Capitolo 39

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Buio. Sentivo qualcosa di appiccicoso chiudermi la bocca, le dita intorpidite.
-Mi spiace che sia andata così.- una voce familiare.
Ah! Fanculo, tutti che dicono 'mi dispiace' ma andate a cagare, se vi fosse dispiaciuto vi sareste fatti tutti quanti i cazzi vostri. Ne avevo abbastanza di lottare. Le palle piene proprio, e avrei voluto dirglielo, ma non potevo. Cercai di mugolare qualcosa. Qualcuno mi staccò la cosa dalla bocca. Sputai, per il sapore amaro che avevo in gola da non so quanto tempo.
Una figura mi sovrastava, dal pavimento di marmo sentivo ticchettare i suoi tacchi a spillo, e i capelli lunghi e neri si vedevano a malapena. Isabelle.
-Oibò, guarda chi c'è! Una zoccola.- ironizzai ridendo. Avevo i polsi legati in una morsa troppo stretta, le sentivo intorpidite. Se solo fossi riuscita a...
Uno schiaffo mi fece voltare dall'altra parte, e subito sentii bruciare la parte colpita.
-Troppo facile.- dissi cercando di smuovere i polsi sentendo un dolore cane -Io sono legata, tu sei una zoccola libera.- un sorriso affiorò sulle mie labbra. Avanti cretina, slegami. Tutto quel coraggio non sapevo da dove usciva, la paura era ormai una cosa sconosciuta. Saranno state le lezioni di Denny, sarà stato il fatto che sapevo difendermi, sarà stata la morte dei miei genitori. Ora niente mi spaventava.
-Ow, cucciola. Hanno legato la cagnetta.- non cercai nemmeno di alzarmi di scatto, sapendo che potevo sbattere con la faccia sul pavimento, e non gli avrei dato modo di vedermi vulnerabile.
-Cazzo ti abbai, zitta che mi scoppia la testa.- conficcai l'unghia nella corda, cercando di tagliarla via. Tentativo invano, mi si spezzò subito. Unghie del cazzo. Portai i polsi all'estremità della sedia, sfregandola su e giù.
-Smettetela.- un'altra voce fece capolino nella stanza. Anch'essa familiare.
-Ma la finite di uscire come funghi tutti quanti? E a me non dici di smetterla, lo dici alla bagascia in tacchi a spillo.- sputai contro la voce maschile.
Delle unghie (finte, tipico) si infilarono nella mia testa, afferrandomi i capelli, inarcando il mio collo in una posizione che non pensavo possibile. Gli occhi scuri di Isabelle erano a contatto con i miei, mentre la guardavo al contrario.
-Cosa hai detto?-
-Avanti Lady Gaga dei poveri, che ti ho fatto? Mi sono scopata il ragazzo di cui sei innamorata? Oh, è stato fantastico.. Dovevi sentirlo mentre urlava il mio nome..- chiusi gli occhi sospirando teatralmente -Una goduria. Ah ma, giusto. Che ne sai tu.- la presa si fece più forte, sentivo i capelli staccarsi, ma non dissi nulla. Punto debole, trovato. Le sputai in faccia, scatenando la sua ira, il ragazzo la bloccò prima che il coltellino potesse sfiorarmi la guancia.
Ruotai il collo, per risistemare i nervi che aveva spostato mentre sghignazzavo.
-Io l'ammazzo!- urlava isterica.
-Ma si ciucciacazzi, slegami, vediamo chi ammazzi, dai!- mi avvicinai col busto nella loro direzione, spostandomi i capelli dalla faccia.
Nel frattempo sentivo la corda allentarsi, segno che la cogliona l'aveva tagliuzzata senza farlo a posta con il coltellino.
-Peter, sbrigatela tu.- disse spostandosi i capelli esausta.
-Si, vai a masturbarti con il coltellino vah. Sciò.- quello di nome Peter, si coprì le labbra con il dorso, mentre rideva e lei se ne andava furiosa.
Una volta uscita, si guardò attorno, perlustrando ogni angolo del perimetro.
-Niente telecamere, bene.- corse davanti a me.
-Piacere, io sono Peter.- i suoi occhi, chiari come il cielo d'estate, mi bloccarono i battiti.
-Tu..- sussurravo più per me che per lui.
-Si ero io. Non abbiamo troppo tempo. Ho preso tutto quello che c'era nella cassetta di metallo, avevo io la chiave.-
Disse frettolosamente, mentre mi slegava.
-Tu chi sei?- chiesi sentendo la circolazione ristabilirsi una vola che le mie braccia si afflosciarono verso il basso, libere.
-Sono.. Uhm, tuo fratello.- sorrise

😖😖😖😖😖
Trascorsi quella frazione di secondi che parvero ore intere, mentre le parole echeggiavano a vuoto senza alcun significato.
-Non avevo mai lasciato una ragazza senza parole prima d'ora.- si grattò la testa imbarazzato.
-Zitto. Finiamo questa coglionata e andiamo fuori di qui, dobbiamo parlare. - mi stiracchiai, riflettendo un pochino sul da farsi.
-Vai a chiamare Lady Gaga dei poveri, ho un conto in sospeso con lei. Quante persone ci sono la fuori o nel perimetro?- mi risistemai sulla sedia, avvolgendo nuovamente i polsi fingendomi ancora legata.
-Ci siamo solo io, lei e Jack.- disse lui.
Jack? La parte più irrazionale, più crudele e più spietata che era in me rideva, in attesa, come una pantera difronte ad un cervo indifeso e solo, mentre mi immaginavo scene di come farlo soffrire sotto i miei occhi, sussurrai un debole -Sarà divertente allora.-
Peter uscì, lasciandomi nuovamente sola in quella stanza buia e al freddo.

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