Capitolo 6

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Mark strinse il bicchiere fra le dita, studiandone minuziosamente il contenuto, poi scosse la testa.

- Io non sono come loro.

- Non ho mai detto che sei come loro.

- Chiedimi tu qualcosa. - quel repentino cambio di discorso gli diede l'illusione di avere il controllo della conversazione.

- Vorrei chiederti se sei sposato, ma mi devi aver letto nel pensiero, dato che mi hai già risposto. - rise - Che lavoro fai?

- Sono un vicedirettore. - restò a guardarla in silenzio, ammirando la sua espressione incuriosita - Significa che il mio capo è il direttore... E che io sono il suo vice...

- Sì, io... credo di sapere cosa sia un vicedirettore...

- Credevo fossi più stupida. Perché fai la prostituta allora?

Erika piantò gli occhi nei suoi, piegando le sue labbra a formare un mezzo sorriso indispettito. Incrociò le braccia al petto prima di rivolgergli la parola.

- Perché stai così tanto sulla difensiva? Non ti mangio mica. Se non vuoi stare qui puoi anche andartene. Ti restituisco i soldi ed esci da casa mia. Non ti obbligo a restare, né a parlare, né a trovarmi simpatica o attraente.

Nonostante fosse stata appena insultata, Erika non sembrava neppure lontanamente arrabbiata. Continuava a sorridere e il suo tono di voce si era mantenuto costantemente calmo e amichevole. Mark non sapeva se avrebbe dovuto appezzare la pazienza della ragazza o inveirle contro.

- Tu non obblighi me a trovarti simpatica o attraente, - le rispose - ma di certo io sto obbligando te. Sei disponibile solo perché ti pago, quindi, per favore, smettila di fingere che non sia così.

- E chi finge? Sai che non verrei a letto con te, se non avessi una cospicua somma di denaro a motivarmi.

- Quindi è solo per questo?

- Sì, solo per questo.

- Quindi ti faccio schifo?

- Probabilmente.

L'uomo restò in silenzio, spiazzato da quella risposta. La sua espressione era divenuta ancor più enigmatica, nascondendo le sue emozioni, proteggendole da occhi indiscreti. La guardò senza proferire parola per un minuto abbondante. Impiegò talmente tanto tempo a studiare il viso delicato e perfetto di Erika da arrivare quasi a metterla a disagio.

- Parli sempre così con tutti o sono speciale io? - le chiese infine.

- È solo il mio modo di fare. Non crederti speciale, non lo sei.

- Sei sempre così simpatica? - ironizzò.

- Posso fare di meglio. - gli rivolse un largo sorriso che sapeva tanto di sfida. - Allora, facciamo sesso?

Quella domanda così diretta riuscì a sorprenderlo nuovamente. Il modo che aveva quella ragazza di agire, così spontaneo, quasi innocente, sembrava distante dal mondo comandato da rigide regole in cui viveva Mark. Pareva che, per lei, ogni cosa fosse semplice, persino la vita stessa. La scrutò, si soffermò sulle sue labbra carnose, scivolò sul collo allungato, percorse le linee delle clavicole, che spuntavano parzialmente dallo scollo della canottiera. Si sentì giudicato dall'espressione calda e coinvolgente di lei. Riuscì persino a provare un vago senso di colpa nel non ricambiare il suo sorriso.

- Ok.

La bella escort si mosse nella direzione del suo diffidente e strano cliente, invitata da quell'unica parola. Gli scivolò fra le braccia, sedendosi a cavalcioni su di lui. Permise alle mani dell'uomo di avvolgerla, solleticandole la schiena leggiadre e audaci. Spostò la fluente chioma di capelli da un lato, lasciando che  la parte sinistra del collo fosse esposta ai baci di Mark.

Era strano come, nei momenti in cui i loro sguardi si incrociavano, l'espressione sorridente e rilassata di lei si fondeva con quella seria e composta di lui. Sembrava come se le loro personalità fossero talmente contrapposte da volersi sfidare, duellando per la supremazia.

A vincere l'immaginario scontro fu Erika. L'uomo che le stava davanti riuscì finalmente a dominare la sua tensione, lasciandosi andare ad un appassionato e voluttuoso bacio, assaporando la lingua calda e morbida della splendida ragazza.

Un nuovo sorriso di lei, concesso dopo qualche altro innocente preliminare, fece credere a Mark di aver fatto la scelta giusta, presentandosi per la seconda volta a casa della prostituta e rinunciando al pomeriggio fra torte e muffin.

La strinse a sé, pregustando il momento in cui l'avrebbe potuta spogliare ed ammirare in tutta la sua bellezza. Le baciò ogni centimetro di pelle che le sue labbra riuscirono a raggiungere, assaporando quel vago aroma di vaniglia della sua epidermide. Si tuffò fra i suoi boccoli castani, desideroso di possederla e impaziente di soddisfare quei desideri che si nascondevano feroci all'interno della banalità quotidiana.

Vederla muoversi nuda su di lui gli provocò un brivido di dimenticato piacere. Osservarla mentre fingeva di essere coinvolta, mentre simulava la passionalità e si rivestiva di falsa lussuria lo rendeva decisamente felice. Al di là della mera soddisfazione fisica, quell'apparente unione mentale era in qualche modo appagante, benché non fosse neanche lontanamente reale. Mark si ritrovò a considerarsi disgustosamente simile a qualunque altro cliente di quella splendida ragazza.

Rimasero ad abbracciarsi, completamente svestiti, per una buona mezz'ora. Erika non mostrava alcun segno di impazienza o fretta. Ogni suo movimento era intriso di calma e Mark era certo che la ragazza avrebbe davvero messo a sua disposizione la sua casa, anche per tutta la notte, se solo lui avesse voluto.

L'uomo accese l'immancabile sigaretta, pensando al modo più veloce di salutare la prostituta e fuggire via come un topo d'appartamento colto in flagrante. Respirò un po' di quella droga fumosa e, osservando la morbida curva del fianco di Erika, dolcemente adagiata sul tessuto blu del divano, capì che la droga a cui era più assuefatto era un'altra.

Un sesso distante ed asettico lo faceva godere più di qualunque sigaretta, lo rendeva più felice dell'alcol, gli donava più soddisfazione di quella che poteva regalargli il lavoro o un'ipotetica famiglia. Tolto l'ingombro dei sentimenti, ogni rapporto sessuale sarebbe potuto essere meraviglioso ed in qualche modo giusto.

O forse sbagliato.

Forse era appagante proprio perché era sbagliato.

- Devo andare. - le disse soltanto, prima di rivestirsi in tutta fretta ed uscire dall'appartamento sbattendo la porta alle sue spalle.

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