Capitolo 24

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Erika e Mark rimasero nudi. L'uomo iniziava ad abituarsi al fatto che la prostituta potesse restare senza vestiti anche dopo aver consumato un rapporto sessuale ed era finalmente riuscito ad eliminare quasi del tutto l'imbarazzo di cui era stato preda durante molti degli incontri precedenti.

I due si sdraiarono sull'ampio tappeto blu che troneggiava all'interno del salotto e che decorava il pavimento con la sua semplicità. La coppia si ritrovò dunque a guardare il soffitto, posizionati l'uno di fianco all'altra, in modo tale che le loro teste fossero vicine e le gambe fossero rivolte da parti opposte. Mark stringeva fra le dita una sigaretta appena accesa.

- Qual è la tua razza di cane preferita? - le chiese ad un certo punto.

- Non lo so... Fammi pensare... Mi piacciono i chow chow.

- E che cani sarebbero?

- Assomigliano a dei piccoli orsi a pelo lungo. E hanno la lingua nera.

- Come sarebbe a dire che hanno la lingua nera? Perché?

- Non lo so, ma credo che chiunque troverebbe adorabile un cane-orso con la lingua nera.

Mark assaporò la prima boccata di fumo, aspettando che gli invadesse i polmoni e che ne fuoriuscisse con squisita lentezza prima di ricominciare a parlare.

- Vuoi chiedermi tu qualcosa?

- Hai mai tradito la tua compagna?

- Ma tu sei una prostituta. - voltò la testa verso di lei - Non si tratta di tradimento.

- Non è questo che ti ho chiesto. 

Erika aveva sollevato le sopracciglia, incapace di controllare quella certa dose di sorpresa che aveva provato. Mark osservò impassibile l'espressione incredula della ragazza prima di voltarsi nuovamente e continuare a fissare il candido soffitto.

- Qualche volta. - fece una breve pausa, aspirò un altro po' di fumo - Una volta con una mia collega di lavoro, una volta con una ragazza conosciuta in un locale... - si interruppe bruscamente, riprendendo a parlare solo dopo qualche secondo - Qualche volta.

- Ti sei pentito di averlo fatto?

La pausa che fece Mark, stavolta, fu tutt'altro che breve. Restò in silenzio per quasi un minuto, guardando ogni più piccola imperfezione riusciva a scorgere lungo l'intonaco bianco del soffitto. La cenere attaccata alla sigaretta continuava ad aumentare, rischiando pericolosamente di imbrattare il tappeto. I suoi occhi si muovevano frenetici, alla ricerca di minuscole crepe e di inesistenti ragnatele. La sua mente stava lavorando attivamente alla ricerca della risposta da dare alla domanda di Erika.

- Sì, me ne sono pentito. Io la amo. E so che anche lei ama me. E sapere che ho fatto qualcosa che potrebbe farla star male mi fa credere di essere uno stronzo epocale. E la verità è che lo sono davvero. Sono uno stronzo perché con lei voglio passare la vita, eppure non riesco a smettere di pensare a quanto è noiosa, a quante volte si è dimostrata stupida, a quante volte non è stata in grado di agire come l'occasione in cui si trovava richiedeva, a quante volte ha preteso di comandare senza avere il carisma necessario. E forse non è nemmeno colpa sua. Forse sono io che vedo in lei ogni più piccolo difetto, ogni insignificante imperfezione. La verità è che vorrei arrivare a quell'altare convinto di quello che sto facendo, vorrei poter essere sicuro di quel sì che sarò costretto a pronunciare. Ma non lo sono. E lei non se lo merita. È una gran donna, è intelligente, è tenace, sa sempre quello che fa, non si scoraggia facilmente. E io... Io sono patetico. Io sono un vero stronzo. Sono lo stronzo che non fa altro che metterle le corna e che continua a dirle che è allergico alle nocciole anche se non è vero. Glielo dico solo perché mi fanno schifo i muffin. Quale uomo deve dire alla sua compagna che è allergico alle nocciole perché non è in grado di dirle che detesta i muffin?

Terminato quel fiume di frasi sconnesse, Erika si voltò verso Mark, abbandonando la visione tranquilla del soffitto. L'uomo fece lo stesso, catturato dallo sguardo interrogativo della ragazza. La bella prostituta sembrava sul punto di chiedere qualcosa, forse sorpresa da qualcosa che aveva detto il suo cliente.

- Che c'è? - le chiese, fissando un paio di occhi verdi brulicanti di vita.

- Non ti avevo mai sentito pronunciare più di una ventina di parole consecutivamente. Sei sicuro di star bene?

Mark rimase interdetto, zittito dalla frase della ragazza che gli stava davanti. La osservò accuratamente. Le loro labbra erano talmente vicine da potersi quasi sfiorare. E lui avrebbe tanto voluto baciarla. Il che era a dir poco ridicolo, visto che l'aveva pagata più e più volte per avere ogni cosa di lei, anche le labbra.

Eppure in quel momento desiderava un bacio come un assetato desidera l'acqua, come un cieco desidera i colori. Non riusciva a fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato bello poter assaporare le labbra carnose di Erika proprio in quell'istante.

- Sì. Sì, sto bene. - tornò a fissare il soffitto.

La prostituta si alzò con raffinata calma dal pavimento, partendo alla ricerca dei suoi vestiti. Sembrava sul punto di voler dire qualcosa a Mark, riferendosi naturalmente alle parole che l'uomo aveva detto in precedenza, ma lui la bloccò, sollevandosi da terra con uno scatto.

- Erika, senti... Questo weekend devo andare ad un incontro di lavoro e... Visti gli orari e tutto... Sarò costretto a dormire fuori. Cioè, non fuori nel senso che dormirò in albergo. Ho una piccola villa da quelle parti... E allora, pensavo... - quella sorta di balbettio tradì una buona dose di nervosismo - Magari ti andrebbe di tenermi compagnia. Sono solo due giorni...

- Se mi paghi, vengo pure in capo al mondo con te. - rispose lei, senza mezzi termini.

- Ok.

- Ti verrà a costare più o meno...

- Ok! - le impedì di concludere la frase.

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