XXII La profezia

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La sera successiva fu Antonius che si presentò da Camilla. Prima che partisseper la guerra, l’avrebbe portata con sé per un ultimo viaggio, un viaggio nel passato.

Partirono a cavallo dal “piccolo pozzo” la mattina dopo,  direzione Sud. Si inoltrarono al trotto nel bosco tra Montenero e gli Ausoni. Procedevano silenziosi, la tristezza attanagliava entrambi. Percorse una decina di miglia in mezzo agli alberi, piegarono leggermente verso Est. Dopo circa tre stadi, incominciarono a salire. La vegetazione subì un brusco cambiamento: il terreno diventò brullo e roccioso lasciando spazio solo a piccoli arbusti. Dopo poco, oltre un avvallamento, si trovarono davanti un bosco di allori.

«Scendiamo da cavallo. - disse Antonius - D'ora in avanti andremo a piedi. Questa è terra sacra.»

Camilla obbedì senza obiettare e si incamminò dietro di lui. Il mistero di quel viaggio cominciava a incuriosirla, anche se non osava fare domande al padre che, scuro in volto, continuava ad avanzare. A un certo punto Antonius si fermò, indicando un giovane albero di alloro.

«Spezzane un piccolo ramo e conservalo. Non toccarlo con le mani, però, usa la tunica per prenderlo.»

Imboccarono poi uno stretto sentiero che scendeva di nuovo a valle. L'aria all'improvviso si fece talmente gelida, che si poteva vedere il loro fiato condensarsi in piccole nuvole. In fondo al sentiero si stagliava un’alta parete di roccia. Si infilarono in una stretta apertura che si apriva dinanzi a loro, da dove proveniva nitido il mormorio di un ruscello. Poco dopo, infatti, comparve un piccolo lago. Antonius si spinse nell’acqua che arrivava appena alle caviglie, era gelida. Fece cenno a Camilla di seguirlo. Sulla sponda opposta il ruscello si addentrava nella roccia. Ne seguirono il tracciato risalendo la debole corrente fino a una caverna, dalla quale sgorgava l'acqua che lo alimentava. La grotta aveva una grande apertura cui si accedeva per mezzo di alcuni rozzi scalini, sui bordi dei quali erano incisi strani simboli coperti di muschio ormai quasi cancellati dal tempo. L’ingresso era completamente in penombra e dalla volta pendevano numerose stalattiti gocciolanti. Camilla e Antonius entrarono in silenzio, accompagnati soltanto dal rumore dell’acqua che scorreva. Percorsero per un centinaio di piedi un sentiero scavato nella roccia. Da alcune fessure nelle pareti sopra le loro teste, filtrava una  lama di luce, quel tanto che bastava a illuminare loro il cammino. A un certo punto svoltarono e, lasciatisi dietro il ruscello sotterraneo, si trovarono di fronte l'imboccatura di un enorme antro. Antonius si fermò. Comunicò a bassa voce alcune istruzioni a Camilla e poi entrarono. Al centro si ergeva un altare di pietra, dietro il quale si intravedeva una massa oscura in movimento. Una voce antica e tremante, che sembrava provenire dall'oltretomba, li apostrofò così:

«Perché siete venuti nel tempio della sanguinaria

«Chiedo oracolo!» Gridò Camilla.

«Chiedo fuoco e sangue!» Replicò la voce.

Antonius prese la pietra focaia e, con gesti rapidi e soffio leggero, diede fuoco all'esca. Al centro della grotta, di fronte all'altare, si allargava una pozza di un liquido denso e nero. Il pastore lo accese e le fiamme si alzarono alte illuminando tutt’intorno. La caverna era talmente ampia che non se ne scorgeva la fine. Il fuoco sprigionava un fumo denso e acre e riusciva a illuminare solamente l'altare, che sembrava sospeso nel buio. I lampi rossastri si riflettevano con un sinistro gioco di ombre sui volti di Antonius e Camilla. Sul lato opposto dell'altare, da un mucchio di stracci logori comparvero due mani luride e nodose, con le unghie ricurve e nere di putridume. La vecchia ne allungò una verso Camilla. La ragazza porse, avendo cura di non toccarlo con le mani, il ramo di alloro che aveva conservato. La sacerdotessa lo artigliò con uno scatto improvviso, con le braccia sempre tese in avanti. Al bagliore rossastro del fuoco, la ragazza impugnò la spada e lentamente si passò la lama affilata sul palmo della mano, sul quale comparve all’istante una striscia vermiglia. Lasciò gocciolare il sangue, che sgorgava dalla ferita, sulle foglie d'alloro, poi rinfoderò la spada e strinse forte il pugno della mano ferita contro il lembo della tunica. La strega ritirò il ramo appena bagnato e iniziò a masticarne le foglie, staccandole una alla volta. Dopo averle inghiottite, prese ad agitarsi con una violenza via via sempre maggiore. A un tratto, si piegò su se stessa e cominciò a rantolare; poi, scattò in piedi e con un sibilo disumano emise la profezia:

«Il grande anno è alla fine.

La dea madre ha compiuto il suo tempo.

Sono finiti i riti di sangue,

la centesima luna è arrivata,

e tu sei Camilla,

figlia di Camilla,

figlia di Camilla.

Ultima di una stirpe di regine guerriere

degne figlie della dea madre.

Sul ventre tu hai posto una spada.

Il tuo nome è già grande

e nei tempi così resterà.

Lotterai con la lupa,

ma stai attenta:

ai suoi figli

nessuno attraversi la strada.»

Detto questo, emise un ultimo rantolo e come un sacco vuoto si accasciò sulla roccia. Camilla fece un passo avanti per aiutarla ma Antonius la bloccò urlando:

«No! Ferma, non toccarla!»

Dal buio fondo della caverna avanzarono altre sagome ricurve e vestite di stracci, come spettri provenienti da un oscuro passato. Si disposero in semicerchio intorno alla Sacerdotessa, mormorando strane parole.

Antonius prese per mano Camilla e la trascinò con sé fuori dalla grotta. Non dissero nulla finché non furono scesi a valle. A quel punto la ragazza, scossa dall'accaduto, interpellò suo padre.

«Padre, cosa significa tutto questo?»

Antonius continuò a cavalcare in silenzio. Camilla non osò porgli altre domande.

Arrivati a “piccolo pozzo”, il pastore finalmente ruppe il silenzio, dicendo con un tono di voce alterato:

«Profetesse… tutte uguali! Oracolo… ma quale oracolo!? Brave col passato, ti dicono il presente, ma il domani? Chi è la lupa? Sai quante ne hai uccise!? E chi sono i suoi figli?» Sceso poi da cavallo, si avvicinò alla figlia e prendendole le mani aggiunse: «Camilla, ti prego, non partire! È da tempo che ho un brutto presentimento.»

«Ta', lo sai che non posso. Tu stesso mi hai insegnato che la cosa più importante è l'onore. La parola data è sacra. Quel che è detto è detto. Ho con me il sacro fuoco di Diana che mi protegge, quindi non temere, lo accenderò prima di ogni battaglia.»

Rassegnato, Antonius concluse:

«Prima di salutarti, voglio dirti un’ultima cosa. Io e tua madre ci siamo amati per tutta la vita e non mi sono mai pentito di aver rinunciato a tutto per lei. Ho pregato molto affinché gli dei concedessero anche a te una tale fortuna. Ho notato come ti guarda Camerte, conosco quel tipo di sguardo. Ha sicuramente un debole per te. Mi sembra un bravo giovane e ha una posizione degna del tuo rango. Non troverei nulla di disdicevole se vi frequentaste. Nonostante le tue precedenti brutte esperienze, prova a dargli una possibilità. Segui il tuo cuore: è più grande di quanto tu creda. »

«Padre, sto andando in battaglia. Pensi sia il momento adatto per parlare di amore? Non credo che nel mio cuore ci sia spazio per un uomo. Tranne per te naturalmente, mio vero e unico padre. Tu che mi hai dato tutto quello che potevi senza mai pretendere nulla. - Camilla scese da cavallo e aggiunse - Ora abbracciami per un’ultima volta prima che io parta.»

Antonius la strinse a lungo trattenendo a stento le lacrime.

«Allora va’. Vinci e torna presto.»

Il Sacro fuoco della Regina II edizioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora