Chapter twenty-seven

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≪ Ma no dai, l'avrai sicuramente scambiato per qualcun altro. ≫ dissi liquidandolo con la mano senza darci troppo peso.
≪ No no, leggi qua ≫ disse passandomi la foto già girata.

" 28 giugno 2000;
Blackburn e Basili. "

≪ Oh mio Dio, non posso crederci, no.
Non può essere; b-beh ma forse... ≫
≪ Cosa? ≫
≪ Dobbiamo andare dal professore. ≫ dissi alzandomi con aria decisa.
≪ Che? Adesso? ≫
≪ Sì. Adesso. ≫
≪ C-cosa? È l'una e passa del mattino, Eireen. ≫
≪ Ho bisogno di risposte. ≫
≪ A quali domande? ≫
≪ Okay, ti sembrerà assurdo, ed infatti lo è, ma guarda ≫ dissi indicando la data ≪ questa foto è stata scattata a giugno del 2000. Io sono nata sette mesi dopo.
Mia mamma è stata costretta, beh poteva scegliere ma ci sarebbero state delle conseguenze, a sposare l'uomo che credevo fosse mio padre, ma quando l'ha fatto era già incinta.
Incinta del suo ex ragazzo e forse, beh, sai. ≫
≪ Il professor Basili potrebbe essere tuo padre. ≫
Annuii leggermente.

≪ Io ho il suo numero, possiamo provare a chiamarlo, ma se non risponde... ≫
≪ Sì, sì, non ha importanza. Non è neanche detto che sia lui, ma, tentar non nuoce, no? ≫
Estrasse il telefono dalla tasca posteriore, inserì la password per sbloccare il cellulare, cercò il professore tra i contatti e lo chiamò.
Sentii l'ansia salirmi, un formicolio pervadermi le braccia, ma feci finta di non sentire nulla, anche se, ad ogni "bip" il mio cuore sobbalzava all'interno della cassa toracica.
Continuavo mentalmente a ripetermi di stare calma, che se fossi stata calma tutto sarebbe andato per il verso giusto, ma ciò non funzionò.

Mi sarebbe piaciuto riuscire a credere, come faceva mia madre, che tutto sarebbe andato per la retta via.
Mi sarebbe piaciuto riuscire a credere agli psicologi quando mi dicevano che tutto sarebbe andato bene, che bisognava solo avere pazienza e dare tempo al tempo, come se il tempo fosse in grado di cambiare la mia situazione.
Mi sarebbe piaciuto.

Mi affrettai a dire ≪ No, no, no. Fede riattacca. Non le voglio più delle risposte, davvero, sto bene così. ≫
≪ Troppo tardi ≫ disse a bassa voce allontanando il cellulare dall'orecchio, per poi riavvicinarlo.
Mi allontanai da lui, così da non sentire cosa avrebbe detto il professore; non volevo saperlo.
Così sentii solo ciò che disse Federico.
≪ Salve, sì, mi rendo conto dell'orario. Certo che è importante! Per cosa pensava l'avessi chiamata, per parlare di canguri?
Dobbiamo incontrarci.
No, a natale. È ovvio che intendo ora!
No, non sono pazzo.
Incontriamoci al The River okay?
Perfetto. ≫
Mise il telefono in tasca e guardandomi mi disse ≪ Andiamo. ≫
Lo seguii senza fiatare, avevo un sacco di pensieri per la testa.

Non volevo illudermi troppo sull'essere sua figlia, ma se così fosse stato, chi mi avrebbe assicurato un posto nel suo cuore?
Chi mi avrebbe assicurato che mi avrebbe voluta con se?
E se non gli fossi stata simpatica?
E se non mi avrebbe voluto? E fossi stata solo un peso?
E se non fossi abbastanza per lui?

Se non fossi abbastanza per avere un padre?

≪ Hey, smettila di farti paranoie, okay? ≫
Federico aveva interrotto il mio stato di trance.
≪ Eh? Cosa? ≫
≪ Lo so che ti stai facendo un sacco di paranoie in questa bellissima testolina ≫ disse strofinandomi affettuosamente i capelli.
≪ Eh che, sai ≫
≪ Gli piacerai, tranquilla. ≫
Sembrava leggermi nel pensiero.
Era l'unica persona che con solo uno sguardo riusciva a capirmi, dopo mia madre.
Mia madre, l'unica in grado di capire ogni mio stato d'animo, ogni mio pensiero.
L'unica in grado di tranquillizzarmi, di curare ogni mia singola ferita.
Chissà se sarebbe riuscito a farlo anche mio padre.

Uscimmo fuori dalla casa e per me fu come tornare a respirare.
Federico mi passò un casco ed entrambi salimmo sulla moto.
Mi aggrappai a lui come se fosse la mia unica ancora di salvezza, e forse era così.
Attraverso lo specchietto lo vidi sorridere e sorrisi anch'io.
Mentre nascondevo la faccia tra la sua morbida felpa aspirai il suo profumo e per la prima volta mi sentii a casa.
Mi sentii al posto giusto, al momento giusto.
Mi sentii bene, finalmente provai quella che tutti chiamavano "felicità".
O almeno, credo che sia quella.
Finalmente mi ritrovavo, dopo secoli, ad essere spensierata.
In quel preciso istante tutto sparì; eravamo io, lui ed il dolce vento fresco ad accarezzarci i capelli.

Fragili come petali di rugiadaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora