Capitolo 38

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Alexander's Pov

Dopo le ramanzine degli altri, mi chiusi nel mio nascondiglio, impiegando qualche minuto a fissare la parete della camera di Chris, non sapendo cosa fare

Volevo andare da lei, stringerla a me chiedendole di perdonarmi
Ma sapevo che non sarebbe stato così facile, sapevo che non mi avrebbe dato ascolto

Quelle frasi del cazzo che mi dissero gli altri, non servirono a niente
È tanto facile parlare e piazzare due frasi messe in croce con delle parole sdolcinate, ma quando si tratta dei fatti, si tirano tutti indietro come conigli

Le frasi strappalacrime non servono ad un cazzo, non servono proprio a niente
Anche io potrei andare da lei e dirle "Ti volevo dire che anche se non ti cerco, se non ti scrivo, se non ti chiamo, io ti penso. Ti volevo dire che a volte mi viene da prendere quel telefono e scriverti, e perdonami se non ho il coraggio di farlo perché sono certo che non mi risponderesti mai.
Ti volevo dire che a volte vorrei lottare, ma non so se ci sia ancora qualcosa per cui lottare. Ti vorrei convincere che ne vale la pena, che potresti buttare tutto all'aria, ricominciare e potresti non pentirtene" ma sarebbe come recitare, e non voglio seguire un fottuto copione.

Ma è comunque la sua voce che mi tranquillizza.
È il suo modo di parlare, il suo modo di chiamarmi, quei nomignoli che mi riserva.
È che è lei.
E quando si tratta di lei, io non so che mi succede.
Per quanto io cerchi di trattenermi, se si tratta di lei, io sono felice.

«Posso?» Maxwell bussò alla porta, e mi venne in mente la prima volta che io e lei litigammo e lui fu il primo a venire da me, anche se lo trattai come se fosse una merda

Sospirai e fissai la porta, prima di dirgli "si"

Appena entrò mi guardò e aspettò qualche secondo prima di chiudersi la porta alle spalle

«Che ti sta succedendo, bro?» mi chiese, mettendosi davanti a me
Sollevai lo sguardo e incontrai i suoi occhi «Non sei più lo stesso»

«Intendi che lei mi ha cambiato?» domandai «È una brutta cosa?»

«Lei non ti ha cambiato» disse scuotendo la testa «Ci ha provato, ma non ci è riuscita»

«Cosa te lo fa credere»

«Se ci fosse riuscita, non saresti andato con Amanda»

Abbassai lo sguardo sul pavimento e sospirai
Max si sedette accanto a me, sul letto

Ci furono molti minuti di silenzio, prima che qualcuno riprendesse a parlare

«Neanche tu lo sai quello che ti sta accadendo» disse, e iniziai a scuotere la testa

«Io lo so. Lo so che è con lei che voglio passare ogni momento della mia vita.
Pure se tu mi stai prendendo per pazzo.
È con lei che mi voglio mettere a letto ogni sera, e svegliarmi ogni mattina sempre con lei accanto. La voglio abbracciare e me la voglio tenere ben stretta, così stressa da star sicuro che non andrà con nessun altro.
È lei che voglio aspettare fuori al lavoro, farla salire in macchina stanca, con il trucco un po' colato e dirle che per me, resta la più bella di tutta Seattle.
Già me la immagino bella come il sole, mentre le fumo vicino in macchina e lei canta qualche canzone che non sa.
Io la guardo come si guarda una cosa che mi appartiene, con gli occhi innamorati.
È con lei che voglio fare l'amore tutte le sere, voglio una famiglia con lei. Voglio portarla in giro per tutta Seattle per far vedere quanto è bella.
È con lei che d'inverno voglio stare sul divano, a guardarmi un film, mentre fuori il mondo continua ad andare avanti.
È con lei che voglio andare in vacanza.
Per lei lo giuro, il resto non conta più di niente.
È con lei che voglio litigare per gelosia, farla stare zitta con un bacio perché la voglia di farlo è più forte di quella di dirle che i miei occhi sono pieni di lei.
È con lei che voglio stare, non voglio nessun'altra
Lei è tutto ciò che voglio, non posso dirti altro»

Mi guardò scuotendo la testa «Vedo che ti stai rendendo conto da solo che sei stato una testa di cazzo. Non hai bisogno delle frasi sdolcinate che ti dicono quelle due di là. Non hai nemmeno bisogno di quella poco di buono che c'è dall'altra parte della casa»

«Però ho bisogno di te» dissi, sospirando «Sei come un fratello per me, bro»

Sorrise e mi appoggiò una mano sulla spalla, guardandomi negli occhi «Stai diventando un fottuto ragazzino del cazzo, bro.» rise, «Qualche mese fa nemmeno me lo avresti detto»

«Detto cosa?» domandai, alzandomi
Si alzò anche lui

«Che mi vuoi bene»

Scoppiai a ridere «Ma non te lo ho detto»

Mi colpì la spalla sinistra con un pugno leggero, poi rise «Fottiti»
«Però, ora vestiti e vai da lei. Muoviti cazzo»

Annuii e andai all'armadio, presi una canotta bianca e un jeans

«Alex» mi girai e Max mi lanciò le scarpe, che riuscii a prendere al volo

«Se cadevano» sbottai, infilando i jeans e le scarpe

«Che cosa? Non ti mettere contro di me, fra. Non mi arrivi nemmeno alla caviglia, che vuoi fare?»

Misi la giacca di pelle e presi le chiavi della macchina sul comodino di fianco alla porta che aprii subito dopo

Mi girai verso di lui e sorrisi sghembo «Mai dire mai, fratello»
Uscii di casa, sentendo ancora la sua risata e le imprecazioni da parte di mia sorella verso Amanda.

Frances's Pov

Ero stesa sul divano. Probabilmente non sapevo neanche perché stessi guardando la televisione in quel preciso momento, mentre in testa non avevo altro che lui.
Rimasi sdraiata per non so quanto tempo, quando sentii qualcuno bussare alla porta di casa
Feci un respiro profondo, pensando fosse mio fratello minore, Tom, oppure Meghan
Tom doveva passare da casa mia solo perché, mi chiamò quando ero in macchina e singhiozzavo, così decise di passare da casa mia per vedere se tutto fosse al proprio posto, con me

Mi alzai e sistemai leggermente i capelli e mi toccai gli occhi, ancora gonfi per il pianto continuo
Piano, timidamente e agitata andai ad aprire la porta
Non capivo tutta quella agitazione, ma non ci feci molto caso, tranne quando abbassai e tirai la maniglia, trovandomi davanti il ragazzo, ormai uomo che stava crescendo pian piano

«Tom?» dissi, mentre un sorriso cresceva sul mio viso «Ciao!» esclamai, prendendolo per le spalle

Lo tirai verso di me e lo abbracciai, mi mancava sentire il suo corpo avvolgere il mio
Aveva solo diciassette anni, ma di statura superava perfino mio padre

«Ciao Frances» disse, appoggiando la testa sulla mia «come stai?»

Mi staccai da lui «Bene bene, non stare lì, entra!» esclamai

Piano, entrò in casa e si levò la giacca, appoggiandola sul divano

«E tu, come stai?» chiesi «Vuoi un caffè?»

Mi guardò spalancando gli occhi e scoppiò a ridere «Sembri la mamma, calmati, Fra»

Risi anche io, poi gli diedi ragione

Him. Un Meraviglioso Errore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora