Passarono tre anni, quasi in un soffio. La piccola Camilla era ormai diventata il centro stabile della famiglia. Una sera Arisia, mentre pregava, arrivò addirittura a invocare la morte del tiranno volsco. Antonius non avrebbe mai osato altrettanto ma, se fosse accaduto, non ne avrebbe certo pianto la scomparsa.
Un giorno stava recandosi al mercato a Fregellae[1] per scambiare un montone con della tela per Arisia, quando fu afferrato da dietro e quasi scaraventato a terra. In un angolo in ombra riconobbe Metabo avvolto da un mantello e incappucciato.
Avvertì come un pugno allo stomaco.
«Antonius, ricordati della parola data. Come un dono degli dei. Come sta mia figlia?»
«Cresce sana e forte! – rispose il pastore, ripresosi dalla sorpresa - È agile come un cerbiatto, furba come una volpe e bella... bella come...»
«Come la dea Diana! - lo interruppe il volsco - Già! Bellissima come la dea delle selve. Ricorda, Antonius! È a Diana che Camilla è consacrata! Un giorno dovrò onorare l’impegno preso con Lei. – e abbassando la voce, aggiunse - Mio amico e salvatore, ti chiedo di pazientare ancora un po’. Sto organizzando una nuova rivolta. La ricompensa per te sarà ancora più grande, ma i miei nemici sono forti come e più di prima e tramano nell’ombra. Devo fuggire e nascondermi di continuo. Le loro spie sono dappertutto.»
I suoi occhi spiritati guizzavano irrequieti, senza smettere per un attimo di scrutare attorno a sé. Concluse dicendo:
«Da’ un bacio a mia figlia e dille che il grande Re Metabo, suo padre, tornerà presto con un regno per lei.»
Ciò detto, scomparve come un fantasma nel nulla da dove era venuto. Antonius non raccontò niente di quello che era successo a sua moglie, pensando che la donna ne avrebbe sofferto inutilmente. Ancora una volta lasciò scivolare Metabo nell’oblio, tra le nebbie di un passato ormai impalpabile e dimenticato. All’età di sette anni, Camilla correva già come il vento; svelta di mente, sapeva contare e aveva imparato anche qualche parola d’etrusco e di greco. Gli dei più importanti non avevano segreti per lei. Ricordava a memoria tutte le storie dei viaggi di Antonius e delle sue avventure giovanili al punto che, se il padre adottivo romanzava un po’ troppo i suoi racconti, lei era lì pronta a riprenderlo come il più severo degli istruttori, con quella sua voce squillante e argentina:
«Ti sbagli, padre, non l’hai raccontata così la volta scorsa!»
Con l’arrivo della bella stagione, Camilla e Antonius di quando in quando solevano lasciare gli armenti incustoditi per andare all’insediamento che si era sviluppato non molto distante da “piccolo pozzo”, vicino al fiume, sul colle poco più a nord che declina fino al ponte di legno. Lo chiamavano “villaggio”, ma definirlo così era esagerato, composto com'era da quindici o venti capanne di pietra, fango e canne, affondate nella melma, tra maiali, pecore e puzza di escrementi. Le acque cristalline del fiume, correndo verso sud, lo lambivano formando una curva ampia e sinuosa. Poco più a valle, si era creata una piccola insenatura dove le donne lavavano i panni nei giorni di calura. Quella piccola baia era frequentata da tutti i fanciulli del villaggio, cosicché Antonius, di solito, restava a pescare un po’ più su, sul ponte, mentre Camilla giocava in compagnia degli altri ragazzi.
«Buongiorno Antonius! Anche oggi a pescare? Arisia è davvero una donna molto paziente.»
«Buondì a te, Xeni. Anche oggi al fiume con una montagna di panni da lavare?»
«Destino crudele! Beata tua moglie, con solo una figlia e un marito da accudire! Povera me, invece, con sette maschi! Tutti buoni a nulla, anzi, buoni solo a sporcare. La tua Camilla, di contro, ah, che bella e che forte è diventata! Sei un uomo fortunato. È un fulmine quella benedetta ragazza! Sfida e batte tutti i suoi coetanei, maschi e femmine senza distinzione, anche quelli più grandi di lei. La osservo spesso quando giocano a guerra. Li comanda a bacchetta. Mai visto e sentito prima d’ora!» La donna poggiò il cesto di panni in terra e riprese con tono più acido: «Una femmina… invece di aiutare sua madre in casa! Che roba! Ne ho viste davvero tante, ma lei ha qualcosa di speciale. Tu ne sai qualcosa, vero, Antonius? Vecchia volpe di un latino… non sarà per caso figlia di Zeus? O tua e di Venere, oppure di qualche altro sporcaccione di un dio. Si divertono sempre, quelli lassù, con noi poveri umani.»
Scoppiarono entrambi in una grassa risata.
La donna proseguì per la sua strada, mentre Antonius rimase fermo a osservarla.
Che donna è Xeni, infagottata nella sua tunica di tela grezza, la stessa da parecchie stagioni, sempre più logora, sempre più scolorita. L’ho osservata spesso quando al fiume se la sfila via zuppa d’acqua e, nonostante i sei figli che l’ammazzano di fatica, è ancora una bella donna. In ogni caso, è tanto infaticabile e gioviale quanto sciocca e chiacchierona.. Su Camilla però ha ragione. C’è qualcosa di speciale in tutto quello che fa. Ha sangue di re, ed è promessa a Diana. Questo mi spaventa molto. Ho paura che sia come un vaso di bronzo in mezzo a tanti di coccio. Quanti ne romperà? Ho molte domande senza risposta. Metabo tornerà? Sarò io a presentarla al tempio di Diana? Quale destino gli dei hanno in serbo per lei?
Quando Antonius si recava sulla cima della collina e si sedeva con le gambe penzoloni sulla roccia a strapiombo tra cielo e terra, aveva l’impressione di essere più vicino agli dei e in quel silenzio poterne quasi percepire i progetti. In quei momenti, sentiva che Camilla era destinata a gloria immortale ed era loro grato di farne parte in qualche modo. Eppure c’era ancora qualcosa che gli sfuggiva: qualcosa di oscuro incombeva sulla sua figlioccia, come un'ombra che non riusciva ad afferrare.
[1] Attuale Ceprano
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Il Sacro fuoco della Regina II edizione
Ficción históricaE' una storia di amore, di amicizia, di guerra vissuta nel 1200 a.c. nel Lazio. La trama si sviluppa in un clima colmo di premonizioni e di destini incrociati, dove il naturale e il soprannaturale, la morte e la vita si fondono in un continuo insegu...