42: Mi prendo io cura di te

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Quando mi svegliai capii subito di non trovarmi più in macchina, ma nella camera da letto di Michael. Probabilmente eravamo tornati tardi e io, come al solito, mi ero addormentato.
Lo trovai di fianco a me, che dormiva beatamente, russando di tanto in tanto. Presi il mio cellulare, che non usavo da una vita, e mi accorsi che era in carica. Sorrisi, sempre opera di Michael. Guardai prima l'ora, erano le sei e mezza, poi i messaggi e ne notai diversi da mio fratello, uno da Ethan e delle chiamate da parte di mia madre, alcune risalenti ad ancora prima del mio rapimento.

Guardai prima quelli di mio fratello, che mi diceva più volte di volermi incontrare per parlare e infine mi augurava buon weekend al mare. Probabilmente aveva saputo dopo che ero partito e si era corretto.
Tutto sembrava normale fino a quando entrai nella chat di Ethan. Anche lui voleva incontrarmi per parlare.
Da quando ero cosi tanto richiesto?

Ignorai senza fatica le chiamate di mia madre, visto che sapevo che avrei avuto tutto il tempo di parlarle quando sarei tornato a casa, ma mi chiesi se le avessero detto cos'era accaduto.
Per la polizia Lee mi aveva solo rapito, probabilmente per chiedere un riscatto, e alla fine, aiutati dai ragazzi, erano riusciti a salvarmi.
Anche se era solo una piccola parte distorta della vera storia, era comunque una cosa grossa agli occhi di una madre. Mi venne una voglia improvvisa di chiamarla ma poi scacciai l'idea dalla mia mente quando mi ricordai che cosa mi aveva tenuto nascosto per tutta la vita.

Mi alzai cercando di non svegliare Michael; poi mi diressi in bagno per lavarmi e pensare a tutto quello che era successo.
Mi tolsi la maglietta e osservai i bendaggi, poi tolsi anche quelli.

Le mie braccia erano...piene di tagli e bruciature provocate da quel mostro, perché era quella la definizione giusta per lui.
Chiusi gli occhi e per un attimo mi balenarono in testa le immagini di quei giorni orribili.

<<Luke>> mi sentii chiamare.
Voltando la testa vidi Michael in pigiama appoggiato alla porta del bagno.
<<Ti sei svegliato>> constatai con il mio solito ingegno.
<<Va tutto bene?>> chiese lui avvicinandosi a me e baciandomi delicatamente.
Per la prima volta non seppi rispondere.

Dopo tutto quello che mi era successo credevo di potermi svegliare un giorno, dopo che tutto era finito, e pretendere di stare ancora bene? Pretendere che non fosse successo nulla?
Quel giorno era oggi. Tutto era finito, non c'erano più pericoli, eppure mi sentivo lo stesso quel dannato peso nel petto.
Avevo da parte a me la persona che amavo di più al mondo, avevo degli amici fantastici e un fratello con cui ero molto legato, perché non mi sentivo bene?

Gli occhi mi si riempirono di lacrime e io non potei fare altro che buttarmi tra le sue braccia e stringerlo forte a me, come se, con quel semplice abbraccio, sarei potuto stare meglio.

<<Ti va di fare la doccia con me? Poi andiamo a scuola, va bene? Altrimenti, se non ti va, stiamo a casa>> mi sussurrò lui mentre era ancora abbracciato a me.
<<Va bene>> gli risposi staccandomi da lui e incominciando a svestirmi.

Entrammo nella doccia e ci rimanemmo per una buona decina di minuti, fino a quando non constatammo che si stava facendo troppo tardi. Non mi sentivo in imbarazzo con lui, in fondo lo avevo già visto nudo.

Mi asciugai velocemente i capelli e mi lasciai mettere il gel da Michael. Risi tanto quando per sbaglio ne fece cadere un po' sui suoi pantaloni, dando poi la colpa al mio gel. Alla fine riuscì a mettermelo e dovetti ammettere a me stesso che quel piccolo momento di semplice felicità passato insieme aveva migliorato la mia mattinata.
Come tutte le mattine precedenti Karen ci accompagnò a scuola e non potei fare a meno di pensare a come Michael avrebbe detto a sua madre di noi. Speravo solo che non avesse paura di dirglielo o che, nel caso peggiore, si vergognasse di me o che non fossi abbastanza per lui.
Scacciai questi pensieri dalla mia testa quando mi accorsi di essere arrivato a scuola. Scesi con lui e aspettammo che la macchina di Karen se ne fosse andata per entrare.

Mi stupii molto quando, fatto qualche passo in direzione del cancello, Michael mi prese per mano. Quel piccolo gesto, anche se per molti poteva essere naturale o quasi insignificante, mi diffuse una scarica enorme di felicità, scacciando via tutti i dubbi che prima attanagliavano la mia mente.
Ci avvicinammo alle porte dove avevamo entrambi adocchiato Ashton e Calum che parlavano con la professoressa che ci aveva accompagnato qui.

<<Ragazzi, professoressa>> dissi salutandoli.
<<Hemmings ho saputo che sei stato al mare, com'è andata?>> mi chiese la prof. facendomi sorridere per i bei ricordi.
<<È stato fantastico, l'esperienza più bella della mia vita>> risposi forse con un po' troppa enfasi.
<<Sono contenta. Ora è meglio che ti spieghi i veri motivi per cui sono venuta qui. Presa visione di ciò che è accaduto in questi giorni ho deciso di proporti una scelta: puoi tornare a casa, se non te la senti più di stare qui visto ciò che hai passato, oppure puoi rimanere qui. Ho già parlato con tua madre e mi sono messa d'accordo con lei sul fatto di consultare uno psicologo quando tornerai. Ovviamente non ti sto imponendo nulla, la scelta è tua, ma almeno il consultare lo psicologo sarebbe appropriato visto le circostanze>> sentite le sue parole non feci nemmeno un po' di fatica a scegliere.

<<Resto qui, non torno a casa, quello che è accaduto non mi impedisce di passare una bella vacanza. Per quanto riguarda lo psicologo mia madre non avevo il diritto di prendere decisioni per me, ma a quanto pare il fattore comunicazioni tra di noi è un po' arrugginito>> anche se avevo parlato con un tono duro lei non si smosse di un centimetro, anzi, fece un sorriso compassionevole. Cercai di ignorare, inoltre, alcune persone che intorno a noi ci stavano osservando curiose. Nessuno sapeva più farsi i fatti suoi ora.

<<So che credi che vada tutto bene, ma anche se pensi di sembrare forte tenendoti tutto dentro, tu sai la verità dentro di te. E, per quanto riguarda tua madre, penso che dovresti chiamarla, lei si preoccupa per te più di quanto credi, non lasciare che un errore pregiudichi il vostro rapporto>> quelle parole mi fecero arrabbiare molto, soprattutto perché parlava della situazione delicata con mia madre come se fosse una cosa che si potesse sistemare con una chiacchierata.

<<Lei non sa nulla di me, di come prendo questa storia o della situazione con mia madre. Io riuscirò a superare da solo la cosa e sa perché? Perché ho di fianco a me le persone che amo e che mi sosterranno sempre. Anche la loro sola presenza mi aiuta a stare meglio. Per quanto riguarda mia madre avrebbe potuto benissimo dimostrarmi che mi amava dicendomi la verità su mio padre>> mentre parlavo la mia mano rimase saldamente ancorata a quella di Michael, come se anche solo quel piccolo contatto potesse aiutarmi a stare calmo. Quando nominai mio padre notai un leggero tremito da parte di Ash, come un po' di dolore che ancora aleggiava in lui, come in me, ma in quantità minore. Nel frattempo anche Ben e Ethan ci avevano raggiunti, e probabilmente avevano assistito alla mia piccola scenata.

<<Io so benissimo cosa ti succede e conosco bene tua madre. Fai come ritieni più giusto riguardo allo psicologo, sei tu che devi gestire il tuo dolore alla fine. Ma io credo che dovresti perdonare tua madre, alla fine di cosa ha colpa? Di averti impedito di incolpare te stesso per cosa è successo, per tutta la durata della tua adolescenza? Alla fine voleva solo proteggerti da questo dolore>> detto questo si voltò e se ne andò lasciandomi leggermente incantato a pensare.

Ripensando a ciò che era successo mi tornarono lucidi gli occhi ma Michael mi prese subito tra le sue braccia. Lo strinsi a me come se gli stessi chiedendo di non abbandonarmi mai e lui in risposta mi passo una mano sulla schiena e una sulla nuca. Non mi importava degli sguardi delle persone, ne tanto meno di quelli di Zach e della sua compagnia. In quel momento c'eravamo solo io e lui.

<<Ora mi prendo io cura di te Luke. Stai tranquillo, d'altronde l'ho sempre fatto da quando sei arrivato in città>> e in quel momento giurai di aver sentito il cuore scoppiare di gioia.

Can you feel my heart? ❁  MUKEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora