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"Quando insegni, insegna allo stesso tempo
a dubitare di ciò che insegni".

-Ortega y Gasset

È una fantastica giornata di sole, perfetta per andare a fare un giro a Villa Borghese. Ho la luce puntata dritta in fronte, la odio. Mi sarei dovuta portare gli occhiali da sole, ma è già tanto se mi sono messa quelli da vista. Inizio a borbottare tra me e me.

Dannatissimi capelli lunghi, avrei dovuto tagliarli la scorsa settimana, ma quando ho visto le forbici fra le mani del parrucchiere... non ne ho avuto il coraggio. Oltretutto il mio parrucchiere di fiducia dice di continuo che i capelli ricci vanno tenuti lunghi e questo ha quindi contribuito a fare in modo che li lasciassi così. Come se non bastasse, ho lasciato l'elastico a casa e quindi sono costretta a tenerli sciolti e a morire di caldo. E io odio il caldo.

Avrei dovuto vivere nel profondo nord e invece no, sono finita a Roma che, già da metà aprile, si trasforma in un inferno su terra, ma in fin dei conti non potevo certo rifiutare la proposta di lavoro all'ICU, International Crime Unit.

Una unità speciale che si occupa di crimini seriali sia in Europa che all'estero e che è composta dai migliori agenti provenienti da vari Stati. Avere una proposta di lavoro del genere a quasi ventitré anni è un'occasione più unica che rara e devo ammettere che io stessa non mi capacitavo dell'opportunità, anche se la laurea ottenuta prima del tempo ha aiutato parecchio. Per questo devo ringraziare la mia memoria che mi permette di ricordare qualunque cosa io legga, veda o senta. Ma quest'ultimo particolare né il mio capo né i miei colleghi lo sanno e, credo che sarà così per un bel po'.

In realtà il genio di casa, quello vero e non baciato dalla fortuna della memoria eidetica, è mio fratello Leonardo, sei anni più grande di me, laureato in medicina a pieni voti e specializzato in cardiochirurgia.

In realtà Leonardo è il mio fratellastro, ma questa è un'altra storia e, comunque sia, per me è come se fossimo fratelli di sangue.

-Andiamo Manes, il sole bacia i belli! Su, muovi quelle gambe! -Roberto Guidi, dall'alto del suo metro e settanta, mi squadra con occhi di ghiaccio mentre quel poco vento che c'è, fra l'altro anche caldo, gli scompiglia leggermente i capelli castani.

Più il tempo passa, più mi convinco che sarebbe dovuto nascere nel 1933 agli albori della Germania nazista, non solo per la spaventosa somiglianza somatica ai poster sulla purezza razziale che giravano all'epoca (eccezion fatta per i capelli castani), ma anche per il carattere eccessivamente autoritario. Non a caso è una delle menti più brillanti qui a Roma, anzi, in Italia, altrimenti non sarebbe a capo dell'unità.
Uno fra i migliori detective, che non perde l'occasione di rovinarmi la giornata, o meglio, la vita, sin dal primo giorno in cui l'ho incontrato.

Devo ammettere che il primo incontro in assoluto che ho avuto con lui non è che sia stato dei migliori. Era venuto a tenere un seminario nell'università in cui studiavo qui a Roma ed io, la sera prima, avevo passato la notte fuori finendo per tornare a casa parecchio tardi.

Era già tanto se ero riuscita a presentarmi a lezione, oltretutto in perfetto orario. Non poteva certo pretendere che io rimanessi anche sveglia per tutte e quattro le ore di seminario!

Alla fine della lezione la mia collega mi ha svegliata, probabilmente per pietà e, non appena mi sono avvicinata all'uscita, convita che ormai l'insegnante non si fosse nemmeno accorto della mia esistenza, il simpatico professor Guidi mi ferma e mi fa: Dormito bene?

In quel momento avrei voluto sotterrarmi, ma mi sono consolata subito, consapevole del fatto che tanto non lo avrei mai più rivisto.

Almeno ci speravo.

Il burattinaioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora