XIII Affari di stato

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Non molto lontano, tra le terre dei Latini più a nord, un’altra giovane principessa affrontava ignara il proprio fato...

«È impossibile! Te l'ho già detto e ripetuto! Non farmi adirare.»

«Ma, mio Re e marito, non pensi al tuo onore, al nostro onore? Re Latinus che rinnega la sua parola? Mai visto e sentito. Io, la Regina Amata, cosa potrò dire a mio nipote, cosa diranno i suoi Rutuli? Diranno che il loro Re è stato tradito da Lavinia? Tradito da nostra figlia ancor prima di essere sposato? Che figura farà il popolo Latino? Qui si rischia una guerra, non lo capisci? L'orgoglio di Turno è smisurato e tu lo ferisci in questa maniera, così... così... sciocca. Sì, sciocca e ottusa, non ci sono altri termini. Il tutto per inseguire un vaticinio, una profezia… Eppure sei Re, hai la tua età e ancora credi a delle sciocchezze come le favole degli oracoli. Gli Etruschi a nord non aspettano altro per impossessarsi delle nostre terre. E poi, non pensi a tua figlia? Come deve sentirsi? Così, trattata alla stregua di una giovenca al mercato... Sapevo che non eri uomo di guerra, cosa che ho sicuramente apprezzato nei lunghi anni passati in pace, ma questo è troppo! La tua unica figlia disonorata ancora prima di sposarsi...»

Il Re camminava avanti e indietro a grandi falcate nell'atrio del maestoso edificio sito su una piccola altura che guardava il mare. L'odore di salsedine e dei fiori costieri riempiva le numerose stanze che componevano la sontuosa reggia. Da lì, nel porto di Laurento si scorgevano nitide le sagome dei navigli troiani.

«Amata, basta! Lavinia se ne farà una ragione! Il Re, la Regina, la Principessa, tutti devono sacrificarsi per il popolo. E io ho deciso che il nostro futuro sarà Enea il Troiano. Non l’hai visto? È un grande guerriero, forte e leale, nel pieno del suo vigore. Non capisci? È protetto dagli dei: ogni segno, ogni suo atto, tutto coincide con la profezia. Non possiamo cambiare il destino glorioso che attende queste terre. Tua figlia, vedrai, col tempo ce ne sarà grata. Anche Turno se ne farà una ragione. In questo modo diventeremo più forti e non avremo più bisogno di cercare alleati tra i vicini. Etruschi, Rutuli ed Equi dovranno rispettarci molto di più.»

«La profezia, la profezia… non ti riconosco più ormai. Dov’è finita la tua saggezza? La tua autorità? Ti sei circondato di sacerdoti e profeti: stregoni! - sbottò la regina - Riponi più fiducia in loro che in tua moglie. Affidi il destino di tua figlia a dei ciarlatani, invece di fidarti dei tuoi generali. È paura, ecco cos’è! La paura governa il tuo cuore. Pace, pace con tutti, continui a ripetere, ma lo sai che la pace spesso si difende con le armi?»

La Regina, ormai in là con l’età, sedeva su uno scranno finemente intarsiato da artisti etruschi. Sulla parete di ingresso dietro le sue spalle, risaltavano affreschi dai colori sgargianti che narravano le gesta dei Re e la grandezza del regno. Una larga tunica con i bordi orlati d'oro cadeva dalle sue piccole spalle ricurve.

Il Re continuava ad agitarsi nell'atrio. Magro, basso di statura, portava i capelli canuti lunghi fin sopra le spalle. Indossava sulla tunica bianca un drappo di seta fenicia di un colore rosso porpora. Un lungo pizzetto ornava il mento e la faccia appuntita e stretta lo faceva somigliare da lontano a una capra.

Con rinnovata energia la Regina riprese: «Hai dato già ad Enea delle terre dove stabilirsi in pace e costruire la sua città, cos’altro pretende per garantirci il suo appoggio? Perché le hai promesso tua figlia? È giovane e bella, merita di più “di un uomo nel suo pieno vigore”- pronunciò quest'ultima frase imitando il timbro vocale di Latinus – Turno, al contrario, è giovane e bello, forte e possente. Perché allora, perché?»

«Donna, stai davvero esagerando. Ti ostini a non comprendere. Ho ancora negli occhi la vista del mio lauro là in giardino... avvolto dalle api in sciame che volando creavano strane forme. E quello che disse l'indovino, lo ricordi? 'Di lontano verrà un Duce...'. E la visione di nostra figlia nel fuoco dell'altare? Non contento consultai Fauno, l'oracolo padre, e ancora oggi mi risuonano in testa le parole che pronunciò dal bosco. Non riesco più a dimenticarle:

Invan, figlio, procuri, invan t'immagini che tua figlia s'ammogli a sposo ausonio. Vane e nulle saran le sponsalizie ch'or le prepari. Di lontano un genero venir ti veggio. Per cui sopra a l'etera salirà 'l nostro nome; e i nostri posteri ne vedran sotto i piè quanto l'oceano d'ambi i lati circonda e 'l sole illumina.” (*)

Il destino di queste terre è segnato, una gloria sicura le attende in futuro. Lavinia sposerà Enea! Così ho deciso!»

La Regina scosse più volte il capo e senza aggiungere altro, si alzò di scatto ed entrò a passo affrettato nella reggia.

(*) Eneide, libro VII

Il Sacro fuoco della Regina II edizioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora