«Padre! Padre!» urlò Camilla scendendo di corsa giù per la collina.
«Padre!» gridò ancora, talmente forte che l’eco risuonò per tutta la valle.
Antonius, piuttosto contrariato, smise di tosare le pecore, buttò il coltellaccio a terra e le corse incontro.
«Cosa è successo?»
Camilla si ricompose e disse con voce seria:
«Padre, ho ucciso un cinghiale...»
Antonius trattenne a stento un sorriso.
«Ne sei proprio sicura? Non era magari un topo gigante?»
«Dai, ta’[1], ti ho mai preso in giro? Per le cose serie intendo! Ho ucciso davvero un cinghiale!»
«Allora spiegami come hai fatto, o grande cacciatrice!»
Anche se il tono era ironico, Camilla si imbronciò solo un attimo e poi iniziò a raccontare.
«Lo sai, ta', che mi piace giocare a guerra e andare a caccia di topi e conigli selvatici. Allora, quando mi mandi a pascolare il gregge su in collina, mentre sorveglio gli armenti mi costruisco delle armi e quando posso mi esercito al loro uso. Sono diventata molto brava, sai? Ho costruito anche un arco e delle lance.»
Antonius la interruppe.
«Mentre mi racconti l’accaduto, portami a vedere quest'animale.»
Si incamminarono a passo spedito tra le querce, su per la collina.
«Allora, mi trovavo davanti alla grotta, stavo indurendo la punta di una lancia con il fuoco, quando sento alle spalle un grugnito. Mi giro e lo vedo, brutto, nero, con le sue orecchie a punta, e le sue zanne! Padre, era davvero un cinghiale! Ho gridato per farlo fuggire, ma invece è rimasto immobile, a fissarmi e un attimo dopo è partito alla carica. Io sono scappata via correndo a perdifiato, ma lui mi ha inseguita fino alla grande parete di roccia. Non avevo più scampo. Tutt’a un tratto però, la paura è passata: mi sono girata e gli ho puntato contro la lancia. Quando mi ha raggiunta, ho chiuso gli occhi e pregato gli dei. La bestia ha emesso un urlo acutissimo e quando ho riaperto gli occhi, l'ho visto a terra, infilzato. Ha grugnito ansimando ancora un po’ e alla fine ha smesso di respirare. Padre, l’ho ucciso io. Ho ucciso un cinghiale! Giù al villaggio non mi crederanno mai.»
Arrivati sul posto, Antonius si rese subito conto che sua figlia aveva detto la verità.
«Per gli dei! Ecco il cinghiale infilzato, figlia mia… Come hai fatto?»
«Non lo so, non lo so...» rispose Camilla quasi in lacrime.
«Va bene, adesso calmati. Cerchiamo di capire cosa è successo.»
Così dicendo, Antonius si chinò sull’animale, che giaceva infilzato con il cuore spaccato dalla lancia di Camilla. Scrutò con attenzione lo spazio lì intorno e sulla parete di pietra, infilato in una fessura, individuò il resto della lancia.
«Ho capito.- esclamò. - Ecco, vedi, sei riuscita a resistere alla carica di questo giovane cinghiale perché la tua lancia, ben fatta devo dire, si è incastrata in una fessura della parete rocciosa alle tue spalle, e la bestia stupidamente ci è finita contro, infilzandosi. Ecco come hai fatto! Brava, figlia mia! Ringraziando gli dei, te la sei cavata alla grande.» Infine aggiunse in un sussurro: «Grazie alla tua protettrice Diana, non c’è dubbio.»
Antonius si chinò di nuovo per estrarre il moncone dell’arma dall'animale. Dalla ferita uscì un fiotto di sangue ancora caldo. Si rimise in piedi e disse:
«Camilla, torniamo a casa a prendere il coltello. Devi imparare a scuoiarlo, mia piccola cacciatrice. Questa sera si mangia carne di cinghiale! Voglio proprio vedere la faccia di tua madre quando le racconteremo l'accaduto.»
Per quanto incredibile, Camilla, con appena tredici primavere sulle spalle e armata di una lancia rudimentale, aveva compiuto un’impresa degna di Ercole. Antonius ne rimase molto colpito. L’episodio lo turbò profondamente Non c'era alcun dubbio: quello era un altro segno degli dei. Camilla non era come tutte le altre fanciulle. In quel momento si rese conto che non poteva più nasconderle la verità sulle sue origini. Così, quella sera stessa, disse rivolto a sua moglie:
«Vieni, Arisia, vieni fuori, devo parlarti. Parla piano, Camilla non deve sentire.»
Antonius si fermò appena oltre l’uscio, sedendosi sul tronco che fungeva da panca quando doveva macinare.
«Allora? Svelto, ché ho da fare.» lo incalzò Arisia, in piedi davanti a lui.
«Vuoi stare zitta un attimo, donna? T'ho detto che dobbiamo parlare! - Poi, addolcendo il tono, aggiunse - Sii paziente, ti prego. Siediti qua accanto a me e ascolta. È importante.»
Raccontò tutto l'accaduto alla moglie, che ascoltava incredula, e alla fine concluse:
«Credo sia giunto il tempo di dire a Camilla la verità, non possiamo indugiare oltre.»
«Ma è ancora una bambina! E se non capisse? Lasciamola crescere serena un altro po’.»
«Arisia, te l'ho già detto altre volte: Camilla non è più una bambina. Lo devi accettare. E, cosa ancor più importante, , lei non è come le altre.- Antonius scandì bene quelle ultime parole. - Devi rendertene conto. Ci farà soffrire, lo sento. Gli dei ce l'hanno data ma ce la toglieranno presto. Ricorda che ha sangue regale nelle vene. Vedrai, quello sciagurato di Re Metabo tornerà presto a reclamare i suoi diritti su di lei, e purtroppo, ancora una volta, come potremo opporci al volere degli dei? Fidati, non possiamo indugiare oltre. Dobbiamo almeno prepararla. Domani la porterò con me al tempio di Diana e le racconterò tutto, e tu te ne farai una ragione.»
Rimasero in silenzio, guardandosi a lungo negli occhi.
«E va bene, marito mio, mi fido. Ma ho tanta paura per lei, e per noi. Che cosa accadrà? Ho paura di perderla per sempre.»
«Accadrà quello che deve accadere.»
Così dicendo, Antonius si alzò, la prese per mano tirandola a sé, e la baciò sulla fronte.
«Adesso silenzio, torniamo dentro.»
[1] Abbreviazione di tata. In dialetto Castrese = papà
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Il Sacro fuoco della Regina II edizione
Historical FictionE' una storia di amore, di amicizia, di guerra vissuta nel 1200 a.c. nel Lazio. La trama si sviluppa in un clima colmo di premonizioni e di destini incrociati, dove il naturale e il soprannaturale, la morte e la vita si fondono in un continuo insegu...