Cap. 6

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Ladybug saltava tra i tetti di Parigi, sorridendo al senso di libertà che provava mentre l'aria le scompigliava i capelli, non pensando minimamente ai compiti da terminare.

L'eroina atterrò agilmente nella piazza davanti al Louvre, ammirando la piramide in vetro illuminata; le piaceva un sacco visitare Parigi a notte fonda, e malgrado ci vivesse da quand'era nata la Ville Lumiere la lasciava sempre senza fiato.

La calma regnava –siccome erano le tre e mezza di mattina– e lei aveva bisogno solo di quello: calma.

Calma dai compiti, calma da Tikki che l'assillava a riguardo, calma dall'ansia da università, calma dalle serate ubriache, ma soprattutto calma dalle battute di...

«My Lady!»

La corvina non fece in tempo a voltarsi che si ritrovò a terra, sdraiata sotto un biondo dalle orecchie da gatto nere, ricordandosi di quante volte le era già accaduto durante gli attacchi akuma.

Notò immediatamente l'espressione entusiasta del ragazzo, facendo persino ondeggiare la coda del costume alle sue spalle.

«Chat, ma sei impazzito?!» sbottò poco dopo, ripresasi dallo spavento.
«Principessa, non ci crederai mai.» sorrise lui.
«Cosa? Finalmente ti sei deciso di smetterla di assillarmi con le tue battute o parlare di cose perverse?» chiese, incrociando le braccia al petto, con un sorriso divertito.
«Quello mai.» rispose, agitando la testa.
«Infatti non ci credevo...»
«Comunque –esclamò, tornando sull'argomento iniziale– indovina chi frequenterà un'università sulle scienze matematiche.»
Ladybug si portò le mani alle labbra, coprendosi la bocca spalancata: «Davvero?»

Chat annuì, sorridendo ampiamente.

Subito le posizioni s'invertirono: il felino era a schiena a terra, mentre la corvina era sopra di lui che lo abbracciava.

«Sono felice per te. Davvero tuo padre ha accettato?» chiese, alzando la testa per guardarlo negli occhi.
«Sì, tra qualche ora -siccome sono quasi le quattro- vado con Nino a dare un'occhiata alla scuola. Vuoi venire anche tu?»
«Mi piacerebbe, ma devo restare tutto il giorno in negozio a dare una mano ai miei: abbiamo una valanga di dolci da preparare per un matrimonio.» rispose lei, con un sorriso per chiedere scusa. «Ma mi devi raccontare tutto.»
«Certamente, My Lady.» disse, portando la sua mano guantata alla bocca e baciando le nocche.

I due si sedettero l'una davanti all'altro, guardandosi negli occhi e sorridendo.

Il ragazzo le accarezzò la guancia e le portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio; poi Ladybug si alzò, porgendo una mano al suo compagno, che la strinse e si aiutò a mettersi in piedi, tornando ad essere il più alto.

«Torniamo a casa, Gattino, prima che il signor Raincomprix ci arresti per schiamazzi notturni.» disse la corvina, prendendo il suo yo-yo e facendolo oscillare all'altezza della caviglia.
«Va bene. Non vogliamo finire in gatta buia, giusto?» ammiccò lui, facendole alzare gli occhi al cielo.
«Vai a casa, Chat.» sospirò, trattenendo un sorriso divertito.

Ladybug si voltò per lanciare la sua arma verso un cornicione per librarsi in aria, dando le spalle al suo compagno, ma qualcosa le cinse la vita; spostò lo sguardo verso il basso, scoprendo che la cosa che la tratteneva era la coda del costume del felino, che la faceva premere contro di lui.

«Chat, lasciami!» esclamò cercando di liberarsi, ma la stretta del biondo attorno alla cintura era salda, impedendole di spostarsi.
«Non finché la mia Principessa non mi avrà dato un bacio.» rispose lui, sussurrandole nell'orecchio.

La corvina rabbrividì; era incapace di resistergli ogni volta che le parlava in quel modo: con voce bassa e seducente.

Sentiva il corpo diventarle gelatina, ipnotizzata da quel tono.

Masque sans visageDove le storie prendono vita. Scoprilo ora