Capitolo 5 -Andrea-

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Questa serata non è come me l'aspettavo. Sono stato tutta la sera tormentato dai miei pensieri forse anche insulsi. Non so se le mie sono solo paranoie, so solo che non l'ho vissuta come avrei veramente dovuto.

Qualche mese fa, Alessandro, mi ha fatto vedere qualche foto di Johanna per farmi capire quanto in realtà assomiglia alla donna che io amo e che mi ha reso padre per la prima volta.

Devo ammettere che la somiglianza è notevole e che, almeno dalle foto che mi ha mostrato, è una bellissima donna da capelli mossi e raccolti spesso in una coda.

Non so adesso che sembianze possa aver assunto, se sia ingrassata o dimagrita, se abbia fatto qualche trattamento o meno, ma la somiglianza con la donna che è appara oggi nel mio ufficio è notevole. Così simile alla vecchia Johanna vista in foto. Quell'incontro mi ha turbato non lasciandomi in pace per tutta la sera. Mentre bevevo la mia lattina di birra vedevo la donna in qualsiasi angolo della casa.

A un certo punto della serata mi alzo per andare a vedere una vecchia foto dell'amante di Alessandro cercando di placare tutti quei miei tormenti. So che ho sbagliato a parlare davanti al mio amico, ad anticipargli tutte le mie paure. Voglio bene a Rossella e non vorrei mai che soffrisse a causa di questa vecchia storia.

Le mie mani tremano mentre tengono la cornice d'orata contenete una della tante foto. Questa in particolare ritrae Johanna su un'altalena difronte un meraviglioso prato inglese. Questa foto deve risalire sicuramente a una delle tante vacanze, in particolare quella di Londra, abbastanza desiderata dai due giovani.

<<Che cosa stai facendo? >> domanda Alessandro entrando dalla porta della sua stanza. Immediatamente poso la foto sul mobile spaventandomi della sua presenza di una sua possibile azione. So che ho invaso la sua privacy e che l'ultima volta che Sofia ha fatto il medesimo gesto non è finita tanto bene. Con un passo felpato si avvicina prendendo la foto in mano e conservandola nel rispettivo cassetto. Non sembra arrabbiato. <<Dovrei buttarla. >> alla fine dice con amarezza per poi continuare parlare andandosi a sedere sul suo letto matrimoniale. <<Porta tanti ricordi quella foto, ma non riesco a buttarla. Significherebbe chiudere con il passato definitivamente e io qualche ricordo lo voglio conservare di quel passato che sembrava così felice. Vorrei che scomparisse per sempre dalle nostre vite, ma i fantasmi prima o poi ritornano sempre. Non è così facile come tutti pensate. Quando una persona ti ha travolto... non c'è più modo di tornare indietro. >> annuisco alle sue parole avvicinandomi alla sua postazione. So che è difficile dimenticare il passato, principalmente se proprio in quel passato hai amato intensamente.

<<Rossella è a conoscenza della foto? >> domando iniziando ad immaginarmi una qualsiasi risposta, ma ciò che afferma non è quello che mi immaginavo.

<<Sì. È lei che vuole tenerla perché dice che è l'unico modo per ricordarmi chi sono. Lei mi ha fatto diventare così e io me ne devo ricordare. >> rimango senza parole davanti a tali risposte. Bisogna perdersi per ritrovarsi e Alessandro si è perso, si è distrutto, ma finalmente è riuscito a respirare, è riuscito a ritornare a galla.

<<Adesso devo andare. Ci vediamo domani! >> mi alzo uscendo da quella stanza e dalla casa di una delle persone più importanti per mia moglie. Una casa piena di ricordi ed emozioni. Una casa che è stata vissuta, che ha fatto respirare parecchie persone, il suo rifugio per tornare alla normalità.

<<Torno a casa. Rimani qui o ti aspetto? >> domando a Marco che sta finendo la sua lattina di birra davanti alla televisione.

<<Che domande fai? Certo che vengo! Non voglio più sentire parlare di orsi e pinguini! >> corrugo la fronte non riuscendo a capire che cosa voglia dire quando mi india il televisore. Inizio a ridere alla visione di quel documentario sugli animali che vivono nelle calotte polari. Scuoto la testa non potendo credere ai miei occhi ed esco dalla casa dei ricordi.

