38: Spiaggia, sole e mare

1.3K 105 41
                                    

Come aveva detto il medico, per sabato mattina Michael fu dimesso dall'ospedale con una prescrizione medica di antibiotici da prendere due volte al giorno.
Con mia sorpresa la madre di Michael decise di portarci al mare lo stesso, nonostante tutto quello che era successo.
Era fermamente convinta che una vacanza non ci avrebbe fatto altro che bene, per quanto corta potesse essere.
Provai a spiegarle che il viaggio in auto poteva essere stancante per Michael, ma anche lui sembrava tener testa alle idee della madre, cosi alla fine mi arresi.

Per raggiungere il mare ci vollero solamente due ore in macchina, scarse.
Raggiungemmo un paesino tranquillo, dove tutto sembrava perfetto, anche se il cielo minacciava di piovere.
Ci fermammo in un hotel con vista sul mare, dove sua madre aveva prenotato due camere, una singola e una doppia con letti separati.
Forse era proprio quello il motivo di tanta fretta a partire, non voleva disdire tutto all'ultimo.

Era un hotel a tre stelle e scoprii subito dopo che Karen ci era venuta per tanti anni con suo marito, ancor prima della nascita di Michael.
Quella affermazione fu come un colpo al cuore per lui.
Spere che stava visitando posti che aveva visto anche suo padre lo doveva far sentire più vicino a lui, in qualche modo, o almeno io mi sarei sentito cosi.
Erano solo le undici quando entrammo nelle nostre camere pronti a disfare le "borse" che aveva preparato Karen per noi, con dentro vari cambi di vestisti.
Non avevamo avuto tempo di prepararle da soli, visto che io ero rimasto per la maggior pare del tempo con Michael in ospedale- a parte il tempo che avevo passato nel letto a dormire.
Karen andò nella sua camera e io e Michael rimanemmo finalmente da soli.

<<Mi piace questo posto>> dissi osservando la splendida vista che avevamo dalla nostra terrazza.
<<Anche a me, mi fa sentire vicino a mio padre>> quella sua affermazione confermò le mie teorie.
L'aria mi scompigliava leggermente i capelli, ma non mi venne freddo. Non era un vento gelido, era una brezza piacevole e sarei rimasto volentieri su questa terrazza tutto il pomeriggio.
<<C'è una cosa a cui non riesco a smettere di pensare>> disse lui affiancandomi.
<<Pensi che Lee conoscesse tuo padre?>>

Chiusi gli occhi e per un attimo rividi tutte quello che mi era capitato in quei giorni.

<<Non so cosa pensare, ma tutto quello che ha detto mi fa presumere che lo conoscesse o almeno che sapesse chi fosse>> risposi cercando di ignorare il dolore che si stava annidando nel mio petto.
<<Cosa ti ha detto?>> chiese cercando di capirne di più.
<<Mi ha detto che mio padre era piuttosto famoso tra loro, che doveva tenermi d'occhio e che mi stava seguendo da un po'>> dissi abbassando sempre di più la voce.
<<Ti seguiva?>> chiese di nuovo, con tono allarmato.
<<Sapeva cose che non avrebbe potuto sapere altrimenti, cose che sono accadute in America prima del mio arrivo qui e che cercavo di dimenticare>> risposi con tono gelido.
<<L'unica cosa che importa ora è che sia in prigione, insieme a tutta la sua banda di leccapiedi>> disse lui circondandomi le spalle con un braccio e attirandomi a se.
Gli circondai la pancia con le mie braccia, proprio come farebbe un bambino, e mi lasciai coccolare dalle carezze che mi stava facendo tra i capelli.

<<C'è una cosa che voglio chiederti da un sacco di tempo>> dissi ancora stretto a lui.
<<Quando ho scoperto delle corse tu mi hai detto che non lo facevi per soldi, ma per ripagare i tuoi errori. Era una metafora o stavi davvero pagando qualcuno?>> alle mie parole una piccola risatina uscì dalle sue labbra, forse perché solo io avrei potuto fare una domanda del genere.
<<Sto davvero pagando qualcuno e quel qualcuno è Zach. Mi sento responsabile per l'accaduto e non posso fare a meno di ripagarlo in qualche modo per la sua perdita, anche se so che i soldi non servono a nulla>> rispose impedendomi di liberarmi dalla sua stretta stringendomi più forte, come per farmi capire che anche solo la mia presenza lo avrebbe aiutato a stare meglio.

Scesi in spiaggia quando erano già le tre di pomeriggio anche se, con mio dispiacere, Michael non venne con me.
Era già stanco di suo, essendo appena uscito dall'ospedale, e il viaggio non aveva di certo aiutato.
Quando arrivai trovai Karen già sotto l'ombrellone, cosi mi tolsi subito la maglietta, pronto per lasciarmi abbrustolire dai raggi del sole.

Passammo cosi il pomeriggio, tra chiacchierate sulla mia famiglia (ma non dei rapporti che avevo attualmente con loro), racconti inediti sulla giovinezza di Michael (come quando, all'età di cinque anni, aveva appoggiato la mano sul ferro da stiro per vedere se era davvero "caldo")  e pensieri di odio profondo rivolti a tutti quei bambini che, passandoci vicino, ci schizzavano con l'acqua.

Quando tornai in camera, alle sei, ero esausto.
Feci per parlare quando vidi Michael steso sul letto con uno strano sorriso sul volto, del tipo "mi hai appena beccato con le mani nella marmellata".

<<Cosa c'è?>> chiesi ridendo leggermente per la strana posa assolutamente poco naturale.
<<Nulla, assolutamente nulla>> dal tono con cui disse quelle parola capii che stava mentendo. Dio come faceva schifo a dire bugie.
<<Dai cosa c'è?>> chiesi di nuovo mentre mettevo a posto le cose nell'armadio e stendevo il telo per farlo asciugare.
<<È una sorpresa>> cosa?
In genere odiavo le sorprese perché, quando ero ancora in America, facevano presagire solo notizie negative.
Ma ora che si parlava di Michael avevo una buona sensazione. Speravo solo che non ci fossero in ballo altri segreti, se no sarei diventato pazzo davvero.

<<E quando potrò scoprire di cosa si tratta?>> mi avvicinai al letto sul quale si era seduto e mi posizionai ad un centimetro dal suo viso.
<<Questa sera>> e dopo aver detto ciò mi lasciò un delicato bacio in bocca.
Non sapevo bene quali fossero i nostri rapporti al momento.
Speravo solo che la serata che aveva in programma avrebbe cambiato qualcosa tra noi.

Can you feel my heart? ❁  MUKEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora