Capitolo 2

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Dopo circa tre ore, i due fratelli ritornarono con il volto più pallido del solito. Lanciarono uno sguardo a Jonathan e lui ricambiò la stessa espressione. Come sempre, l'unica a non capire ero io.

«Jenna», disse Gemma, «Abbiamo ricevuto il permesso di uscire dai confini. Andiamo a trovare la tua amica Michela»

«Voglio saperne il motivo», risposi con insistenza.

«Te l'abbiamo già detto, non è il momento che tu lo sappia»

«Ti prego», s'intromise Jonathan, «Continua a fidarti»

Annuii esasperata e li seguii fuori di casa. Al nostro passaggio le guardie ci lanciavano sguardi talmente taglienti da sembrar intenti a perforare ogni parte dei nostri corpi con la sola forza della mente.
Presi i fianchi di Jonathan e, noi vampiri, corremmo catapultandoci fino al centro abitato del paese accanto, accatastato dalle persone che avevano dovuto lasciare Dullville.

Davanti alla piccola casa in pietra di Michela, ci fermammo e suonammo il campanello. Non ci vedevamo da un mese, ma nonostante non fossimo piú vicine, ci mantenevamo in contatto e appena ricevevo il permesso, venivo a trovarla.
La porta si aprì con uno scatto e la ragazza dai lunghi capelli castano chiaro urlò attorcigliando le sue braccia attorno al mio collo.

«Quanto mi sei mancata!», sospirò con gioia facendomi ridere.

«Anche tu sei mancata a me. Scusa l'improvvisata, nemmeno io sapevo che sarei venuta»

«Non preoccuparti, lo sai che mi fa sempre piacere vederti», disse spostandosi dall'ingresso per farci accomodare.

Entrammo e subito ci sedemmo sul divano del suo accogliente salotto. Con la sua solita cortesia, ci offrì da bere e il suo sguardo si spostò nervosamente da Harry a Gemma e da Gemma a me.

«É successo qualcosa, vero?», chiese non nascondendo la sua preoccupazione.

«Qualcosa di cui nemmeno io so niente», sbuffai.

«Può darsi che ci sia in ballo qualcosa di grosso, ma non c'è necessità di saperlo ora», rispose Gemma leggermente spazientita.

«Non è che volete tenercelo nascosto fino alla morte di qualcuno, giusto?», chiese Michela, «Immagino che ormai abbiate capito che non è un buon metodo per proteggerci»

«Lo sappiamo», sospirò Gemma, «Ma prima di mettervi in guardia, vogliamo essere sicuri dei nostri sospetti. E al momento possiamo solo pregare di star seguendo una falsa pista»

Mi abbracciai a Michela appena notai la sua espressione terrorizzata. Dopo gli eventi accaduti negli anni precedenti, aveva paura ad uscire di casa, e teneva sempre le finestre sbarrate. In modo che se qualcuno la stesse cercando non potesse trovarla.

Passarono le ore e si fece sera, noi quattro tornammo a casa, Gemma decise di restare con noi, nel caso succedesse qualcosa voleva essere presente.

Preparai la cena a Jonathan, e poi andai a letto. Mi rintanai nelle tiepide coperte invernali, aspettando con ansia di essere trasportata via dal sonno.

In uno stato di dormiveglia, sentii Harry entrare nella stanza e sbuffare rumorosamente. Il materasso sprofondò sotto al suo peso, facendomi muovere leggermente, ma avevo intenzione di fingermi addormentata, era come se stessi aspettando che lui mi dicesse qualsiasi cosa pensando che non potessi sentirlo. Qualcosa che mi confortasse, che mi provasse i veri sentimenti di Harry, che dimostrasse di amarmi ancora...ma quelle parole non arrivarono mai, nemmeno il mattino seguente, quando trovai il suo fianco del letto vuoto.

Richiusi gli occhi e scacciai le lacrime che stavanno iniziando a formarsi al loro esterno. Ma fui costretta ad aprirli quando udii la voce di Gemma sbraitare dal piano di sotto, che fu poi sostituita da quella di Harry, altrettanto furiosa. Sentii Jonathan alzare leggermente la voce e decisi di vestirmi e scendere le scale per controllare cosa diamine stesse succedendo.

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