Capitolo 7

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Nowaki scorse i documenti che aveva in mano due volte per essere certo di aver letto giusto. Non poteva essere vero. Ci doveva essere sicuramente qualche errore. Forse quei documenti erano falsi. Non poteva ritrovarsi in una situazione simile, non con Hiroki che lo fissava con uno sguardo angosciato dopo che lui aveva pronunciato quelle parole al telefono.

Non aveva programmato di esprimere i suoi sentimenti in modo tanto diretto, ma si era sentito messo alle strette dalla conversazione con la direttrice dell'orfanotrofio.

Prima di prendere quella enorme decisione per il loro futuro, era giusto che parlasse a Hiro-san. Da quello dipendeva il loro rapporto.

Tornò verso il divano nello stesso momento di Usami, il quale stava riponendo in tasca il proprio cellulare.

«Hiro-san» gli disse, sedendogli accanto. «Vorrei far verificare la veridicità di questi documenti.»

«Allora ti servirà la mia consulenza» si intromise lo scrittore, rubandoglieli di mano e tornando a sedersi. «Dopotutto, mi sono laureato in legge all'università T.»

«Davvero?» intervenne inaspettatamente Shinobu.

Era la prima volta che rivolgeva la parola a qualcuno che non fosse Miyagi e Usami lo fissò per un momento.

«Shinobu sta studiando la stessa cosa proprio in quell'università» spiegò il professore. «È il migliore del suo corso.»

Il ragazzo abbassò lo sguardo, arrossendo imbarazzato per l'elogio.

«Sono molti documenti e potrei avere bisogno di assistenza. Vuoi aiutarmi?» domandò Akihiko. Quando Shinobu annuì, tornò a rivolgere la sua attenzione a Nowaki. «Di cosa si tratta, a proposito?»

«Sono gli attestati di nascita dei bambini e la mia nomina a loro tutore legale fino al compimento della maggiore età» rispose lui.

Akihiko sbarrò gli occhi. «Bambini? Quali bambini?»

«È vero, Usagi-san non sa ancora niente al riguardo» commentò Miyagi, guardando Hiroki e Nowaki.

«Questo pomeriggio, quando è tornato a casa dal lavoro, Hiro-san ha trovato una scatola indirizzata a me» spiegò il giovane medico. «Dentro c'erano i due neonati che in questo momento stanno dormendo nella nostra stanza.»

Akihiko lo fissò stupefatto per un momento prima di mormorare: «Capisco.»

«Sarà meglio che vi lasciamo parlare da soli. Avete bisogno di chiarirvi» intervenne Miyagi.

«No, per favore» lo trattenne Nowaki. «Vi ho coinvolti, devo delle spiegazioni anche a voi e per me sarà più semplice non dover ripetere la storia troppe volte.»

«In effetti, mi servirebbe il quadro completo della situazione prima di valutare questi documenti» commentò Usami. «Parla pure liberamente, Nowaki-kun.»

Lui sospirò. Appoggiò i gomiti alle ginocchia e chinò la testa per un momento prima di rialzarla e guardare Hiroki.

«Sarà meglio che inizi a spiegare dal principio» disse. «Ho conosciuto la madre di quei due bambini quando avevo circa sei anni. Lei ne aveva quattro quando arrivò all'orfanotrofio. La madre era deceduta per malattia pochi mesi dopo la sua nascita e il padre era rimasto vittima di un incidente sul lavoro. Come spesso succede a causa del trauma, i primi tempi non parlava e mangiava appena. Io ero uno dei pochi che riusciva a farla mangiare e le sue prime parole quando riprese a parlare furono rivolte a me. La direttrice era contenta che quella bimba fosse riuscita ad affezionarsi di nuovo a qualcuno, così mi chiese di aiutarla a prendersene cura da bravo fratello maggiore. Da parte mia, fu facile volerle bene. Era così impaurita, all'inizio, e crescendo rimase sempre un po' timida, per cui mi veniva naturale proteggerla. La consideravo davvero come la mia sorellina ed eravamo legatissimi. La aiutavo a scuola e fui io a farle ottenere il suo primo lavoro part-time.»

Junjou in TroubleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora