Chapter four

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Non risposi, continuai a copiare l'esercizio che il nostro odioso professore  stava scrivendo alla lavagna e nel frattempo cercai di prendere qualche appunto.
Qualsiasi spiegazione, qualsiasi parola, mi sarebbe potuta servire per capire almeno un po' il minimo essenziale, che io, ovviamente, non sapevo.

Sono sempre rimasta in dietro.
In dietro su tutto, e non capivo il perché.
L'ultima ad arrivare in aula, l'ultima ad uscire dall'aula,
Ero quella che sedeva in ultima fila nell'aula, e in ultima fila nell'autobus,
l'ultima ad arrivare in mensa, l'ultima a mangiare, l'ultima ad uscire dalla mensa,
l'ultima a capire.
Sono sempre rimasta in dietro rispetto al resto del mondo, e questo fatto non mi aveva mai turbata particolarmente, anzi, a dirla tutta, non ci avevo mai pensato.
Ma sapevo già che quel pensiero mi avrebbe turbata per i giorni seguenti, se non per mesi.

Non comprendevo, perché ero così sbagliata? Non potevo essere semplicemente "normale"?
Un altro fatto che non sono mai riuscita a comprendere; il genere umano è abituato a seguire determinati parametri di "normalità".

Ma, chi è stato a deciderli?
Chi è stato a constatarli?
Probabilmente, un pazzo.

Come deve essere una persona per rientrare in questi assurdi parametri?
E come deve essere per non rientrarne?
Chi è normale? E chi non lo è?
C'è una linea immaginaria che divide i due mondi?

Queste domande mi stavano completamente divorando dentro.
Anche se sinceramente, pensai, che, tutto ciò era solo un'ammasso di pregiudizi, ignoranza e stupidità.

Ogni singola persona nell'universo deve avere il diritto di essere ciò che è, ciò che si sente di essere, fare ciò che vuole fare, senza essere giudicata in maniera alcuna.

Federico continuava a guardarmi, e più mi sentivo osservata, più mi sentivo a disagio.
L'imbarazzo dentro di me sbocciava sempre di più, e credo che Federico se ne sia accorto, dato che cercò di trattenere una piccola risata.

Non volevo restare in quell'aula per un solo minuto in più; dopo quindici minuti, finalmente, l'ora di matematica terminò, e credo di non essermi mai sentita così sollevata,
ma, non potevo dire lo stesso riguardo all'inizio della ricreazione.

Quasi tutti gli studenti amano la ricreazione; quei dieci minuti di chiacchiere, pettegolezzi, risate, stare in compagnia prendendosi una pausa e fatti vari.

Io, la detestavo.

Detestavo sia la ricreazione che la mensa; quando dovevo fare i pomeridiani.
Infatti finivo sempre con l'andare in biblioteca o in bagno.
La gente, io, non la sopportavo.

Decisi di andare in biblioteca, non c'era quasi mai nessuno ed era il posto perfetto per una come me.
Niente occhiatacce, battutine, insulti, sgambetti o schiaffi.
Solo il silenzio.

Cosa?
Non ci potevo credere, ma insomma, me lo ritrovavo ovunque.
Cosa ci faceva Federico qui?
Oh non aveva importanza, dov'era il mio libro?
Se mi sarei messa a leggere se ne sarebbe andato sicuramente, o almeno, non sarebbe venuto a parlarmi.

Non si osa mai disturbare una persona che legge, soprattutto se essa si trova in biblioteca.

≪ Ciao ≫ disse sussurrando.
Lui osò .

Si sedette sulla sedia di fronte a me, senza nemmeno chiedermi se stessi aspettando qualcuno e il posto fosse occupato, ci divideva solo un tavolo di color bianco latte.

≪ Ciao ≫ risposi timidamente, arrossendo leggermente.
≪ Come stai? ≫
≪ bene grazie, e tu? ≫
≪ bene, grazie a te, anche se non credo tu stia proprio bene ≫
≪ Ho l'aria di una che non sta bene? ≫ gli chiesi fredda alzando il sopracciglio destro.
≪ Non dico questo, non fraintendermi, ma, chi sta bene non passa la ricreazione isolata, seduta in una biblioteca a leggere. ≫
≪ Anche tu sei in biblioteca, potrei dire lo stesso su di te. ≫ gli risposi accennando un piccolo sorriso, guardandolo con aria di sfida.
≪ Scacco matto...≫, per un secondo distolse lo sguardo ed io sorrisi gentilmente, feci quel tipo di sorriso che si è obbligati a fare quando non si ha niente di meglio da dire; e quando non si ha del meglio da dire, è meglio non dire niente.
Ad un tratto si alzò di scatto e arrossì mentre io seguii i suoi movimenti, ≪scusami, che stupido, forse stavi aspettando qualcuno? O posso sedermi? ≫
Risi per la sua notevole agitazione, no tranquillo, non aspetto nessuno, siediti pure.
≪ Okay, parlami un po' di te ≫
≪ Non ho nulla da dire su di me. ≫
≪ Okay... ≫
Continuai a leggere il mio libro al quanto imbarazzata, mentre ogni tanto distoglievo lo sguardo dalla lettura per guardare se lui era ancora lì seduto, e per scrutare attentamente ogni suo movimento.
Solitamente le persone non prestano attenzione ai movimenti ed al comportamento altrui, ma io sì.
Alcune persone le adoravo, le vedevo un po' come un'opera d'arte.
Come un contratto da esaminare con cura prima di firmarlo.
Prestavo attenzione a tutto, ad i minimi dettagli, e, dai movimenti e dal comportamento di Federico mi accorsi che effettivamente, non era un ragazzo pieno di s'è, come prima mi è capitato di pensare.
Notai subito che si sentiva a disagio, ed effettivamente era anche un po' annoiato; ma, aveva tutte le ragioni del mondo per esserlo, dato che io non ero particolarmente di compagnia.
Aveva scelto la persona sbagliata con la quale passare la ricreazione, e cercare di approcciare.
In quel preciso istante, continuava a passarsi la mano destra alternata a quella sinistra, tra i capelli e, solitamente, chi è sicuro di s'è, non si passa così tante volte la mano tra i capelli, l'avevo letto da qualche parte.
Pensai che forse era turbato per il suo primo giorno di scuola, quello durante il quale si cerca di fare una buona impressione a tutti, perché o si è interessante il primo giorno di scuola, o si è nulla per il resto degli anni nella scuola che si frequenta.
Ed io, ne sapevo qualcosa.
Sono sempre stata invisibile, dal primo giorno che misi piede in questa scuola.
Mancavano pochi minuti alla fine della ricreazione, e decisi di passarli a leggere qualche frase su Tumblr.
≪ Ei, ehm, pensavo di andare a prendere un caffè, sai il sonno ed il resto, e beh, sì, ehm, volevo chiederti se ti andrebbe di venire con me...≫
Era agitato e non capivo perché, non c'era niente da fare, per quanto io cercassi di capire le persone, non ci riuscivo.
≪ Cosa? A me? ≫ chiesi timidamente, arrossendo come sempre.
Odiavo questa parte di me.
Odiavo tutto di me.
≪ Sì, non credo che alla bibliotecaria interessi molto...≫
Sorrisi.
≪ Ehm, giusto... In ogni caso, non posso, dovrei già avviarmi verso l'aula della prossima lezione, se non voglio rischiare di fare in ritardo un'altra volta, mi dispiace. ≫
≪ ehm no, figurati. Che lezione hai tra poco? ≫
≪ Inglese, e tu? ≫
≪ Non lo so, ci vediamo dopo ≫ mi disse col sorriso stampato in faccia.
Non riuscii neanche a dire "ci vediamo" che se n'era già andato via correndo.
Ma poi cosa significava "ci vediamo dopo"? Io non volevo vederlo dopo.
Anzi, non volevo vederlo proprio.
E a dir la verità, non volevo vedere nessuno per il resto della mia vita, ma questo è un altro discorso.
Forse sono io che mi faccio troppi complessi e paranoie, forse era solo un modo di dire...
Sì, molto probabilmente era così, sennò non avrebbe avuto alcun senso; non ci conosciamo neanche.
Mentre mi avviai verso l'aula di inglese pensai che effettivamente non avevo alcun motivo per sentirmi in colpa, davvero non avevo il tempo sufficiente per andare con lui, non era solo una scusa... essendo sincera devo dire che; gli avrei detto di no anche se avessi avuto del tempo a disposizione, però, non ha molta importanza, no?

Fragili come petali di rugiadaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora