Non sono lei

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CAP.20


Derek si stava allenando. Una parte del loft era stata arredata apposta per i suoi esercizi. La mattina si era svegliato con un'agitazione nel petto, anche se non si poteva nemmeno definire in quel modo, era più un'impazienza. Qualsiasi nome avesse, non era per nulla una cosa gradita al lupo.

Le flessioni alla sbarra, a terra, i pugni ad un sacco consumato, ormai non la facevano svanire, non aiutavano nemmeno a non pensare, al contrario, gliene davano il tempo. Sgombravano la mente da pensieri inutili e lo aiutavano a focalizzarsi su quello che era importante in quel momento.

Sembrava che nemmeno la sua routine lo aiutasse. Quello che solitamente faceva per sfogarsi, distrarsi, alienarsi da un mondo che sembrava volerlo vedere sottomesso, niente di tutto quello lo stava aiutando, al contrario sembrava indebolire lui e rafforzare il mostro.

Impazienza.

Sembrava essere tornato un ragazzo, quando la mattina si alzava dal letto ancora prima che suonasse la sveglia, scendeva sotto prima che la madre lo chiamasse per la colazione, e tutto per poter andare prima a scuola e poter rubare qualche minuto in più al mattino per stare in compagnia di Paige.

Persino il mostro stava in silenzio quando appariva un ricordo di Paige, quasi come se anche lui sentisse ancora dolore per quell' evento.

Non sopportava sentirsi in quel modo, per lui era come rivivere quel breve periodo in cui era stato un'adolescente e le sue scelte lo aveva portato ad uccidere la prima persona che aveva amato. Odiava e temeva ripetere tutto, perché sì, era sicuro che avrebbe ripetuto nuovamente tutto, con gli stessi identici errori, però non poteva nemmeno negare cosa gli trasmettesse la vicinanza del ragazzo e a come lentamente si stesse aprendo.

Dolore o meno, un odore familiare sembrò farglielo sparire, il corpo reagì prima della mente, le mani si chiusero a pugno, i canini si allungarono e un ringhio di frustrazione uscì dalle sua gola.


Stiles era davanti la porta del loft. Attese qualche secondo prima di aprirla e fece dei profondi respiri, nonostante tutto si trovò a fare un passo indietro spaventato, ma si ritrovò davanti Derek che l'aprì bruscamente.

- Accomodati, faccio una doccia veloce e scendo. – Derek si diresse alle scale per salire al piano di sopra.

Stiles rimase per un secondo immobilizzato sulla porta, poi tornò in sé e si mise a sedere sul divano. Si guardava intorno. Quel posto gli piaceva, era illuminato e spazioso, adatto per la sua iperattività. Infatti dopo qualche minuto era lì che faceva avanti e indietro davanti alla finestra. Quel ripetersi di passi gli riportò alla mente un ricordo, la notte in cui Derek e Scott erano andati a liberare Boyd ed Erica.

- Smettila di fare avanti e indietro. Sai che ti sento chiaramente, vero? –

Derek stava scendendo le scale, si era cambiato e i suoi capelli erano ancora bagnati. Sembrava più rilassato. Avrebbe voluto dare il merito alla doccia, però sapeva che avrebbe solo mentito a sé stesso. Era la presenza di Stiles, i suoi passi, i suoi battiti e l'aria che presto si era riempita del suo odore a farlo sentire meglio.

- La notte in cui tu e Scott siete andati alla banca per salvare Boyd ed Erica. – Stiles si girò di scatto ed aveva parlato subito, non appena Derek si era fatto vedere.

- Cosa? – Un altro ricordo che avrebbe voluto cancellare.

- Quella è stata la notte in cui mi sono reso conto di provare qualcosa per te. –

Stiles aveva ancora il cuore che batteva frenetico a causa del ricordo. Aveva riprovato tutte l'emozioni di quella notte, la preoccupazione, la paura di non rivederli, il terrore che uno dei due tornasse con il cadavere dall'altro. Tutto era tornato come un'onda che lo aveva travolto.

- Non era la prima volta che io e Scott andavamo a combattere. –

- Perché i nemici erano diversi. Lo sentivo, sapevo che da quando Scott si era messo a grattare la vernice tutto sarebbe cambiato. Tutti noi saremmo stati seriamente in pericolo, non che non lo fossimo mai stati, ma prima avevo sempre saputo che ce la saremmo cavata, fu come se avesse grattato ogni sorta di sicurezza e certezza quel giorno .-

Derek ascoltò tutto. Ogni parola rievocò un ricordo. Tutto quello che era accaduto dal giorno in cui aveva trovato il simbolo degli Alpha sulla sua porta e non poteva che essere d'accordo con l'umano.

- Sei venuto per rispondere alla mia domanda di ieri? – Derek si mise a sedere su uno scalino.

- No, in realtà l'ho appena ricordato. – Stiles si appoggiò alla colonna di fronte le scale. – non ero sicuro che saresti venuto. – lo sguardo del giovane era basso.

- Non mi pare di aver mai mancato un appuntamento in questi giorni. – Derek nemmeno guardava nella direzione di Stiles, le sue dita giocavano con il bordo delle maniche della maglietta.

- In effetti no. – Stiles sorrise per la parola "appuntamento".

Senza nemmeno rendersene conto, iniziarono a parlare. Derek gli chiese se ricordava altro di quella sera. Se qualche pezzo fosse mancato, lui glielo avrebbe dato, riferendogli nei dettagli quello che era accaduto, non avrebbe detto mezze verità, non gli avrebbe risparmiato nessun particolare, anche perché in qualche modo Stiles avrebbe capito che mentiva.

I colori fuori la finestra cambiarono. Il celeste si trasformò in rosa, arancione, rosso, blu ed infine in nero. Lo stesso era per la luce nel loft, cambiava angolazione e dipingeva tutto con colori caldi e freddi, il sole con la sua lentezza iniziò a dare il posto agli spicchi di luna.

Stiles si mise a sedere qualche gradino più sotto rispetto a Derek. Il tempo intorno a loro sembrava scorrere lentamente. Solo quando fu necessaria la luce artificiale si accorsero che la sera era arrivata e che l'ora di separarsi era giunta. Eppure non c'era quell'incertezza che faceva chiedere loro se il giorno dopo si sarebbero rivisti, era forse l'unica sicurezza che avevano guadagnato.

Prima di alzarsi e di salutarsi, quando la luce che proveniva da fuori era ancora debole, Stiles disse qualcosa che spaventò Derek.

- Io non sono lei. – Stiles non evitò di guardarlo. Fu come se quel momento potesse essere decretato da ciò che si sarebbe potuto leggere dentro i loro occhi.

- Non lo sei. –

La risposta che diede Derek sembrava portasse dietro un masso che da anni aveva imparato a sorreggere. Poteva sentire come se qualcosa sul petto si stesse sgretolando, lasciando il posto ad una piccola leggerezza.

- Non potresti mai ripetere gli errori o addirittura la storia. –

- Non sono sicuro di questo. – un secondo masso andò sgretolandosi.

- Dovresti. –Era come riuscisse a leggere dentro quel verde.

- Perché? –un terzo masso sembrò essersi sgretolato.

- Perché io so chi sei. Vivo nel tuo mondo e con la mia umanità combatto al tuo fianco. – Stiles si alzò. La luce naturale era sparita del tutto.

- Lo so. – il quarto, e forse anche ultimo, masso si sgretolò. – A domani, Stiles. –

Stiles era nell'auto prestata dallo sceriffo e si dirigeva a casa. Finalmente era tranquillo.Per tutta la mattina era stato nervoso, quasi impaziente e poi era insicuro, non sapeva se Derek si sarebbe presentato, così alla fine non aveva resistito e aveva deciso di andare al loft. Non era solo per il rapporto con Derek che era tranquillo, lo era per tutto quanto in quei giorni: per il suo legame con Scott, con suo padre e con quelli che erano i suoi amici più fidati, anche se per alcuni la memoria stava ancora tornando lentamente.

Rise al ricordo della sua cotta per Lydia, per poi sorridere subito dopo vedendo il rapporto che si era creato fra loro due e a come si fossero legati per il bene dei loro amici. Ricordò anche cos'era in realtà la ragazza, chiedendosi se il loro legame fosse davvero casuale.

La sua maschera non l'aveva abbandonata completamente, aveva solo capito con chi indossarla, e forse per quello doveva ringraziare Derek. In qualche modo gli aveva fatto capire che non c'era bisogno di indossarla sempre, soprattutto non con lui. 

It's hard to forgetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora