Chapter nine

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Ripresi il telefono che poco prima avevo lanciato, tra le lacrime che cercavo di soffocare, tolsi la cover, ed un tintinnio riecheggiò nel gran silenzio della biblioteca, afferrai l'oggetto della mia salvezza, che tolsi dal temperino un po' di tempo prima, che era caduto, e lo fissai mentre lo passavo giocherellando da una mano all'altra.

"Solo un piccolo taglietto, solo uno. Per stare meglio", dissi a me stessa.
Continuai a fissare l'oggetto che si era finalmente stabilizzato sulla mano destra; che chiusi in un pugno, mentre con il pollice e l'indice, alzai la manica del maglione fino al gomito.

"Solo uno. Piccolo", sussurrai.

Lasciai che la fredda lama scivolasse sulla mia candida pelle, liberandomi dal male e dal dolore interiore per qualche istante.
Senza rendermene conto, ne feci un altro, un po' più grande, un po' più profondo.
Un terzo, ancora più grande, ancora più profondo.
Un quarto, il sangue cadde a gocce sul pavimento della biblioteca, cazzo.

Stavo meglio, io sì, stavo meglio.

Mi arrivarono altre notifiche, altri insulti anonimi, le loro parole mi risuonarono nella mente.

"Sei grassa", "Sei brutta", "Fai schifo." Quinto.

"Sei grassa", "Sei brutta", "Fai schifo." Sesto.

"Sei grassa", "Sei brutta", "Fai schifo." Settimo.

"Sei una balena", "Sei una merda", "Ma ti guardi allo specchio? Secondo me, si spacca." Ottavo.

"Ancora non ti sei buttata dall'ultimo piano?", "Hai provato con la candeggina?", "Perché non ti spari?." Nono.

"Dovresti morire, come tua madre."

Questa volta la lama si posò sul mio polso, mi fermai un attimo, non mi spinsi mai così avanti, ma in fondo, cosa avevo da perdere?
Una casa piena di dolore dalla quale ero sempre costretta a scappare, un padre drogato ed alcolizzato che cercava sempre un metodo per abusare di me, che mi metteva le mani addosso, e, un cellulare nel quale ricevevo solo insulti?

"Devi morire, come tua madre"; le parole riecheggiarono in tutto il mio corpo procurandomi un brivido intenso.

Decimo.

Non piangevo più, ero libera, niente più dolore.

Mai più.

Ero stanca, mi girava la testa, persi le forze, vidi una sagoma sfocata, era Federico?

Federico con le lacrime agli occhi?

Perché stava piangendo?

Non dissi nulla, mi limitai a sorridere per dargli un po' di conforto.

Chiusi gli occhi.

Il nulla.



***

Federico's pov.

"Oh santo Dio, fai che non sia morta, fai che non sia morta", mormorai fra le lacrime.

Che cosa devo fare? Cosa?

La presi per le spalle ed iniziai a scuoterla, nulla.

Nessuna reazione.

Okay, okay, pensa Federico, pensa. Cosa dovresti fare in situazioni come queste?

≪ Ma caspita, dove sono le bibliotecarie quando servono? ≫ urlai, ma nessuno rispose.

Eravamo solo io ed Eireen, beh, più io che Eireen.

Ehm, l'ambulanza, ecco! L'ambulanza, serve un'ambulanza! Okay qual è il numero? 118?
No aspetta, non siamo in Italia. Oh mio dio.
Mi misi le mani fra i capelli, ≪ Okay Eireen, tu resta qua, non ti muovere, vado a chiamare qualcuno che possa aiutarti. ≫

Fragili come petali di rugiadaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora