Cap. 3

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Marinette si alzò al suono della sveglia, stirandosi non appena ebbe spento l'allarme fastidioso.

Tikki, anche lei assonnata, fluttuò fino alla scrivania, dove si sedette aspettando che la sua portatrice si preparasse per la giornata che doveva affrontare.

«Ricordami quello che dobbiamo fare, Marinette.» sbadigliò lo spiritello, osservando la corvina sistemarsi i capelli nei suoi soliti codini.
«Dobbiamo andare con Alya a controllare le scuole su cui sono indecisa. Dobbiamo scegliere l'università da fare e manca meno di un mese all'inizio della scuola! Ormai non ho più tempo!» rispose, dandosi un'ultima sistemata alla frangia.
«E non potevi farlo prima?»
«L'ho fatto, solo che vorrei rivedere tre università: l'istituto Marangoni, l'IFA e l'IFM.»
«L'istituto Marangoni non è il più prestigioso o roba simile?» chiese Tikki, ricordandosi di averne sentito parlare.
«Sono tutti e tre molto famosi ed importanti, ma il Marangoni ha sede anche in Italia ed in Inghilterra.» spiegò la sua portatrice, dandosi un'ultima sistemata prima di afferrare la borsetta ed il cellulare.
«Allora niente Adrien oggi.» ridacchiò il kwami, fluttuando sin dentro la borsetta rosa, sbucando con la testa.
«Oggi no, magari stasera.» ammiccò Marinette, scrivendo un sms alla sua migliore amica per avvisarla che stava scendendo.


Adrien stava facendo colazione con suo padre, uno seduti di fronte all'altro e con i rispettivi kwami che mangiavano il loro cibo preferito.

Un dolce odore di croissant caldi sovrastava la puzza del Camembert dello spiritello nero, che lo assaporava come fosse uno spuntino di alta qualità.

«Padre.» esclamò il ragazzo, richiamando la sua attenzione. «Come ben sai tra un mese inizia la scuola ed io dovrei scegliere l'università da frequentare.» iniziò, leggermente titubante.
«Lo so figliolo e faresti meglio a sbrigarti a scegliere.» rispose l'uomo, sorseggiando il caffè dalla tazza.
«Io vorrei frequentare lo scientifico per studiare fisica e le materie scientifico-matematiche, ma non smetterò i miei impegni: il lavoro da modello, piano, cinese, scherma... Prometto che continuerò!» esclamò Adrien, cercando di convincerlo.
Gabriel mantenne il suo tono severo: «Adrien, ne abbiamo già parlato. Per il futuro degli Agreste è meglio che tu scegli una scuola che riguardi la moda.»
«Ma padre, io non voglio diventare stilista! Faccio pena nel disegno e nell'inventare abiti.» esplose il biondo, battendo il palmo della mano sul tavolo e facendo sobbalzare i due kwami.
«Non posso permettere che il marchio degli Agreste sparisca per un tuo capriccio. Il tuo dovere è tenere alto il nostro nome.» rispose per l'ennesima volta lo stilista, sorseggiando il caffè dalla tazza bianca, segno che quelle conversazione era chiusa.
Adrien si fece più serio: «Tutta la mia vita si è basata su doveri che tu mi hai assegnato. Ora vorrei avere la possibilità di essere un po' più libero di vivere il resto della mia vita.»

Il ragazzo si alzò, posando il tovagliolo sul tavolo, accanto al piatto ricoperto di briciole del croissant che aveva mangiato, dando un'ultima occhiata al padre, quasi supplicandolo di ascoltare le sue parole, per poi dirigersi verso la sua stanza.

Plagg restò seduto al suo posto, guardando l'ex nemico con i suoi occhi da felino, che ricambiò, sospirando, e poi seguire il suo portatore con ancora una fetta di formaggio tra le zampe.

«Secondo me tuo figlio ha ragione.» commentò Nooroo, dopo che il kwami nero fu abbastanza lontano.
«Lo so che ha ragione, ma io non riesco ancora a lasciarlo andare malgrado tutto quello che ho fatto, e malgrado lui sia il protettore di Parigi –e sono orgoglioso di lui– ho ancora paura di perderlo.» spiegò l'uomo, osservando il fondo della tazza, ormai vuota, perdendosi nelle strane forme che i rimasugli del caffè aveva lasciato.
«Questo è un ragionamento totalmente sbagliato, Gabriel.» rispose, tenendo lo spicchio di mela tra le zampette. «Ti ricordi alcune persone che hai akumatizzato? Anche se erano sotto il tuo potere riuscivi a sentire i loro sentimenti, sia quelli cattivi che quelli buoni. Anche nel loro stato di schiavitù chiedevano di essere liberati, volendo lasciar perdere il loro sentimento di vendetta.»

Masque sans visageDove le storie prendono vita. Scoprilo ora