L'aria la sera inizia a diventare sempre più fresca, ottobre è alle porte e le foglie stanno già iniziando a cadere. Un bel periodo per fare nascere una bambina! Avrò molte cose da raccontarle, ne sono più che sicuro. Sarà come la sua mamma, un'altra principessa da proteggere. Sorrido tra me e me immaginandomi la scena di Beatrice da adolescenze. Certo che se prenderà il mio carattere ne vedremo delle belle!

Ad un certo punto vado a sbattere contro qualcosa, o per meglio dire qualcuno. Stordito dalla botta mi massaggio la testa cercando di capire cosa sia successo. Davanti a me vedo Marco impalato con lo sguardo che fissa il vuoto, o forse la persona davanti a lui.

<<Amico cosa succede? >> chiedo preoccupato di un qualsiasi suo malore. Lo accerchio cercando di guardarlo negli occhi quando finalmente me lo permette.

<<Penso che debba lasciarvi soli. Ci vediamo domani a casa tua Andrea. >>

Comprendo solo il significato di quelle parole nel momento in cui mi volto e difronte mi ritrovo Elizabeth. Un senso di nausea mi attanaglia lo stomaco nel vederla.

<<Ciao Andrea. >> quella voce. Così fastidiosa ma che allo stesso tempo ho imparato ad accettare, così come la sua persona. <<Come va? >> non so che fini ha, ma conoscendola non saranno sicuramente buoni. Incrocio le braccia a petto spazientito da quella situazione. In mano tieni dei sacchetti all'interno dei quali si riescono a scorgere dei pacchi di pannolino e del latte per bambini. Il mio sguardo finisce sulla sua pancia non più arrotondata dal feto che lei stessa nutriva, poi, si posa nei suoi occhi.

<<Vedo che hai partorito! >> esclamo piuttosto arrabbiato ricordando il momento in cui ha spacciato il bambino di Alessandro per mio. Osserva anche lei la busta della spesa capendo dove voglia arrivare.

<<Sì. È un bel maschietto. Si chiama Andrew. >> mi comunica dopo un paio di secondi. <<Andrea ascoltami! Mi dispiace tanto per quello che sia successo due anni fa, ma avevo bisogno di farlo. Lei era lì, il tuo più grande amore ed era come una calamita per te! Io ti amavo, anzi no che cosa sto dicendo, io ti amo ancora! >> delle lacrime solcano il suo viso materno. Delle calamite mal funzionanti. <<Ho sbagliato, lo so, ma non me ne pento. Lo rifarei ancora se solo dovessimo tornare indietro nel tempo! >>

<<Non ti vergogni delle parole che hai appena pronunciato? Io sono padre adesso e non ho intenzione di stare qui un altro po' a giocare con te. È tardi e domani devo passare in ospedale. Buona fortuna per tutto! >>

<<Ti pentirai di avermi trattata in quel modo. Non meritavo di essere lasciata all'altare, di essere umiliata in quel modo davanti a tutti per un tuo capriccio! >> mi volto furioso nella sua direzione. Adesso è troppo tardi per tornare a casa. Sono troppo infuriato.

<<La mia felicità non è un capriccio! >> urlo preoccupato poi di aver svegliato i condomini, ma sinceramente poco mi importa. <<Ognuno di noi ha bisogno di essere felici a modo nostro. Tu volevi essere felice con un uomo che non ti amava, con un uomo che disprezzava giorno dopo giorno. Mentre stavamo sul nostro letto sai a cosa pensavo? Mentre ti baciavo vedevo le lebbra di Sofia, immaginavo di baciare lei! E io non voglio un matrimonio infelice che mi fa rimanere intrappola quando, come dici tu, dall'altra parte della strada il mio cuore veniva attratto dalla donna della mia vita. Siamo felici adesso, sai? E nessuno potrà impedire la nostra felicità perché non so se lo sai, ma due persone quando si amano combattono, combattono per la loro felicità, per il loro destino, combattono per scrivere la loro storia! Non voglio rivederti mai più Elizabeth. Addio. >> pronunciando queste parole mi volto facendomi trascinare dal suono del vento che mi culla passo dopo passo. Sono abbastanza lontano da lei, ma nonostante ciò continuo a sentire i suoi singhiozzi causati dalla brutalità in cui le ho parlato. Poi, solo in un secondo momento, la sua rotta voce.

<<Che siate maledetti! >>

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