46: Il lago

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Eravamo in macchina da più di una decina di minuti e Michael mi aveva gentilmente anticipato che andavamo in pizzeria.
Non sapevo bene se prendere questa uscita come un'appuntamento o meno, ma non avevo certo intenzione di chiederglielo. Al massimo me lo avrebbe detto lui.

Arrivammo dopo una decina di minuti e Michael, come un gentiluomo, mi aprì lo sportello della macchina.
<<Che galantuomo>> scherzai proseguendo verso l'entrata.

Non rispose, rise solamente, e mi accorsi che era un po' agitato dal suo continuo mordere le labbra. Lo faceva sempre quando era in ansia per qualcosa.
Appena entrammo un cameriere ci accolse e, dopo che Michael gli ebbe detto il suo cognome, ci accompagnò al nostro tavolo.
Era un poso semplice, non troppo elegante, altrimenti mi sarei sentito a disagio, ma nemmeno uno da quattro soldi. Una via di mezzo, ecco.

La serata passò serena, parlammo di cose stupide come il suo vizio di indossare canottiere 24 ore su 24, delle brutte figuracce che aveva fatto in passato, della mia ossessione nel collezionare palle di neve in vetro di ogni posto che visitavo e di tante altre cose.
Quella sera riuscii a staccarmi da tutto il mondo che mi stava attorno. Non pensai a quello che avevo passato, al fatto che sarei presto tornato a casa, ad Ash, a nulla.
Stavo talmente bene che non mi sembrava reale.

<<Ti va di andare via da qui?>> mi chiese d'un tratto, con il sorriso di chi ha già pianificato tutto il resto della serata.
<<Ho forse scelta?>> scherzai ovviamente apprezzando tutto lo sforzo che stava facendo per farmi stare bene quella sera.
<<Credo di no>> e dopo pochi minuti eravamo già in macchina diretti verso una meta non ben definita, ma felici.

Guardai fuori dal finestrino, mentre nella macchina regnava il silenzio. Non era uno di quei silenzi imbarazzanti dove speri di arrivare presto a destinazione perché ti opprimono.
Era un silenzio di quelli "cavolo abbiamo parlato per tutta la sera sono stanco morto" , non so se mi spiego.

Arrivammo a destinazione dopo una mezz'ora. Quando vidi quello che avevo davanti credetti di svenire.

<<Michael Clifford, sei assolutamente la persona più romantica, smielata e sbalorditiva che abbia mai conosciuto>>
Davanti a me c'era un lago di piccole dimensioni, circondato lungo tutto il suo perimetro da alberi. La luce della luna si rifletteva sulla superficie illuminandone le acque cristalline e creando un'atmosfera perfetta.
Ma la cosa bella non era solo il panorama.
Sulla riva del lago, proprio davanti a me, un salice piangente copriva parte della spiaggetta e i suoi rami ricadevano dolcemente nel lago. Ad essi erano appese decine e decine di lanterne colorate e sotto al salice, stesa sulla spiaggia, c'era una coperta con dei cuscini.

<<È la cosa più bella che abbia mai visto, grazie mille>>

Mi avvicinai a lui e lo baciai lentamente, cercando di fargli capire quanto gli ero grato per tutto ciò.

<<Ti amo>> gli sussurrai sulle labbra.
<<Ti amo>> rispose lui, abbracciandomi forte.

Quando lo abbracciai però capii che qualcosa non andava, come se non fosse del tutto felice, ma aspettai a parlare.

<<Comunque non dovresti ringraziare solo me, l'idea è mia ma Ethan mi ha aiutato con l'organizzazione>> ci dirigemmo verso la riva, stendendoci sulla coperta.
<<Mi stavo giusto chiedendo come avessi fatto ad organizzare tutto questo da solo>> scherzai.
<<Domani mi ha detto di passare da lui, credo voglia sentire cosa ne pensi del suo lavoro qui>> quando sentii quelle parole, capii subito che non era quella la vera ragione per cui Ethan ci aveva chiesto di andare da lui, ma Michael non lo sapeva.

Non risposi, feci solamente un cenno con la testa, poi mi voltai a guardare il piccolo spiraglio di cielo che si intravedeva tra i rami del salice e osservai le stelle.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, ma quando mi voltai verso di lui per osservarlo, notai che i suoi occhi erano tristi.

<<Cos'hai? È tutta la sera che ti vedo triste, anche quando mi hai abbracciato l'ho percepito>>
<<Sto bene, è solo che...>>

Fece un sospiro, come se avesse un peso sul petto di cui si dovesse liberare. Mi voltai su un fianco, così da dedicargli la mia piena attenzione e facendogli anche capire che poteva parlare con me visto che ero il suo fidanzato.

<<Non voglio che tu te ne vada>> quelle parole mi colpirono come un macigno perché sapevo che erano vere. Avevo cercato di non pensarci per tutta la sera, ma non pensavo che sentirle ad alta voce facesse così male.
<<Vorrei poterti dire "tranquillo non me ne vado" ma sappiamo entrambi che sarebbe una bugia. Io sto cercando di godermi quel poco tempo che ci rimane al meglio, così da avere tantissimi bei ricordi da poter ripercorrere anche quando non ci sei. Sono consapevole del fatto che, probabilmente, questo è ancora peggio, perché ricordarsi dei momenti felici quando si è soli fa male. Però la sai una cosa? Preferisco avere tanti bellissimi ricordi con te, e avere la fortuna di ripercorrerli, che non averne affatto.>>

Mentre parlavo i suoi bellissimi occhi si erano incastonati nei miei e, nel frattempo, avevo posato la mia mano sulla sua guancia per farlo avvicinare.
Eravamo ancora in quella posizione, ma dei suoi occhi ora scendevano calde lacrime.

<<Forse hai ragione tu, ma avere così tanti bei ricordi e non avere te accanto, mi farà stare da schifo. Ripensando a quanto mi è mancato Joseph, che era solo un amico, non riesco ad immaginare quanto mi mancherai tu, che sei il mio fidanzato>> sentite le sue parole spezzate da qualche singhiozzo qua e là, mi avvicinai a lui per stringerlo forte a me.
<<Comunque non è detto che non ci potremmo mai vedere in questi mesi che passiamo lontano. Potrei passare quattro giorni ogni due settimane qui, con te. Voglio dire, potrei prendere il primo volo e passare con te il weekend, il lunedì e il martedì, ogni due settimane. Non credo che sia un problema per mia mamma, visto che siamo pieni di soldi. E poi, se provo a dire di no... cambio casa>> le due ultime parole lo fecero un po' ridere, ma capii che era d'accordo con me visto il suo enorme sorriso.
<<Io non so che dire. Avevi già pianificato tutto per caso?>> Anche se aveva detto per scherzo quell'ultima frase, non aveva del tutto sbagliato.

<<In realtà è da un po' che ci stavo pensando. Devo comunque ancora parlarne con mio fratello e con mia madre, con cui, tra l'altro, devo ancora chiarire, ma penso proprio che non ci siano problemi per nessuno dei due.>>
<<Ti amo>> mi disse Michael avvicinandosi a me.
<<Ti amo>> risposi sulla sua bocca, per poi cominciare a baciarlo.

I baci da romantici si fecero sempre più vogliosi e capimmo entrambi come sarebbe finita la serata.
Mi tolse velocemente sia il giubbotto sia la camicia e, come un gesto automatico, feci la stessa cosa. Le nostre labbra erano sempre unite e, anche quando erano lontane per un solo secondo, si cercavano sempre. Era come se avessimo bisogno l'uno dell'altro costantemente, come se se ci fosse una sorta di calamita tra noi che ci attraeva e ci impediva di allontanarci.
In realtà quella calamita era solo l'amore che legava le nostre anime.

Cosi finimmo per fare l'amore all'una di notte, vicino ad un lago poco conosciuto, con delle piccole lanterne sopra di noi che ci fornivano l'unico poco di luce in quel luogo oltre alla luna, avvinghiati l'uno all'altro come se fosse l'ultima volta della nostra vita. I nostri cuori non smisero di battere forte e all'unisono nemmeno per un secondo, i nostri respiri si fusero, proprio come i nostri gemiti nella notte.

E nello stesso modo in cui era cominciata, la serata finì.
Insieme, abbracciati, innamorati.

Can you feel my heart? ❁  MUKEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora