21: Sfogati

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Dopo essere andato in bagno raccontai tutto ciò che era successo con Ash quella mattina, dettaglio per dettaglio.
Osservai la cura con cui Michael mi fasciava il polso e non riuscii a trattenere le lacrime.
<<Grazie Michael, se non fossi arrivato in tempo io non so..>> fui scosso da un singhiozzo che mi costrinse a fermarmi.
Bloccò ciò che stava facendo all'instante e mi prese tra le sue braccia. Mi strinse forte, massaggiandomi la schiena e io ricambiai singhiozzando.
<<Non dirlo neanche per scherzo>> sussurrò stringendomi più forte.
<<Andiamo a stenderci>> disse poi sciogliendosi dall'abbraccio.
Lo seguii in camera e aspettai che lui si fosse messo comodo sul letto per poi stendermi da parte a lui.
Ora io ero a pancia in su e lui era posizionato sul fianco, proprio da parte a me.
<<Perché l'hai fatto Luke?>> mi chiese subito dopo.
<<Volevo che il dolore se ne andasse via>> sussurrai.
<<Luke sovrapporre dolore ad altro dolore non ti fa stare meglio, non è la soluzione ai tuoi problemi. Parlare con le persone che vuoi bene, invece, ti fa stare meglio>> rispose lui.
<<Io non capisco. A cosa serve parlare con persone che non capiscono il tuo dolore? Non è inutile?>> chiesi calmo, continuando a fissare il soffitto.
<<Magari alcune persone non capiscono, ma penso che portare tutto quel peso da solo ad un certo punto diventi troppo difficile, anche per una persona davvero forte di carattere>> continuò lui, cominciando a massaggiarmi i capelli per farmi rilassare.
<<Non so quanto sia grande il peso che porto dentro. Non dico che il dolore che provo sia qualcosa di insopportabile, continuo comunque a fare le mie cose e a tollerarlo, riesco ad alzarmi ogni mattina e a stare in contatto con la gente, non è insopportabile, solo che c'è sempre. Sono consapevole che ogni mattina mi sveglierò con questa sensazione che mi impedirà di godermi totalmente la giornata>> conclusi continuando a fissare il soffitto bianco della camera, lasciandomi sfuggire di tanto in tanto qualche lacrima.
<<Sai ti capisco, davvero, e spero che si risolva tutto al più presto perché vivere con questo dolore finirà per rovinarti>> rispose come se parlasse per esperienza.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto poco conoscessi Michael. Oltre alle corse clandestine e suo padre non sapevo niente e questo mi lasciva un po' di amaro in bocca. Lui sapeva quasi tutto su di me ormai.
<<Sei una persona davvero forte Luke>> continuò lui.
<<No non è vero>> risposi secco.
<<Si, non conosco nessuno che sarebbe capace di parlare così liberamente di quello che prova dopo quello che hai passato>> disse contraddicendomi.
<<No, non lo sono Michael. Ho smesso di esserlo nell'esatto momento in cui ho preso quel coltello e ho fatto quel taglio. Sono crollato, mi sono lasciato andare, ho mollato. Non sono più abbastanza forte ormai per gestire tutto questo dolore>> risposi guardandolo negli occhi.
<<Allora vuol dire che ti aiuterò a portare questo peso, così non sarai da solo e non crollerai più>> disse lui posandomi in mano sulla guancia.
Incominciai di nuovo a piangere a causa delle sue parole, parole che nessuno prima era stato in grado di rivolgermi.
Non seppi il perché, ma in quel momento mi sentii davvero amato, per la prima volta.
Poi mi resi conto di quanto potesse essere stupido questo pensiero e lo abbracciai, ignorando la sensazione allo stomaco che mi faceva sentire strano da un po' di tempo .

Rimanemmo in quella posizione per una buona mezz'ora e non credo di essere mai stato più comodo nelle braccia di qualcuno.
<<Ti va di venire alla fattoria questa sera? Lo so che non è un buon momento ma ho pensato che perderti via un po' ti avrebbe fatto solo bene>> disse rompendo il silenzio che si era formato.
Anche se la mia voglia di uscire era pari a zero, il pensiero di rimanere a casa da solo mi terrorizzava. Un po' sapevo che mi stavo sbagliando: probabilmente se io fossi rimasto a casa sarebbe rimasto con me anche Michael e non volevo impedirgli di andare alla festa.
<<Va bene, penso che hai ragione. Staccare la spina per un po' non mi più fare solo che bene>> rispose alla fine.
Ci alzammo e ci dirigemmo in salotto per giocare alla play, così da far passare il pomeriggio e poi ordinammo una pizza.

Ci preparammo con calma e ci dirigemmo a piedi verso i vecchi garage dove eravamo stati un po' di giorni prima.
Il vento era caldo in quel periodo dell'anno anche se il cielo rimaneva comunque nuvoloso. D'altronde eravamo in Inghilterra e sperare in una giornata di sole era troppo.
Appena arrivammo Michael aprì il primo garage sulla sinistra, nel quale si trovava la sua famosa macchina grigia sul quale l'avevo visto salire la prima volta.
Aspettai il suo consenso e poi entrai nella macchina dopo di lui, salendo sul posto accanto a quello del guidatore. Appena chiusi la portiera il profumo di menta mi investì in pieno. Non potei non notare quanto questa macchina fosse linda e splendente nonostante lui andasse costantemente in quella fattoria in mezzo ai campi.
<<La tieni davvero bene la tua macchina>> dissi appena partimmo.
<<Già, baby è sempre pulita>> ripose ridacchiando.
<<Oddio le hai dato un nome?! Devo cominciare a preoccuparmi per la tua salute mentale?>> scherzai.
<<Non puoi capire. Quando avrai la macchina anche tu potrai parlare>> constatò lui facendo il finto offeso.
Ridemmo ancora, ma poi le nostre conversazioni finirono quando lui mise un CD; così passammo il resto del tempo a cantare tutte le canzoni dell'album.
Appena arrivammo Michael parcheggiò la macchina dietro la fattoria, e quando uscimmo mi fece cenno di seguirlo.
<<Adesso ti presenterò agli altri ma stai sempre vicino a me okay? Non conosco tutta questa gente>> disse mentre continuavamo a camminare.
Si stava preoccupando per me?
<<Uhm..okay>> risposi incerto.
Chiamò con un rapido gesto della mano un ragazzo poco lontano, che stava bevendo una birra.
<<Allora lui è Ben Mason. Ben lui è Luke >> disse indicando un ragazzo dai capelli neri e lisci e gli occhi altrettanto scuri. Indossava una felpa color oliva senza maniche e dei semplici jeans aderenti.
<<Ho sentito parlare di te Luke>> rispose stringendomi la mano.
<<Solo cose belle spero>> scherzai, più imbarazzato e intimidito che altro.
<<Lui è colui che organizza tutte le corse, riscuote i soldi e si occupa di avvisare la gente>> spiegò Michael.
<<Come mai non corri?>> gli chiesi curioso.
<<Sono più bravo con i conti che con le auto>> rispose alzando le spalle con disinvoltura.
Ci salutammo poco dopo e seguii Michael dentro la fattoria, se cosi si poteva chiamare.

Can you feel my heart? ❁  MUKEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora