20: La goccia che fa traboccare il vaso

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<<Non volevo che lo scoprissi cosi Luke, lasciami spiegare>> dissi prima che lui se ne andasse.
<<Non devi spiegare, vi ho sentito parlare già da quando eravamo fuori da scuola>> rispose singhiozzando.
Nel frattempo aveva iniziato a piovere, come se l'atmosfera non fosse già abbastanza triste.
<<Sapevo che mi stavi nascondendo qualcosa, lo avevo detto a Michael, ma lui non era dello stesso parere. Per lui non era un problema se ti facevi amico lui>> ne aveva parlato con Michael?
<<Da quando parli di me con lui? Anzi, da quando parli con Michael? Non litigavate sempre?>> chiesi mentre le gocce di pioggia che entravano nei miei occhi mi offuscavano la vista.
<<Siamo diventati amici. Lui mi capisce ed è simpatico e divertente quando vuole. Ci siamo confidati e ho scoperto che è una persona davvero forte caratterialmente ed è anche misteriosa. Credo mi piaccia sai?>> disse facendomi prendere un colpo.
<<Ti piace? Vi siete parlati? Puoi dirmi di più? Lo sai che mi preoccupo. Poi lui frequenta brutti giri, non dovresti andargli dietro>> sembravo proprio nostra madre in quel momento, sempre pronta a metterti in guardia su ogni cosa.
Ma cosa ci potevo fare? Lui era sempre il mio piccolo fratellino, dovevo proteggerlo.
<<Ash non sei nostra madre!>> urlò come se mi avesse letto nella mente.
<<Io ero venuto proprio per dirti queste cose. Ero davvero felice di poterti raccontare tutto e lasciare al passato le piccole divergenze che stavamo avendo>> continuò con calma.
<<Ovviamente prima che scoprissi che mi hai mentito per tutta la vita! Prima che scoprissi che, non solo eravate amici, ma andavi anche da lui a giocare alla play! Non lo facevi neanche con me questo e non hai idea di quanto faccia male questa situazione>> abbassai la testa non riuscendo più a sostenere il suo sguardo e non risposi, me lo meritavo.
<<Io..non so nemmeno più cosa dire>> concluse lui.
<<Mi dispiace di averti mentito ma non me la sentivo di dirti di Calum visto che lo odiavi tanto e allo stesso tempo sapevo che se te lo avessi detto mi avresti impedito di vedermi con lui e io.. io ero così affezionato a lui da odiare l'idea di perderlo>> risposi cercando di sistemare il casino che avevo combinato.
<<Come sapevi che io ti avrei impedito di vederlo? Magari mi avresti fatto cambiare idea su di lui, oppure, visto che lo conoscevi dalle elementari, se me lo avresti presentato prima saremmo anche potuti diventare amici!>> urlò avvicinandosi sempre di più e puntandomi un dito al petto.
<<E la cosa che mi lascia più sconcertato è che tu hai preso questa decisione per me, dando per scontato ciò che davvero pensavo>> continuò lui guardandosi in giro, cercando qualsiasi punto per non guardarmi in faccia.
<<Hai ragione e mi spiace di tutto, davvero. Se sarai arrabbiato con me perché ti ho mentito lo capirò>> dissi cercando di guardarlo negli occhi, per fargli capire che non stavo mentendo.
<<Non sono arrabbiato perché mi hai mentito, sono arrabbiato perché d'ora in poi non posso più crederti>> rispose, voltandosi poco dopo e andando via tra la pioggia.
Non penso di essermi mai sentito peggio di così. È come se non avessi più la terra sotto ai piedi, come se tutto fosse diventato un po' più scuro, come se niente avesse più senso ormai.
Lo avevo deluso e lo avevo ferito, proprio io che gli avevo promesso di esserci sempre.
Gli avevo detto che non ero come gli altri, che non lo avrei mai giudicato e che non gli avrei mai mentito.
Quindi cos'era peggio ora? Non essere perdonato dalla persona che avevo tradito o non riuscire a perdonare me stesso?

POV. Luke
Mi diressi di corsa a casa, non curandomi di essermi bagnato tutto a causa della pioggia, ma quando entrai e chiamai a voce alta Michael, non ricevetti alcuna risposta.
Salii le scale e guardai in camera, in bagno e anche nel ripostiglio, ma di Michael neanche l'ombra.
Guardai in giardino e vidi che neanche la macchina della signora Clifford c'era, cosi pensai che fosse andato con lei.
Appoggiai il mio giubbotto al termosifone e mi misi una tuta per casa, per stare più comodo.
Scesi in cucina per farmi un panino, ma quando entrai cominciai a pensare a tutto ciò che avevo passato con Ash, tutti i pomeriggi a parlare, tutto ciò che avevamo passato insieme e mi ritrovai a piangere da un momento all'altro.
Immaginatevi la persona che conoscete di più al modo, quella a cui volete più bene, quella a cui siete più legati; ora pensate che questa persona ad un certo punto della vostra vita vi dica che vi ha mentito per tutto il tempo. Come vi sentireste?
Mi lasciai scivolare contro la porta della cucina, piegando le gambe al petto, avvolgendo le braccia attorno ad esse. Non doveva finire così fa noi due, sarebbe dovuto essere tutto diverso.
Sarebbe dovuta essere una bella vacanza, uno di quei momenti in cui hai appena passato un brutto periodo e pensi che scappare dai tuoi problemi sia il modo migliore per essere felice. Alla fine magari non si è felici davvero, forse è solo una felicità finta, temporanea, perché prima o poi la mente tornerà a ripensare a quei brutti periodi e ricomincerai a stare male di nuovo. È come un circolo vizioso, non c'è mai fine. Quando soffri una volta, un po' di quel dolore ti rimane dentro per sempre.
Credo che chi conosce il dolore ne riproduce l'eco per tutta la vita, come le conchiglie fanno con il mare.
Era esattamente quello che stava capitando a me. Anche se lo avessi ignorato per sempre, sarei comunque tornato a pensarci prima o poi e mi avrebbe fatto male. Ma, al contrario, se lo avessi perdonato non sarebbe stato più come prima tra di noi.
Non ce la potevo più fare senza di lui.
Affondai il viso nelle mani e lasciai che il dolore si impossessasse di me, lasciai che mi affogasse. Lo accolsi e sperai per un attimo che mi uccidesse.
Avevo bisogno di parlare con qualcuno, perché se fossi rimasto da solo ancora per un po' probabilmente sarei uscito di testa.
Cosi presi il telefono e chiamai Michael.
Dopo tre squilli finalmente rispose.
<<Luke ma non dovresti essere a scuola? Perché mi stai chiamando?>> chiese ancora prima che potessi dire qualcosa.
Solo in quel momento mi resi conto che erano solo le dieci di mattina e capii perché non ci fosse a casa sua madre.
<<Gia.. no non s-sono a scuola>> risposi con la voce tremate lasciandomi scappare un singhiozzo.
<<Che cazzo succede Luke?>> chiese preoccupato. Solo in quel momento mi accorsi di sentire della musica in sottofondo, come
se fosse ad una festa.
<<Dove sei?>> dissi io interrompendolo.
<<C'era un festa alla fattoria, quella dove facciamo le corse, e ho pensato che visto che mia madre non è in casa ne oggi né domani non sarebbe stato un problema>> continuò lui, probabilmente andando in un luogo più silenzioso, visto che non sentii più la musica.
Non seppi neppure il perché ma in quel momento mi salirono di nuovo le lacrime e incominciai a piangere silenziosamente.
<<Luke che succede? Mi stai spaventando>> chiese probabilmente sentendo i miei singhiozzi.
<<Ash...è s-successo un c-casino e a-abbiamo litigato. L-lui..>> non riuscii neanche a continuare a causa dei troppi singhiozzi che mi stavano uscendo dalla bocca, a causa del pianto e del groppo che a poco a poco si stava formando nella mia gola.
<<Dieci minuti sono lì, stai tranquillo arrivo subito>> disse chiudendo la chiamata subito dopo.
Mi alzai da terra e appoggiai il telefono sul bancone della cucina, asciugandomi le guance sulle quali stavano scendendo imperterrite le mie lacrime.
Mi guardai in giro e il mio sguardo cadde involontario sul contenitore delle posate, dove c'erano anche i coltelli.
Avevo passato una vita dura, questo potevo dirlo, avevo passato di tutto. Avevo sofferto a scuola, a casa, avevo perso tutti, avevo scoperto che mio padre non solo se n'era andato a causa mia, ma era anche morto, e quando finalmente tutto stava andando bene, ecco che andava male di nuovo.
Aveva ragione Leopardi: la felicità è solo un momento di intervallo tra un male e l'altro.
Cosi, dopo essermi svegliato dal momento di trance in cui ero caduto, mi avvicinai a quel contenitore e presi un coltello.
Me lo passai tra le mani e riuscii quasi a sentire il peso della mia vita su di esse. Infatti era così, ora tutto dipendeva da me.
Forse in questo modo avrei potuto soffrire di meno. Provando del male fisico, forse, il dolore che avevo dentro sarebbe andato via almeno un po'.
Cosi poggiai la lama sul mio polso e feci un bel respiro. Volevo davvero tutto ciò?
No, sicuramente non volevo che finisse cosi, non volevo morire. Non volevo neanche fare del male alle persone che mi stavano accanto, volevo solo che il dolore si fermasse.
Cosi lo feci e per un attimo mi sentii bene, come se in qualche strano e malato modo, quel dolore andasse a contrastare quello che avevo dentro e entrambi si annullassero.
Proprio in quel momento sentii la porta di casa sbattere e prima che potessi fare qualcosa mi trovai Michael davanti alla porta della cucina.
Lasciai cadere il coltello per terra a causa delle mani tremanti e caddi in una specie di trance, non riuscivo a smettere di guardare il mio polso.
<<Cazzo Luke>> sussurrò venendo vicino a me e cercando di fermare il sangue poggiando un asciugamano sul mio polso.
<<Luke perché l'hai fatto?>> continuò lui.
La realtà era che volevo rispondere, ma non riuscivo, le parole non uscivano e il mondo arrivava a me ovattato.
<<Luke!>> urlò prendendomi il volto tra le mani. Aveva gli occhi lucidi ed era disperato.
Solo in quel momento mi accorsi di cosa avevo fatto, cosi feci di scatto un passo indietro.
<<I-io non volevo farlo, n-non volevo.. i-io..>> dissi ricominciando a piangere.
<<Shh tranquillo va tutto bene, ora ci sono io>> mi prese tra le sue braccia e mi cominciò a tracciare dei piccoli cerchi concentrici, con le dita, tra i miei capelli.
<<Mi spiace Michael >> sussurrai.
<<Non farmi mai più prendere uno spavento del genere>> disse lui sciogliendosi dall'abbraccio.
<<Ora andiamo a medicarla e poi mi spieghi tutto, va bene?>> continuò lui prendendomi il volto tra le mani e asciugandomi le lacrime.
Annui velocemente mentre queste scendevano veloci, rivolgendogli un sorriso gentile.
Mi diede un leggero bacio sulla fronte, facendomi scaldare il cuore, per poi condurmi con lui in bagno, tenendomi per mano.

Can you feel my heart? ❁  MUKEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora