Capitolo sedici. - "Decisioni."

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Rimasi così, la sua reazione, il modo che ha avuto di fare sembrava così programmato, non sono quella persona che fa soffrire il prossimo, anzi, darei me stessa pur di renderla felice, ma con lei non è stato così.

Ho distrutto il suo animo, come se niente fosse, come se l'avessi ferita nel profondo.

E così è stato.

Sinceramente, non mi sarei mai immaginata che da un semplice "gioco", sarebbe nato un qualcosa, non dico di piccolo, ma un qualcosa di grande.

Camila, lei, era riuscita a farmi provare emozioni, ho iniziato a fare l'amore con lei e non a fare una semplice botta e via.

Passai una mano tra i miei capelli, avrei dovuto fare qualcosa, fuori c'era davvero freddo, si sarebbe ammalata o sarebbe addirittura svenuta.

Non l'avrei mai potuto sapere, casa sua era lontana dalla mia per percorrerla a piedi, e lei era vestita così leggera.

Non mi sarei potuta permettere una cosa del genere, mi alzai, lasciando il letto di quella stanza, uscii dopo un po' da essa.

Guardai un po' dalla fessura della mia camera da letto, socchiusi gli occhi, quella sarebbe stata la camera che avrei diviso con la mia futura ragazza: Camila.

Sì, non mi importava un eremito cazzo, i giudizi non mi proibiranno di essere felice.

Io amavo Camila, ero consapevole.

Non mi ero mai degnata di darle una risposta, proprio perché non sapevo come avrei potuto fare, non sapevo cosa le avrei dovuto dire.

Non sapevo nulla.

Io non avevo paura di essere felice, la felicità era più forte di ogni paura.

Dopo essere salita in macchina iniziai a cercare la ragazza che amavo a destra e a manca, nella macchina c'era silenzio, decisi di non mettere musica, forse mi avrebbe distratta con la "ricerca", sempre se si può definire tale.

Premetti l'acceleratore, piano.

«Dove cazzo sei?» chiesi con disperazione a me stessa.

Ero disperata.

Una lacrima, due lacrime.

Tutto quel dolore si era accumulato, le mie lacrime rigarono sul mio viso.

Era tutta colpa mia.

Camila Cabello's P.O.V.

Camminai lungo quella strada buia, illuminata giusto dalle poche luci di quei lampioni verdi, caddi alcune volte a causa del lungo vestito, forse mi meritai quelle cadute, mi serviranno a ricordare quanto fossi stata stupida ad essermi fidata di una persona di merda come lei.

Non sentivo più nulla però, era un problema, resistetti per un altro chilometro, ma poi, non essendo abituata, le mie gambe cedettero come dei semplici castelli di carte. Sì, così.

Mi resi conto quando le mie gambe erano per terra.

Il gelo mi fece male e in quel momento...

... Vidi solamente buio.

Lauren Jauregui's P.O.V.

Ero disperata, e se l'avesse rapita qualcuno? Non me lo sarei mai perdonato, accelerai, percorsi alcuni chilometri e notai un corpo esile a terra, sul marciapiede.

Mi fermai di colpo, scendendo immediatamente dalla macchina, soccorsi quella persona, o meglio, quella ragazza: Camila.

La presi in braccio, era davvero fredda, tornai immediatamente a casa.

«Se non si prende una febbre da cavallo ora, non se la prende più.» dissi piano tra me e me. «Ma almeno ti ho trovata...» le baciai la fronte.

Tornai a casa, misi la minore nella mia camera da letto, al caldo.

Camila Cabello's P.O.V.

Erano sicuramente passate ore, dopo un po' mi risvegliai, in una stanza completamente nuova.

Era bianca come la neve, con qualche sfumatura rossa e bordeaux. Il letto era comodissimo e l'aria sicuramente non superava i ventuno gradi. Il legno della spalliera era ben lavorato e levigato, insomma, perfetto.
Guardai anche un po' il lampadario, che splendeva di luci bianche.

Mi guardai intorno.

"Dove sono?" pensai.

Notai un ombra, la stessa che distrusse il mio cuore così, senza pietà: Lauren.

Aveva un semplice vassoio che sopra aveva la cioccolata e qualcosa da mettere sotto ai denti.

Era davvero tardi.

«Dopo che mangi questo, riposati.» disse con espressione ricca di tristezza.

«Non sei nessuno per dirmi cosa devo o non devo fare, sai come la penso.» dissi dura.

«Sappiamo anche che tu non mi hai dato il tempo di spiegarmi, vabbè di quello poco mi importa.» disse con rabbia.

Guardai Lauren, stavo male, certo che era davvero brava a mostrare che in qualche modo stava bene.

«Ho pensato e ora sono sicura della scelta che voglio fare. Voglio stare con te e volerti amare, non sto parlando di "giochi" e del lavoro non mi interessa niente.» ammise a testa bassa.

Non sapevo se riderle in faccia o credere alle sue parole.

«Quindi, sei davveeo disposta a perdere il lavoro, per me?» alzai il sopracciglio.

«Sì, davvero.» mormorò.

«Non ti credo, davvero.» dissi mentre mi coprivo di più.

«Se non tenessi a te, a quest'ora saresti sicuramente morta di freddo, e ti prego, credimi. Tu non mi hai dato l'opportunità di spiegarmi in modo decente. Lo volevi davvero sentire? Ti amo! Ecco.»

Come facevano due semplici parole a farmi venire un colpo al petto così grande?

«Camila, io sono disposta a mollare tutto, ora lo so, lo sappiamo entrambe, ti amo, ti amo!» disse ammettendo. «Con te è stato diverso, da un semplice "gioco" sono passata alla voglia di amarti e non smettere.»

Guardai attentamente Lauren, negli occhi.

Ora dovevo pensare, se mantenere la relazione con Lauren o no, io sapevo cosa fare ma dopo quello che è successo prima, non sapevo proprio cosa fare.

Insomma, è stato un boom tutto questo, il mio dolore è stato grande anche se, è stato per un attimo. La guardai attentamente, senza dire una minima parola davanti a lei, non volevo darle soddisfazioni, non volevo perdonarla subito perché lei non ha bisogno di questo.

Sospirai e guardai la maggiore che sembrava estremamente in ansia per colpa mia, ma meglio così.

Volevo vederla tesa perché questo si meritava, di questo aveva bisogno.

«Ti prego...» disse piano ma io alzai la mano e con uno sguardo freddo, negai con la testa.

«Non dire altro, sta a me decidere, non a te. Ho bisogno di pensare io, adesso.» dissi piano mentre la guardavo attentamente.

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