Capitolo 16

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L'organizzazione che Paola, nelle ultime settimane, aveva dimostrato di possedere, insita in sé, era quasi terrificante. Il modo in cui era riuscita a pianificare persino la domenica in cui Mark non lavorava era, per l'uomo, a dir poco opprimente. Eppure il futuro marito della donna sapeva che, stavolta, non avrebbe avuto alcuna scusa che gli avrebbe permesso di sfuggire agli indesiderati doveri.

- Allora... - Paola stringeva tra le mani un foglio di carta che assomigliava pericolosamente ad una lista troppo lunga - Fra un po' andiamo in sartoria, dopo abbiamo appuntamento con quello del catering, com'è che si chiamava... Patrick? No, forse non era Patrick... Comunque non importa, quello che conta è che dobbiamo andare ad assaggiare il probabile pranzo di nozze. E stasera parliamo con il prete per decidere come si svolgerà la cerimonia. Spero solo che non la voglia tirare per le lunghe. Non mi va di avere una chiesa piena di gente che russa al mio matrimonio. - sbuffò - Oggi dobbiamo fare mille cose e abbiamo solo una decina di ore a disposizione. Fortuna che Lilian ha rimandato l'appuntamento, altrimenti non ho idea di come saremmo riusciti a fare tutto.

- Che fortuna...

- Mark, ti prego, prova ad essere serio per un minuto.

L'occhiata languida che la donna gli rivolse lo convinse a limitare il sarcasmo ed a fingere che una giornata trascorsa fra sartorie, catering e altari era esattamente quello a cui aspirava. Un tenero bacio sfiorato sugellò quell'accordo non scritto, secondo il quale Mark avrebbe dovuto fare buon viso a cattivo gioco anche se tutto quello che desiderava, in quel momento, era poltrire a letto. Il sorriso di Paola lo convinse che stava facendo la cosa giusta.

Raggiunsero la sartoria in tarda mattinata. Lo smoking blu destinato al suo grande giorno si rivelò leggermente lungo di maniche e questa fu decisamente la notizia più entusiasmante della giornata.

La seconda tappa fu la gastronomia a cui Paola aveva delegato il compito di preparare tutte le pietanze da gustare al pranzo del matrimonio. Il colpo di scena principale di quell'incontro fu scoprire che il nome del proprietario non era Patrick, bensì Peter.

- Pensavo di proporre, come primo, a scelta, timballo di riso speziato con verdure e gnocchetti con panna, speck e pistacchio e come secondo un roast-beef alle erbe aromatiche, accompagnato da contorni misti. - aveva detto l'uomo alla coppia.

- Sono allergico al pistacchio. - aveva risposto il futuro sposo.

- Mark, non è vero.

- Te l'avevo detto quella volta che dovevi andare da Amy, ti ricordi? Ti avevo detto che non potevo mangiare i muffin, ricordi?

- I muffin erano alle nocciole, non al pistacchio. E tu non sei allergico a nessuno dei due. - la discussione si era conclusa così, vedendo Paola vittoriosa.

Infine i due si erano recati a parlare con il prete, il quale si era dimostrato ben disposto a tagliare alcune parti della cerimonia per evitare di annoiare esageratamente gli invitati.

- Avete già concluso il corso prematrimoniale? - aveva chiesto ad un certo punto il religioso.

- Padre, - era stato Mark a rispondergli, ponendogli una ulteriore domanda - se Dio è onniscente, non dovrebbe già sapere se io e la mia compagna staremo insieme per sempre o no, indipendentemente dal corso prematrimoniale?

Questo insolito quesito aveva zittito il parroco e convinto Paola a trascinare Mark lontano dalla chiesa e a concludere così la giornata di commissioni nuziali obbligatorie.

A fine serata Mark si ritrovò di fianco a un letto ricoperto da noiose lenzuola color panna, nella stessa stanza con una donna che, intenta a spogliarsi per indossare la camicia da notte, non faceva altro che lamentarsi del comportamento inappropriato tenuto dall'uomo durante l'intera giornata.

Si sdraiarono entrambi, dividendo un letto che era stato in grado di unirli persino nei momenti di profonda crisi. Una mano rosea e delicata, decorata da uno smalto beige estremamente raffinato, raggiunse le dita di Mark, stringendole nella speranza di trovare una complicità che la donna a cui apparteneva l'elegante manicure anelava da tempo. Mark non riuscì a fare a meno di ricambiare la stretta, lasciando che le loro mani si avvolgessero in un abbraccio prezioso.

Paola ruppe finalmente l'invisibile barriera che sembrava aver separato la coppia per tutto il giorno, appoggiandosi al corpo dell'uomo e concedendogli un bacio passionale. Poi si spinse sopra di lui, avvolgendolo con un paio di gambe non abbastanza snelle. Si baciarono con foga, mentre la donna si sfilava celermente la camicia da notte indossata da poco, dimostrando di non voler perdere tempo.

Si avvolsero, si strinsero fin quasi a ferirsi a vicenda, respirarono a pieni polmoni i loro profumi. Le unghie scivolarono sulla pelle, premendo talmente tanto da lasciarvi impressi sopra lunghi segni rossi, come dolorosi sentieri. I loro corpi si mescolarono, i loro pensieri si unirono, allontanandosi da tutto il resto. Le loro voci iniziarono un canto troppo irregolare per poter essere armonioso, troppo ansimante per non riuscire ad eccitare. Le lenzuola si gonfiarono, sospinte dalla vigorosa battaglia che si stava combattendo fra quelle vele color bianco sporco.

E Mark non riusciva a fare a meno di pensare che, per quanto Paola fosse imperfetta, con la sua cellulite, con quella piccola gobba che rendeva il dorso del suo naso un po' irregolare, con la sua tanto odiata cicatrice sul braccio, lui la vedeva bellissima. Si era innamorato di lei anche grazie a questi dettagli in apparenza insignificanti, si era innamorato di ciò che rendeva Paola diversa.

Ma era davvero diversa?

Vedeva belle quelle labbra sottili ed impertinenti, sempre pronte ad arricciarsi furenti ed a distendersi per regalare un sorriso luminoso. Adorava il suo seno prosperoso, che a volte si nascondeva dietro maglioni troppo anonimi per una personalità insolita come quella posseduta Paola, a volte esplodeva, sorretto da reggiseni capaci di scatenare un'ardente gelosia. Amava i suoi enormi occhi, talmente grandi da assomigliare a quelli di una bambola dai lineamenti sproporzionati.

Quegli occhi erano belli anche se erano marroni, anche se erano più grandi di quelli di Erika. Paola era bella anche se era più bassa della prostituta, anche se non aveva le gambe lunghe quanto le sue, anche se la sua pancia non era altrettanto soda né la sua vita era altrettanto sottile.

Ma da quando Erika era diventata il metro di misura della bellezza femminile?

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