Capitolo 25 -Jo-

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Cammino per le strade di New-York con le mani attorno alla mia pancia nella quale vive la mia piccola bambina. Non so ad essere sincera il sesso, ma spero che sia una dolce principessa.
Ho passato circa un mese a Londra, la città che mi ha accolto nel momento in cui sono scappata dall'amore della mia vita; ma adesso la stessa città che mi ha aperto le braccia sento che mi stava stretta, sento che non mi permetteva di respirare.
"Scusa amore mio per la sciocchezza che ho fatto" dico tra me e me. Giuro che lo amo, ma il fatto che mi abbia chiesto di sposarlo mentre il mio cervello aveva appena assorbito la notizia di essere incinta, mi ha mandato nel pallone. Non sapevo più che cosa fare se non scappare e volare via da quella che era la mia vita.
Entro in un bar assicurandomi che nessuno veda il mio stato. Non penso di poter bere nel mio stato ma ne sento così tanto il bisogno. Che madre cattiva che potrei essere. Una madre che già sin da ora si preoccupa di bene anziché badare al benessere di sua figlia.
Il locale risulta essere poco frequentato mentre cammino vicino a degli sgabelli sui quali sono posizionati degli uomini quasi ubriachi.
-Un Martini alla mela- chiedo al barman situato dall'altro capo del bancone mentre asciuga dei bicchierini sporcati precedentemente da altri clienti.
-Non sarà troppo un Martini per una così bella ragazza?- domanda un uomo accanto a me e guardando l'uomo dietro il bancone. Evidentemente è un cliente abituale e il barman sa già che cosa servirgli. Mi volto verso lo sconosciuto il cui sguardo brucia sulla mia pelle. Il suo sguardo così intenso sembra  spogliarmi da tutti i vestiti. I miei occhi si socchiudono cercando di capire il suo volere.
-Piacere, io sono Flavio- il ragazzo mi porge la mano, così ruvida e grande in confronto alla mia. Mi muovo a disagio sul mio sgabello rispondendo al suo gesto.
-Sono Jo.- dico cercando di sorridergli, ma subito capisce che c'è qualcosa  che non va. Che sia capace di leggere nel pensiero?
-E allora il fidanzato ti ha lasciato?- domanda incuriosito dalla mia situazione sentimentale. Scuoto la testa cercando di non mostrarmi debole davanti a uno sconosciuto.
Bagno le mie labbra con una goccia del mio drink. Il liquido percorre la mia gola provocandomi un brivido di fastidio. Continuo per la mia strada finendo di bere il mio Martini. Non so come sia stato possibile, ma in genere l'alcol non rienta tra le mie bevande preferite.
Chiudo gli occhi ispirando dell'aria pura, o almeno per quello che mi è possibile all'interno di un bar.
-Sono rimasta incinta del mio ragazzo che mi ha appena chiesto di sposarlo. Sono scappata per la paura. Non conosco il motivo. So solo che lo amo più della mia vita e nonostante ciò sono fuggita. L'amore non ha contribuito a lenire la mia paura di diventare madre.- il suo sguardo sembra questa volta cambiare, uno sguardo sorpreso dalla mia rivelazione. Sorrido amaramente a Flavio perché in fondo so di aver commesso una stronzata. Non è vero che in amore vince chi scappa, la realtà è che in amore vince chi resta e io ho appena perso, forse per sempre o forse...
Un dolore allo stomaco mi fa piegare in due. Le mie mani immediatamente si posizionano quasi a volerlo proteggere, perché in fondo lui è mio figlio e proverò per sempre un grandissimo affetto nonostante ciò che stiamo passando in queste ultime settimane. Affronteremo insieme questo periodo pieno di oscurità e ne usciremo illesi alla luce del mondo.
-Stai per partorire?- domanda Flavio allarmato davanti a me con gli occhi spalancati dalla sorpresa e in particolar modo dalla paura. -Hai per caso le contrazioni?- domanda portando le mani che qualche minuto prima mi causarono innumerevoli vibrazioni all'interno del mio corpo. Scuoto la testa mentre delle lacrime iniziano a solcare il mio viso così pallido da battere persino un fantasma.
-Io... io sono ai primi tre mesi...-  sussurro con un filo di voce immaginando i peggiori scenari che potessero capitare. Lo sguardo di Flavio si fa sempre più preoccupato così si avvicina a me porgendomi una mano.
-Vieni, ti accompagno in ospedale- mi comunica stringendo la mia mano. Il dolore diventa sempre più forte mentre inizio a sudare.
-No- scuoto la testa decisa della mia decisione. -Lui o lei sta bene. Il mio bambino è forte, non occorre nessun medico. Te lo posso assi... aaah- inizio ad urlare.
Tutti i clienti iniziano a voltarsi verso di me nell'udire quel terribile urlo che quasi mi tagliava le corde vocali dal forte vibrare.
-Signorina si sente bene?- domanda il barista svoltando l'angolo del bancone. Asciuga le mani sul suo grembiule poggiando una mano sulla mia spalla. Stringo forte i denti implorando Flavio con gli occhi di portarmi via da quel postaccio così buio e pieno di uomini che mostravano la propria attenzione a una povera donna dolorante, come se non avessero mai visto una donna in tutta la loro vita. Avevo bisogno di respirare, avevo un bisogno di un po' di aria fresca.
-Cosa è tutto questo sangue?- domanda un uomo dietro le mie spalle. Mi volto non riuscendo a capire a cosa si possa riferire mentre un'altra fitta attanaglia il mio ventre. Corrugo la fronte guardandolo confusa.
-Jo?-  Flavio cerca di attirare la mia attenzione facendomi voltare verso i suoi magnifici occhi.
-Si?- domando non riuscendo a capire che cosa voglia veramente quando poi finalmente capisco. Abbasso lo sguardo osservando i miei piedi situati in una piccola pozza di sangue. Allora capisco, ma il mio cuore mi porta a non ammettere ciò che sta per succedere, ciò che sto per affrontare.
-Cazzo hai un'emorragia!-  urla Flavio vedendomi in contro e posizionando una mano sotto le mie gambe.
A un certo punto non sento più il pavimento sotto ai mie piedi. Due grandi mani mi hanno appena afferrata portandomi oltre la porta d'ingresso del bar.
Un Audi nera si mostra sotto ai nostri occhi mentre il proprietario tenta di aprire le sue portiere cercando in tutti i modi possibili di sopportare il mio peso. Cerco di divincolarmi ma la sua forza è decisamente maggiore rispetto alla mia. 
-Jo, sta succedendo qualcosa al tuo corpo. Non ti permetterò ne ora ne mai di lasciare questa macchina.- mi rimprovera allacciando la cintura dopo avermi posizionata sul lato del passeggero.
-E se dovesse succedere qualcosa a mio figlio?- domando con un filo di voce. Non so perché sto esponendo proprio a questo sconosciuto la mia anima, ma penso che questa volta non sto sbagliando. Penso di potermi fidare di una persona come lui. Flavio si volta verso di me spingendo il piede sull'acceleratore. Il suo sguardo è perso nel vuoto. -Guarda la strada!- urlo dandogli un leggero schiaffo sulla spalla facendolo sobbalzare sul sedile. Il silenzio riempie questa piccola struttura facendo diventare la mia persona sempre più nervosa.
Il suo pomo d'Adamo si alza e si abbassa per ingoiare la saliva accumulata in questi minuti, a differenza di me non riesco neanche a respirare.
-Il bambino starà bene.- cerca di convincermi poi, ma forse stava cercando di convincere più se stesso. Mi appoggio al sedile ormai stufa e sconfitta da questa situazione. Sbuffo incrociando le braccia al mio petto. I miei pantaloni macchiati di rosso attirano la mia attenzione.
"Dio,fa che non sia quello che penso io, fa che non sia quello che penso io." Prego Dio nella speranza che qualcuno là sopra mi possa ascoltare. In fondo non ho mai fatto niente di male, sono stata sempre una ragazza semplice e sono sempre stata fedele al mio uomo. "Ti prego dammi un segnale. Ho bisogno di  sapere che tutto vada bene."
Chiudo gli occhi cercando di farmi  coraggio mentre aspetto l'esito della mia visita. Il dottore ha già accorso al suo dovere cercando di aiutarmi in tutti i modi possibili. La sua espressione non ha lasciato trasparire nessuna notizia. Solo un piccolo "merda" all'inizio ha lasciato le sue labbra ricoperte da un filo di barba incolta. Evidentemente aveva appena finito il turno di notte e io sono venuta a rovinare la sua giornata con i miei problemi. "Ti prego dammi un segnale".
Il medico rientra con la mia cartella in mano, la fronte corrugata. Un leggero sbuffo di esitazione lascia le sue labbra.
-Allora dottore?- chiedo in preda all'ansia.
- Signorina, ciò che le dirò sarà abbastanza serio. Sarò chiaro, conciso ed esplicito. Vorrei solo sapere una cosa da lei: in questi giorni è per caso caduta o subito un qualsiasi tipo di incidente?-
-Che cosa? Secondo lei se avesse avuto un qualche problema saremmo qui a guardarci in faccia?!- urla in preda all'abitazione Flavio. Questa attesa mi sta completamente distruggendo, non trovo le forze per parlare.
-No, non ho avuto alcun incidente.-
-Lei è il padre?- domanda l'uomo davanti a noi non mostrando nessuna esitazione alla mia risposta. Flavio scuote la testa mentre io spiego ciò che è successo senza dilungarmi molto nella disastrosa vita sentimentale e amorosa.
-Signorina, mi dispiace molto, ma il suo corpo non è riuscito a sopportare tutto lo stress che ha accumulato in questo ultimo periodo e, a quanto ho capito, il suo malessere interiore. Il corpo è un organismo debole nonostante possa sembrare qualche cosa di esilarante, di folle e di incomprensibile, ma appunto per questo motivo sono costretto a darle questa terribile notizia. Signorina Johanna Wilson, giusto?- fa una piccola pausa cercando di addolcire la terribile notizia che mi aspetto di ricevere dal momento in cui mi sono ritrovata in una pozza di sangue al bar. Annuisco cercando di respirare, ma invano. -La gravidanza è un processo delicato, un rischio per la vita del bambino e della madre che lo porta in grembo molto spesso. I primi tre mesi sono i mesi di passaggio. Il destino è in mano alla natura e alla fortuna. Cinquanta alla fortuna e cinquanta alla virtù, dopotutto, non è vero?-  erca di smorare la tensione da lui stesso accumulata in questi brevi minuti. Prendo un profondo respiro per poi parlare.
-Dottore parliamoci chiaro.-
-Lei ha perso il bambino. Mi dispiace molto.-

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