un altro silenzio - Però mi piacevano.

- Vedrò di trovare una via di mezzo, allora. Che dici, provo con jeans e scarpe da ginnastica la prossima volta?

- Tieni. - le porse una anonima busta bianca, ignorando completamente la domanda della ragazza - Con questi quanto posso restare?

Erika prese la busta contenente il denaro, esaminandone discretamente l'interno. Poi gli rivolse un affabile sorriso, sedendosi sul divano alla sinistra del suo cliente.

- Tu quanto tempo vuoi passare lontano da casa?

- Perché dovrei voler passare tempo lontano da casa? Non sono sposato. - Mark si rese conto di quanto fosse stupida quella frase quando ormai era troppo tardi.

- Non te l'ho chiesto. - sul volto di Erika era spuntata una simpatica smorfia di stupore - Puoi restare quanto vuoi. Con quello che mi hai dato ci paghi alcune ore, per stavolta ti faccio restare anche tutta la notte, se vuoi.

- Ok. - le dita dell'uomo si mossero in preda al disagio - Senti, puoi darmi un po' del whiskey dell'altra volta?

Erika non se lo fece ripetere due volte. Scattò in piedi, dirigendosi celermente verso la cucina per prendere un bicchiere e una bottiglia di whiskey ancora intatta. Era strano vederla muoversi con addosso un abbigliamento così striminzito. Sembrava pronta per andare a mettersi davanti al televisore a vedere il suo film preferito, piuttosto che per fare sesso con un quasi sconosciuto.

- Ecco. - la giovane posò il dolce nettare alcolico sul tavolino di fronte a Mark. L'uomo osservò il bicchiere solitario che Erika gli aveva piazzato davanti.

- Tu non bevi? - le chiese.

- Non stavolta. Se dovessi bere insieme ai miei clienti ogni volta, finirei in coma etilico. - lui la guardò come se non avesse capito la battuta.

- Allora, - afferrò il contenitore di vetro, bevve un sorso - quanti anni hai detto che hai?

- Ventiquattro.

- E da quanto fai questo lavoro?

Erika fissò un punto a caso del soffitto, con fare pensieroso.

- Da quattro anni, circa. Ho cominciato a vent'anni.

- Avevi bisogno di soldi?

- Tutti hanno bisogno di soldi. Credo che nessuno lavorerebbe altrimenti. Facevo la commessa, prima. Ma era un lavoro noioso, faticoso e decisamente non adatto a me. Quello che faccio ora è molto più appagante. - riuscì a sottolineare l'ultima parola senza caricarla di malizia.

- È appagante farti toccare da uomini che hanno il triplo dei tuoi anni?

- Fintanto che mi pagano, lo è. E anche molto.

- Hai anche uomini sposati fra i tuoi clienti?

- Sì, molti di loro sono sposati. Di solito i miei clienti hanno superato da un pezzo la quarantina, perciò spesso hanno moglie e figli. È difficile che un ragazzo della mia età possa permettersi le mie tariffe.

- E ti pagano anche per... - bevve un altro sorso di whiskey, incapace di guardarla negli occhi - Fare cose strane?

- La cosa più strana che molti mi chiedono di fare è parlare. - rise lei - Molti non si sentono ascoltati durante la vita di tutti i giorni, perciò cercano rifugio in un'amicizia fittizia. Molti vogliono solo potersi sfogare, avere qualcuno che li capisca, o che li giustifichi.

Mark la guardò con la sua solita espressione enigmatica. Erika aveva nuovamente preso posto sul divano, sedendosi a gambe incrociate. Sembrava terribilmente innocente. Fu sorpreso dal modo in cui sorrideva. Lo faceva in maniera naturale, mai forzata, come se quel sorriso fosse impresso dentro di lei e non derivasse direttamente dai soldi che le aveva dato.

- Perché mi stai dicendo queste cose?

- Perché tu me le stai chiedendo.

La lingua biforcutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora