XVII Turno, Re dei Rutuli

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La vita scorreva serena nella valle del Tolerus e le giovani guerriere provavano ormai un forte senso di appartenenza al territorio. La strada aperta da Elinai e Lucero raccoglieva proseliti: altre cinque nuove coppie si erano formate dopo le loro nozze. Al di là delle mura dell’accampamento, si udiva già qualche poppante vagire. Le abitazioni intorno al Castrum continuavano ad aumentare di numero e Camilla, per facilitare gli approvvigionamenti, aveva fatto allargare la strada che portava all’accampamento, adesso percorribile anche dai carri più grandi. Ormai gli abitanti delle terre che andavano dall’Amasenum alla sponda del fiume Tolerus, e fino a Montenero e oltre, riconoscevano in Camilla la loro unica guida. La fama della regina amazzone cresceva ogni giorno di più e aveva già da tempo valicato i confini della grande valle.

Un giorno giunsero all’accampamento quattro cavalieri ben armati, provenienti da terre lontane. Sebbene parlassero etrusco, Il loro abbigliamento e la fattezza delle loro armi indicavano l’appartenenza a un altro popolo. Chiesero di poter incontrare in privato la regina. Dovevano riferirle personalmente un importante messaggio: Turno, re dei Rutuli, aveva posto accampamento venti miglia più a nord, a Frusino1. La sua missiva chiamava a raccolta tutti i capi dei Volsci e degli Ernici per un grande raduno che doveva svolgersi di lì a due giorni. Turno li avrebbe ospitati nel proprio accampamento con tutti gli onori, per parlare di guerra e di alleanze, allo scopo di combattere un invasore arrivato dal mare che minacciava tutta la regione. Infatti, reduce dalla distruzione di Troia e da un lungo viaggio, con i favori della dea Venere Enea era sbarcato alla foce del Tevere con i suoi uomini.



La sera stessa, al piccolo pozzo, Camilla discuteva della cosa con Antonius:

«Padre, verrai anche tu? La questione è molto grave. Si tratta di guerra o pace. Questo nuovo invasore può mettere a ferro e fuoco tutta la regione.»

«Ho molti dubbi su quale sia la vera situazione e non ho molta voglia di venire ma, se lo ritieni importante, mia regina, verrò.»

All’alba del giorno dopo, Camilla e Antonius, scortati da dieci guerriere, partirono sui loro cavalli alla volta di Frusino. Attraversarono il fiume puntando dritti verso Nord. Dopo una lunga cavalcata, giunsero finalmente a destinazione. L'accampamento era stato eretto in una radura nei pressi di un piccolo bosco di pioppi. Le tende, in gran numero, erano disposte a semicerchio, al centro del quale numerosi guerrieri si erano raccolti attorno allo stesso tavolo. Uno di essi andò incontro al drappello. Non più di giovane età, ma pur sempre vigoroso e austero nell’aspetto, il suo abbigliamento denotava nobili origini. Con tono gentile e tuttavia autoritario, disse:

«Benvenuti all'accampamento di Turno, re dei Rutuli. Io sono Volcente, uno dei suoi luogotenenti. Impastoiate i cavalli e seguitemi. Tutti gli altri capi sono già arrivati.»

Legate le loro cavalcature ai margini della radura, si avviarono assieme all’interno dell'accampamento.

«La fama della tua abilità guerriera e della tua giovane età ti precedono, regina dei Volsci. – riprese Volcente rivolgendosi a Camilla - I racconti delle gesta tue e della tua cavalleria amazzone sono giunti molto a Nord, fino ai nostri villaggi. Ora, vi prego di prendere posto accanto agli altri capi. »

Così dicendo, il guerriero si avvicinò all’estremità del tavolo dove era seduto Turno, per annunciare l'arrivo di Camilla.

Leggenda narra che Turno fosse un semidio, e a vederlo c'era da crederlo. Alto, bello e possente, dimostrava trent’anni o poco più. Le spalle muscolose si intuivano sotto i lunghi capelli neri e gli occhi vividi brillavano come due smeraldi sul volto abbronzato. Il naso era dritto e regolare, e una corta barba, nera come la pece e accuratamente tagliata, metteva in risalto le labbra carnose. Indossava una tunica lunga fino ai piedi dello stesso colore degli occhi e un pugnale con il manico d'oro era infilato in un cinturone di pelle lento ai fianchi. Un drappo di tela nera, tenuto da due spille d'oro, ricadeva dalle spalle avvolgendogli le braccia.

Alzandosi in piedi, si rivolse ai presenti con voce tonante:

«Nobili guerrieri! Forse alcuni di voi già sono a conoscenza del motivo per il quale vi ho chiamati a raccolta. Tempo fa è sbarcato sulla costa, a un giorno di cavallo verso Nord, un guerriero di nome Enea. Il Re Latinus ha concesso a lui, profugo di una città d’oltremare, e al suo seguito il permesso di abitare entro suoi confini. Ma come spesso accade, il fuggiasco ha abusato dell'ospitalità concessagli e ora sta attentando alle nostre terre e alle nostre donne. In questo stesso momento, sta combattendo contro di noi verso Nord e ha mostrato l’intenzione di allearsi con gli Etruschi. Vedete bene che, se domani ne usciremo sconfitti, non farà altro che allargare le sue mire di conquista. - Tacque per un attimo, per riprendere poi con impeto ancora maggiore - Le belve vanno uccise da piccole, perché da grandi saranno un pericolo per tutti! Lascerete noi, Rutuli e Ausoni, a combattere da soli l'invasore? Ecco, io vi propongo una grande alleanza per ricacciare in mare questi serpenti prima che possano prosperare e distruggerci.»

Un brusio si alzò da tutta l'assemblea. Seguirono gli interventi di alcuni capi Volsci ed Ernici, che chiedevano informazioni più dettagliate riguardo ai Troiani. Di lì a poco la discussione si perse in mille rivoli. Mentre ascoltava, Camilla osservava attentamente la platea e fu colpita da un bel giovane dalla chioma bionda e dagli occhi del colore del cielo che si trovava accanto al guerriero che li aveva accolti al loro arrivo. Poiché il sole volgeva al tramonto i capi riuniti, ormai stanchi e affamati, decisero di continuare la discussione il giorno seguente. I fuochi erano accesi da tempo e l'odore di carne messa ad arrostire già si spandeva tutt’intorno. Camilla, Antonius e le guerriere allestirono in fretta le loro tende e si ritirarono per la notte. Non appena furono al sicuro da orecchie indiscrete, le giovani fanciulle, liberandosi delle armi, iniziarono a lodare entusiaste la bellezza e il fascino di Turno. Camilla, annoiata da quei discorsi, uscì contrariata dalla tenda. Antonius sedeva fuori, pensieroso.

«Cosa ne pensi, padre? Sei d’accordo con Turno riguardo agli invasori?»

«Invasori? Chi è l'invasore, figlia? Non sono forse invasori gli Etruschi, che si stanno insediando lentamente in tutto il Lazio, e i Bruzi, che scendono a valle a caccia di cibo? O questa gente, in cerca di una terra per vivere? Non lo è forse Turno, che manda uomini e donne al macello per difendere il suo potere e allargare la sua influenza?

Non so dove sia il giusto, Camilla. Quale diritto ci fa padroni della terra sulla quale viviamo? Quando muori ti lasci dietro tutto, e la terra che credevi tua passa nelle mani di qualcun altro. La terra è di chi se ne prende cura, la fa vivere e fruttare. Prima di prendere una decisione riguardo alla guerra, bisogna riflettere seriamente sulle conseguenze che essa comporterà. Inoltre, ho l'impressione che vi siano altre motivazioni, forse meno evidenti, dietro la rabbia che infiamma Re Turno.»

«Forse hai ragione, padre. Turno non mi è parso sereno, come invece dovrebbe essere un vero sovrano, per quanto possibile: la lucidità è fondamentale quando bisogna compiere delle scelte o prendere decisioni. Per quello che mi riguarda, l'unica cosa certa è che quell'Enea è scaltro come una volpe. Accidenti! È davvero una questione spinosa! Ho una gran confusione in testa. Qui ci vuole una camminata per schiarirmi le idee. Tu fatti un giro nel campo, e tieni orecchie e occhi bene aperti. Ogni informazione può essere utile per capire meglio la situazione.»

Detto questo, Camilla prese il mantello e si inoltrò nel bosco di pioppi. Di lì a poco si imbatté in un ruscello e si sedette sulle sue sponde a pensare.



1

Attuale Frosinone

Il Sacro fuoco della Regina II edizioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora