La mattina dopo, prima che ricominciasse l'assemblea, Antonius riferì a Camilla le informazioni raccolte la sera precedente. A quanto pareva, Turno aveva una forte rivalità personale con Enea, per questioni legate a un matrimonio. Turno avrebbe dovuto sposare Lavinia, la figlia di Latinus, sovrano del popolo dei Latini. Per sigillare l’alleanza con Enea, però, l'anziano Re aveva rinnegato la parola data, offrendo in sposa al principe troiano la sua unica figlia. L’orgoglioso Re dei Rutuli non poteva certo incassare il colpo senza cercare vendetta. Alla luce di quelle nuove informazioni, che fornivano una diversa chiave di lettura dei fatti, si spiegava il forte risentimento di Turno nei confronti di Enea.
Il dibattito riprese poco dopo, ma nonostante tutti gli sforzi oratori di Turno, molti dei capi erano ancora titubanti. Così, per scongiurare sul nascere una sconfitta politica, il Re dei Rutuli e i suoi luogotenenti approfittarono della minaccia imminente di un temporale già visibile all’orizzonte, e sciolsero l'assemblea.
L’appuntamento successivo fu fissato nello stesso luogo, la luna seguente, per dare a ognuno il tempo di riflettere attentamente e consultare gli anziani del proprio popolo. Turno aveva stabilito quel lungo intervallo prima del nuovo raduno con lo scopo preciso di contattare uno per uno i capi più influenti, nella speranza di indurli alla lotta. Era convinto che questi, con il loro ascendente, avrebbero trascinato alla guerra anche i capi minori.
Nel frattempo, nel campo si era alzato un vento fortissimo e nere nubi avevano oscurato tutta la valle. I cavalli impastoiati scalpitavano nervosi e la polvere si alzava turbinando. Tutti si affrettavano a levare le tende o a rinforzare i legacci di cuoio che le tenevano fissate a terra: quello che stava per scoppiare somigliava più a una bufera che a un semplice acquazzone. Camilla, le guerriere e Antonius furono pronti in un lampo e decisero di avviarsi immediatamente. Il loro castrum era solo a poche ore di distanza e il temporale non li avrebbe certo fermati. Con la scusa della tempesta in arrivo si congedarono da Turno e da Volcente quando erano già in arcione, scambiando con loro soltanto un breve saluto. Per un attimo, prima di partire al galoppo, Camilla si guardò intorno in cerca di Camerte, ma il turbinio della polvere e il caos che regnava in quel momento nel campo le impedirono di individuarlo. Senza indugio, la regina piantò i talloni nei fianchi del suo cavallo e si avviò galoppando a briglie sciolte verso casa.
Avevano da poco superato l'agglomerato di Fabrateria quando li raggiunse quella che era davvero una violenta bufera. Le nubi erano così basse, dense e scure, che sembrava fosse piombata tutt’a un tratto la notte. La pioggia sospinta dal vento cadeva quasi parallela al terreno. C’era il rischio che i cavalli, molto nervosi e agitati per i lampi e i tuoni che si susseguivano a un ritmo impressionante, si imbizzarrissero e disarcionassero il proprio cavaliere da un momento all’altro.
«Padre, fermiamoci. I cavalli sono troppo nervosi, rischiamo di perderne il controllo. È una bufera troppo forte, è inutile rischiare.”
«Hai ragione...» Gridò Antonius tra il fragore del vento. Camilla, indicando con il braccio una piccola collina, aggiunse:
«Là c'è un gruppo di grandi querce, ai piedi di quella altura. Ci metteremo sottovento e staremo più protetti.»
Raggiunto il punto indicato, i cavalieri scesero dai loro destrieri e li fecero sdraiare in terra. Coprirono loro gli occhi e le orecchie con delle pelli, per poi rannicchiarvisi a fianco. Il vento fischiava in maniera assordante. Di lì a qualche secondo si scatenò il finimondo. Insieme all'acqua e alle foglie che turbinavano nell'aria, volavano anche grossi rami e piccoli tronchi. All’improvviso, si sentì un boato tremendo accompagnato da una luce abbagliante.
«Cosa è successo?» Urlò Camilla cercando di sovrastare il fragore del vento e lo scrosciare della pioggia.
«Guardate!» esclamò un'amazzone, indicando il fianco della collina. «Quella quercia lassù si è spezzata e ha preso fuoco! Giove è davvero adirato...» L’albero, a un centinaio di piedi su per il declivio, era stato colpito da un fulmine e stava bruciando. Camilla e le ragazze, anche se impavide in battaglia, apparivano alquanto scosse. Antonius attribuì a quell’evento un significato di cattivo presagio e si guardò bene dal confidarlo a sua figlia. Poco dopo, con la stessa rapidità con cui era arrivata, la bufera si spostò verso ovest, proseguendo la sua corsa verso il mare.
«È ora!» disse Camilla alzandosi. «Svelti, dobbiamo arrivare prima del tramonto!» Montò a cavallo e guardandosi intorno aggiunse: «Che sfacelo! Cosa ha combinato il vento…» La bufera in effetti aveva lasciato dietro di sé un paesaggio desolante: rami spezzati, arbusti e alberi divelti. Il sentiero che attraversava il bosco e che portava al ponte era ridotto a un acquitrino, ma il peggio era ormai passato e il drappello, montate di nuovo le cavalcature, riprese lentamente la via verso casa.
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Il Sacro fuoco della Regina II edizione
Fiction HistoriqueE' una storia di amore, di amicizia, di guerra vissuta nel 1200 a.c. nel Lazio. La trama si sviluppa in un clima colmo di premonizioni e di destini incrociati, dove il naturale e il soprannaturale, la morte e la vita si fondono in un continuo insegu...