«Altolà, chi siete?» urlò la sentinella.
«Aprite, vi prego. Mi chiamo Ramtha, e la mia compagna Velia è ferita, ha bisogno di aiuto o morirà. Aiutateci.»
«Svelte, entrate! - L'amazzone di guardia aprì il cancello d'ingresso con fare concitato – Ecco, poggiala lì - disse indicando a Ramtha una pietra usata come sedile. Poi, girandosi verso l'interno dell'accampamento, urlò - Thartrha, chiamate Thartrha, è urgente! Abbiamo bisogno delle sue erbe e dei suoi impiastri.»
Adagiata l'amica a sedere, la ragazza di nome Ramtha si lasciò cadere a terra spossata.
«Siamo due schiave fuggite da Fregellae, il nostro padrone ci voleva uccidere a frustate, poco per volta. Ha iniziato con lei, oggi sarebbe toccato a me, ma questa notte ho drogato ai cani e siamo riuscite a fuggire. Un pastore ci ha detto che qui potevamo trovare aiuto e rifugio. Vi prego, aiutateci...»
«Stai tranquilla.» rispose in tono rassicurante l'amazzone «Sei arrivata nel posto giusto. Parlerai con la nostra Regina. Vedrai, la vostra vita cambierà, eccome se cambierà. Qui da noi troverai rifugio, rispetto e comprensione. Siamo tutte donne.»
Si era ormai sparsa la voce che sulla collina, nell’accampamento di Camilla, ogni donna in pericolo veniva accolta e difesa. Cosicché, l'arrivo delle due schiave non era certo una novità per nessuno.
Il perimetro della radura in cima alla collina era stato recintato con basse mura realizzate con pietra a secco, sulle quali venivano posti di traverso tronchi di legno legati tra loro. Sull’angolo della rupe a strapiombo che dominava la valle, c’era un riparo costruito in legno, vigilato sempre da una sentinella. Le tende e i tuguri si trovavano oltre il recinto. Man mano che i ranghi del piccolo esercito si ingrossavano, i nuovi rifugi venivano allestiti lungo i due sentieri principali che si erano formati a causa del calpestio dei cavalli. I due viottoli scendevano ripidi verso valle: uno guardava verso le montagne innevate e terminava davanti ai campi del “piccolo pozzo”, l’altro trovava sbocco sul lato opposto, verso la valle dell’Amasenum, in direzione del mare.
Dopo essere state curate e rifocillate, le due giovani, circondate da un crocchio di amazzoni incuriosite, si presentarono alla Regina Camilla:
«Bene! Allora, tu sei Ramtha e tu invece Velia, è così?»
Le due schiave, ancora frastornate, annuirono tenendo la testa bassa e gli occhi fissi a terra.
«Eh no! Amiche mie, alzate la testa! Guardatemi negli occhi: qui nessuna di noi va a capo chino, e non lo farà mai, di fronte a nessuno, tantomeno di fronte a un uomo. Questo è il nostro giuramento. Qui non ci sono né padrone né schiave, soltanto donne libere, donne pronte a combattere per la loro libertà e per la giustizia.» Un mormorio di approvazione si sollevò tra le presenti. «Ramtha, Velia, io sono Camilla e ho l'onore di essere la Regina di questo luogo. Siete libere di rimanere o di andarvene, ma se rimarrete, cosa che io mi auguro, verrete addestrate alla difesa e alla guerra. Giurerete obbedienza, ma non a me, bensì alla nostra sorellanza. Abbiamo giurato di difenderci l'un l'altra fino alla morte, e così sarà sempre. Un'ultima cosa: qui non si ozia, a ognuna viene affidato un compito e un lavoro, che andrà svolto con disciplina e coscienza. Per ogni altra questione sarò io a decidere. Questo è il nostro villaggio, queste sono le nostre regole. A voi la scelta.»
Ramtha prese la parola:
«Grazie, Regina. Parlo a nome di entrambe: sono stati gli Dei, che non ci hanno mai abbandonato, a portarci qui. Siamo onorate e felici di accettare il vostro invito, non sapremmo del resto dove andare. Eterna sarà la nostra riconoscenza. Non vi faremo pentire di averci accolte.»
«Bene - esclamò Camilla – Benvenute, allora. Domani avverrà la cerimonia del giuramento. Elinai vi troverà un alloggio confortevole e vi mostrerà il resto del villaggio.»
***
Qualche giorno dopo, nella grande piazza d'armi sulla cima della collina, Elinai urlò:
«Camilla, c'è tuo padre!». La Regina, impegnata ad addestrare un gruppo di nuove reclute, rispose:
«Eccomi, arrivo. Cleia, continua tu!»
Con la tunica impolverata e zuppa di sudore, i capelli legati dietro la testa e i bracciali di cuoio stretti fino al gomito, Camilla smise di combattere, piantò la spada in terra e si avvicinò ad Antonius.
«Salute a te, mia Regina.»
«Salute a te, padre mio!»
Sorridendo, i due si diedero una stretta di braccio come si usava tra guerrieri.
«Figlia mia, cosa sta succedendo? Di sicuro mi sfugge qualcosa. Nel salire ho incontrato due contadini che abitano al di là del fiume, Xanto e Porcius: che ci facevano qui?»
«Ah, padre, padre... pastori e contadini vengono sempre più spesso quassù a chiedere giudizio o giustizia. Cosa credi, qui facciamo sul serio. Portano da mangiare, qualche uovo, galline, frumento, frutta, e in cambio chiedono aiuto. Per qualche fiera che attacca gli armenti, o un vicino prepotente da rimettere al suo posto. Qualcuno di loro porta persino la figlia ad imparare l'uso dell'arco. L'avresti mai detto, Tà?»
«Figlia, quello che dici mi riempie il cuore di orgoglio. Le tue doti mi sono da sempre note, non a caso ti ho allevato io, e tu imparavi in fretta. Quello che sta accadendo però, non l'avrei mai e poi mai immaginato. Manca solo una cosa, mia Regina...»
Così dicendo, prese le mani della figlia, l'avvicinò a sé, la guardò un attimo in silenzio e infine le sussurrò: «Un Re!»
«Ancora con questa storia! Padre, te l'ho già detto tante volte: non è possibile. Questo è un argomento sul quale non andiamo per niente d'accordo.» Camilla liberò le mani dalla stretta del padre e cambiando tono aggiunse: «Adesso ho da fare, Tà. Saluta mia madre, dille che è sempre nel mio cuore e che presto verrò a trovarla. Mi manca tanto la sua cucina.»
Detto questo, girò le spalle al padre e tornò a combattere con ancor più foga.
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Il Sacro fuoco della Regina II edizione
HistoryczneE' una storia di amore, di amicizia, di guerra vissuta nel 1200 a.c. nel Lazio. La trama si sviluppa in un clima colmo di premonizioni e di destini incrociati, dove il naturale e il soprannaturale, la morte e la vita si fondono in un continuo insegu...