Chapter fifteen

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"Non te l'ho mai detto perché sarebbe stato troppo pericoloso.
Eri piccola, ti poteva scappare in un momento di rabbia, in un momento di debolezza, di intolleranza nei suoi confronti, e sarebbe andato tutto in ogni modo possibile, tranne che bene.

Ho cercato di difenderti, di proteggerti, anche se è stato un'errore non dirtelo, tu avevi il diritto di sapere.
Tu meritavi di sapere, ma non potevo dirti come sarebbe andata a finire se te l'avessi detto, posso solo raccontarti un sacco di "forse" e "non lo so".

Un mare di insicurezze con altissime onde di "forse".

Potevo provare, certo.
Ma non potevo rischiare, in certe occasioni il tema non hai tempo di scriverlo in brutta e poi in bella, alle volte devi scriverlo direttamente in bella, cercando di fare meno errori possibili.

Non potevo assicurarti la sicurezza, la certezza, la costante, non ho mai potuto farlo, e sono sicura che mai riuscirò a farlo.

Ho preferito prevenire anziché curare, che forse una cura nemmeno esisteva.

Mi dispiace, Eireen. "

Ebbi un momento di defaillance, forse avevo letto male, forse ero così stanca da leggere quello che volevo fosse vero, e non quello che era la realtà.

Possibile che solo con una frase la mia mente si riempisse di grandi "forse"?

No, non esisteva un forse, non esisteva un quesito, erano tutte balle, avevo semplicemente letto male.

E se invece avessi letto bene?

Mi alzai di colpo, e continuai a camminare a passi veloci lungo la stanza, torturando la lettera che avevo fra le mani.

"Okay Eireen, calmati. Ora ti siedi, e rileggi la lettera, mantieni la calma, non puoi avere un'attacco di panico per ogni cosa" dissi tra me e me.

E così feci.

Mi sedetti mantenendo il respiro dentro e poi buttandolo fuori ripetutamente.

Girai più volte la lettera assicurandomi che non ci fosse scritto null'altro dietro, e controllai varie volte la busta da dove l'avevo estratta per assicurarmi che non ci fosse null'altro dentro.

Lessi tutta lettera, con molta attenzione, ma la frase che mi fece disorientare completamente era sempre la stessa.

"Eireen, quello che pensi sia tuo padre, non è realmente tuo padre".

Forse era uno sbaglio, forse era una frase che le è venuta così, di getto.
Forse non aveva riflettuto mentre scriveva,  forse voleva intendere altro; forse voleva semplicemente dire che un uomo del genere non poteva ritenersi mio padre ed era giusto che io non avessi quella visuale di lui.
Forse, voleva intendere che non aveva quel ruolo nella mia vita, non perché non avesse contribuito a mettermi al mondo, ma bensì per le cose che faceva, per come si comportava.
Forse il messaggio che voleva trasmettermi era quello.

Però dovevo essere anche oggettiva e coerente con l'insieme complesso delle parole su quella lettera, e non solo con la frase più sconvolgente.
Forse, era uno scherzo di pessimo gusto e avrebbe spiegato tutto nelle lettere successive.

Mi decisi a leggere tutte le lettere con molta attenzione durante la notte, non potevo farne a meno, non potevo rimandare, ma dopo due ore non trovai nulla.

Erano lettere bellissime, lasciatemi dalla persona più importante della mia vita,  l'unica persona per la quale avrei dato la vita, l'anima, ma non c'era un seguito a quella dannata lettera, nemmeno un riferimento.

Quando scrisse quella lettera, non poteva mettere anche il nome ed il cognome del mio presunto padre biologico?

Non capivo.

Fragili come petali di rugiadaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora