Entro in classe non appena la campanella di mezzogiorno suona.
Mi avvicino al banco tra gli sguardi curiosi di tutti e raccolgo le mie cose facendo finta di niente.
Aspetto che se ne vadano tutti prima di sedermi sulla sedia e appoggiare la testa sulle braccia.Chiudo gli occhi ripensando all'ultima ora passata.
Thomas ha cercato di nasconderlo, ma ero pienamente consapevole del fatto che non avrebbe voluto che ci fossi io in quella stanza con lui. Facendo palesemente finta di non conoscerlo, mi sono presentata per prima. Inizialmente ha fatto un'espressione stupita, poi però si è presentato anche lui un po' incerto. In seguito Thomas ha iniziato a farmi delle domande irritanti su quale fosse di preciso il mio andamento scolastico e su cosa dovessi principalmente concentrarmi.
Mi ha infastidito dover ammettere davanti a lui di fare schifo in matematica, inglese e scienze, ma soprattutto, per la prima volta in vita mia, mi sono vergognata di non saper fare l'analisi del periodo, perché, non appena gli ho detto di avere il 5 in italiano, mi ha guardato come se avessi appena detto di non saper fare 2+2.
In seguito mi ha comunicato che le lezioni le faremo lì, poiché nelle ore in cui faremo ripetizione l'aula studenti é occupata da un gruppo che organizza una recita teatrale.
Iniziamo domani.
Dopo queste poche parole il silenzio è dilagato. Thomas si è perso a fissare il nulla, immerso nei suoi pensieri, mentre io mi sono persa a fissare lui. L'ho studiato nei minimi dettagli, dai capelli neri, pettinati in modo molto artistico, alle dita delle mani, che accarezzavano con lentezza l'anello posto sull'anulare destro. Penso fosse il suo anello di fidanzamento.
Quando mancava un quarto d'ora dal suono della campanella, mi sono alzata dalla sedia e, aprendo la porta, ho salutato Thomas che mi ha risposto con le sopracciglia aggrottate.
Il resto del tempo l'ho passato fuori dalla mia classe, seduta a gambe incrociate e con la schiena appoggiata al muro. Ho pensato per tutto il tempo alla piega che aveva preso la mia vita negli ultimi anni. Sono cambiata, tanto, forse troppo, eppure ancora non me ne pento.
Alzo la testa dalle braccia e sbuffo frustrata. Estraggo il cellulare dalla tasca dei jeans e, dopo averlo sbloccato, invio un messaggio a Federica dicendole che l'avrei aspettata all'uscita poichè avevo urgente bisogno di parlarle.
Rimetto il telefono al suo posto e guardo l'orario che il quadrante appeso sopra la lavagna segna: 12:20.
Cambio posizione appoggiandomi allo schienale della sedia e incrociando le gambe sotto al banco e continuo a fissare la lancetta dei secondi che inesorabilmente continua a ticchettare, e il tempo passa indisturbato, non curandosi della nostra vita che scorre come l'acqua che scende verso il mare.
***
La campanella dell'una suona mentre sto raggiunendo l'entrata principale della scuola. Mi blocco sul lato destro dei due portoni di legno spalancati in attesa di Federica mentre gli studenti dei vari indirizzi sfilano accanto a me.
L'edificio è vecchio, da quanto ho capito risale alle fine dell'800 ed è stato, durante la seconda guerra mondiale, una scuola fascista. Che belle cose che ci racconta il preside.
Finalmente i capelli color nocciola di Fede fanno capolinea tra le teste dei ragazzi. Mi fiondo nel fiume di gente e, con un po' di fatica, riesco a raggiungerla. "Ciao!" Mi sorride vedendomi.
"Hey..." rispondo al saluto. Appena fuori dai cancelli della scuola ci stacchiamo dalla massa e ci dirigiamo verso il lago.
Mentre camminiamo parliamo del più e del meno, poi lei si lancia in un'accurata descrizione di uno scherzo che Simone ha fatto ad un primino verso la fine dell'intervallo.
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I belong with you ~ Thomas Bocchimpani
Fiksi PenggemarGaia è una ragazza comune sotto nessun punto di vista. E la scuola proprio non le piace, tanto da ritrovarsi a Marzo con un'ultima occasione per salvare l'anno scolastico: prendere ripetizioni da Thomas, che non è esattamente il tipo di ragazzo con...