Capitolo 6

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CAPITOLO 6

Brooklyn's point of view

Rimasi bloccata in quel letto, paralizzata. Non riuscivo a muovere un muscolo, tutto ciò che mi limitai a fare fu aspettare che qualcuno venisse a vedermi e trascorsero minuti, forse ore non seppi dirlo con precisione poiché non avevo niente con cui poter misurare il tempo trascorso a tremare impaurita, rannicchiata su quel materasso mentre le lacrime scorrevano silenziose sul mio volto. Non avevo neanche la forza di gridare e chiedere aiuto.
A chi, per giunta? Non sapevo con certezza se quello fosse un ospedale e non sapevo chi ci fosse fuori.
Quando la porta cigolò scattai con lo sguardo in quella direzione ma tutto ciò che riuscii a vedere fu il contorno di una figura scura perché la poca luce che filtrava dalle tende non mi permetteva di vedere altro.
Rimasi in silenzio non sapendo cosa dire. E se avesse voluto farmi del male?
Lo vidi dirigersi verso la finestra e aprirla di poco per far entrare un po' di aria fresca e luce che mi permise di guardarlo meglio, un ragazzo alto, muscoloso e con i capelli ricci. Sgranai gli occhi e subito mi tirai le coperte fin quasi al mento quando non lo riconobbi, mi sembrava di vederlo per la prima volta nella mia vita e non indossava neanche la divisa da infermiere o il camice da medico.
-Brooklyn!- esclamò, la sua voce roca era piena di sorpresa. Un ampio sorriso prese posto sul suo viso mentre scattava verso la porta, fece qualche passo nel corridoio e lo sentii gridare
"E' sveglia! Dottori, Brooklyn è sveglia!" Tornò nella stanza con gli occhi che gli brillavano ma quando si avvicinò al mio letto il suo sorriso si spense lentamente mentre le sopracciglia si aggrottavano e la confusione nel vedermi piangere si dipingeva sul suo volto.
Sentivo i battiti del mio cuore accelerare, avrei dovuto gridare aiuto ma la voce mi morì in gola. Pregai con tutte le forze che non volesse farmi del male.
-No piccola non piangere, ci sono qui io adesso- allungò la mano per scacciare via una lacrima che mi rigò il viso ma mi scansai prontamente dal suo tocco.
Aumentai istintivamente la presa sul lenzuolo che tirai di più sul mio corpo.
-Brooke- fece una pausa non staccando mai lo sguardo da me.
-Sono io, Harry- la sua voce si spezzò.Scossi la testa.
-N-non farmi del male, ti p-prego- riuscii a dire con voce flebile e impastata per il pianto.
-Non potrei mai- si bloccò quando la porta si aprii di nuovo e questa volta entrò una ragazza dai lunghi capelli biondi. Entrambi i nostri sguardi si posarono su di lei, il cui sguardo si illuminò vedendomi.
-Brooke sei sveglia!- disse avvicinandosi immediatamente al mio letto.
La guardai attentamente, il suo viso mi era famigliare. L'avevo già vista da qualche parte, ne ero sicura.
Il ragazzo in piedi vicino il mio letto la bloccò per il polso prima di farla avvicinare ancora a me. Si girò dandomi le spalle e si rivolse a lei che confusa alternava lo sguardo tra me e lui.
-Non si ricorda chi sono- disse con voce colma di tristezza.
-Cosa stai dicendo, Harry? Come può non ricordare chi sei?- gli rispose la ragazza dall'aria stranita.
Quindi io conoscevo quel ragazzo, Harry?
Com'era possibile?
Immagini sfocate mi si formarono nella mente.
-Abby- ruppi il silenzio che si era creato ed entrambi mi rivolsero la loro attenzione e diverse furono le loro reazioni: se lei si rallegrò nel sentirmi nominare il suo nome, lui divenne solo più triste e preoccupato.
-Sai chi sono, Brooke?- si sedette sul letto sorpassando il ragazzo dai capelli ricci che guardava la scena senza proferire parola.
Annuii sorridendole e allentando la presa sul lenzuolo, non c'era più motivo di preoccuparsi ora.
-C'è qualcosa che non va, devo parlare con Finn- Harry uscì dalla stanza sbattendo la porta.
-Come potrei dimenticami di te?- risposi ad Aubrey ignorando completamente il comportamento del ragazzo che uscì quasi correndo dalla stanza.

Non sapevo, allora, come con quella semplice esclamazione ero riuscita a ferirlo così tanto.

Aubrey rimase per un secondo immobile con lo sguardo verso la porta poi tornò a sorridermi.
-Come ti senti?- mi domandò premurosa alzandosi per controllare la flebo attaccata al mio braccio.
-Bene, credo. Ho solo un gran mal di testa- mi massaggiai le tempie cercando di lenire il dolore.
-Ma dove sono, Abby? Perchè mi trovo qui?- le bloccai il braccio per richiamare nuovamente la sua attenzione.
Lei sospirò prima di risiedersi e lasciar cadere sonoramente le mani sulle sue cosce.
Rimase in silenzio con lo sguardo basso per qualche secondo cercando le parole giuste da usare per spiegarmi la situazione, poi prese un grande respiro e mi guardò.
-Non ti ricordi niente?- si morse il labbro sperando che non stessero davvero così le cose.
-Ricordo che ieri è stato il mio compleanno e tu dovresti essere da tua nonna a Milwaukee adesso- le spiegai e la vidi confondersi ulteriormente.
-Mia nonna è morta anni fa, Brooke-
-Cosa? No, non è possibile- scossi energicamente la testa, ricordavo perfettamente di averla salutata la sera precedente prima che partisse e che per questo non aveva neanche avuto il tempo di conoscere Niall.
-Di quale compleanno parli, Brooke?- mi domandò cercando di mantenere la calma ma vidi i suoi occhi diventare lucidi proprio come i miei, probabilmente aveva già intuito quale fosse la risposta ma aveva paura anche solo a pensarci.
-Ho compiuto sedici anni ieri- dissi e lei si portò le mani sul viso scoppiando a piangere.
-Cosa c'è Abby? Cos'è successo?- mi allarmai e le lacrime rigarono nuovamente il mio volto.
-Signorina Thompson, vedo che è sveglia- non ci eravamo neanche accorte che Harry fosse tornato e questa volta non era solo, con lui c'era anche un uomo anziano con un camice bianco addosso e un ragazzo che riconobbi essere Liam.
-Crede di essere nel 2012- Abby scattò in piedi e si rivolse ai tre uomini appena entrati nella stanza.
Si asciugò le lacrime e subito fu affiancata da Liam che la strinse in un abbraccio. Harry si portò le mani sul viso, poi tra i capelli, sembrava davvero disperato.
-Qualcuno mi dice cosa diavolo sta succedendo? In che anno siamo?!- persi la pazienza e alzai la voce.
Sentii un monitor fare rumori strani, dei bip ripetuti. Probabilmente i battiti del mio cuore che accelerarono.
-Brooklyn si calmi- il medico mi si avvicinò e con voce più pacata possibile iniziò a spiegarmi la situazione.
-Siamo nel 2016, è dicembre per la precisione- sentii la testa scoppiare, il dolore era diventato insopportabile e tutto ciò che mi stava succedendo mi sembrava irreale.
La vista mi divenne sempre più sfocata, i loro volti divennero pian piano solo delle macchie di colore poi buio.









Ricordami di amarti. || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora