32: Il rapimento

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POV. Luke
Ripresi conoscenza con un mal di testa lancinante. Ma cosa era successo?
Provai ad avvicinare il braccio alla mia testa, ma mi accorsi di avere entrambe le mani legate ad una sedia. Lo stesso valeva per le caviglie.
Mi guardai intorno.
Una piccola lampadina emanava una fioca luce traballante sopra la mia testa, ma nonostante ciò la visibilità in quel posto era ancora minima. In quel preciso istante mi tornarono alla mente alcuni ricordi di ciò che era successo prima di arrivare qui: il litigio con Michael, di cui francamente non mi pentivo, e quella botta in testa poco dopo.

Ma chi era stato a farmi questo? E soprattutto perché? Cosa c'era di così importante in me da dover arrivare addirittura a rapirmi?

Provai a cercare con lo sguardo qualche oggetto o scritta che potesse farmi capire in che posto mi trovavo. Ero consapevole del fatto che questa cosa non mi sarebbe servita a niente comunque, visto che conoscevo poco e niente di quella cittadina, ma la cosa non mi scoraggiò. Dovevo mantenere attiva la mente o sarei entrato nel panico.

Nonostante la poca luce riuscivo a distinguere nell'oscurità alcuni mobili, probabilmente armadi, che mi fecero capire di essere in una casa. La stanza doveva essere molto grande visto che, nonostante la scarsa luminosità, non riuscivo lo stesso a vedere il muro.

Poco tempo dopo sentii una porta aprirsi e alcuni passi avvicinarsi a me. Le scarpe di quella persona a contatto con il terreno producevano un rumore strano, quasi come se stesse calpestando della ghiaia. Ora i luoghi dove mi potevo trovare si riducevano ulteriormente: o mi trovavo in un seminterrato, e quindi le mie possibilità di uscire sarebbero state piuttosto scarse, oppure mi trovavo alla fattoria dove Michael faceva le corse. In quest'ultimo luogo, infatti, i pavimenti non erano presenti, essendo prima una fattoria.

<<Bene, bene. Qualcuno si è svegliato>> era stato un uomo a parlare, ma il suo accento nel dire queste parole mi aveva fatto subito capire con chi avevo a che fare. Era Lee.

Cercai di non farmi prendere dal panico, ma la cosa mi riuscì piuttosto male visto che cominciai a sudare freddo. Sul subito una domanda mi sorse spontanea: se era tanto arrabbiato con Michael, perché aveva rapito me? E, si, rapito, perché era ormai di questo che si trattava.

Poi però mi vennero in mente le parole che aveva usato alla venerdì alla festa quando eravamo nascosti nell'armadio.

<<Sai già cosa gli farò quando lo troverò, Michael. Lo prenderò quando meno te lo aspetterai e te la farò pagare per il dolore che mi hai provocato mandando mio fratello all'ospedale>>
Era questo quello che voleva fare? Farla pagare a Michael attraverso me?

<<Non parli più? Ho sentito dire che sei un gran chiacchierone>> una risata di scherno uscì dalle sue labbra e si avvicinò di più a me, permettendomi di vedere il suo volto alla luce. I suoi lineamenti tipicamente orientali mettevano in risalto ancor di più il suo sguardo iniettato di sangue, proprio come quello di un pazzo.

<<I miei amici mi troveranno e tu andrai in prigione!>> dissi a denti stretti, come per fargli vedere che non avevo paura di lui.

<<Credi che quello che hai appena detto mi farà cambiare idea e ti lascerò andare? Dovresti sapere il motivo per cui sono qui. D'altronde venerdì alla festa mi hai sentito, eri proprio dietro quello stupido armadio>> cominciò camminare intorno a me, in modo lento. Mi fece venire sempre più ansia e paura, ma non potevo ammetterlo. Ma avevo sentito bene? Sapeva che eravamo dietro l'armadio?

<<Se sapevi che eravamo lì perché non ci hai presi entrambi?>> chiesi cercando di voltarmi per vederlo in faccia. Non rispose subito, ma si limitò ad accennare una risatina, come se avessi appena detto un'idiozia.
<<Sembrerò anche un pazzo ma non sono ancora stupido e di certo non posso far rischiare la vita ai miei uomini. Con tutte le persone che c'erano alla fattoria quella sera, non avrei potuto fare nemmeno un passo con voi senza essere assalito da quel branco di ragazzini>> sputò quelle ultime tre parole con un'espressione di disgusto sul volto. Perché provava così tanto odio per quelli che facevano corse clandestine? Forse gli era capitato qualcos'altro nel passato che lo aveva portato ad odiarli cosi tanto. Dopo aver pensato ciò, però, mi insultai mentalmente.
Dovevo smetterla di preoccuparmi del passato di Lee e iniziare a preoccuparmi, invece, per le cose che mi avrebbe fatto.

<<Non siamo qui per parlare, questo l'ho capito. Cosa hai intenzione di farmi?>> dissi d'un tratto. Sul subito non riuscii a carpire se quello che avevo appena detto mi aveva condannato ad una morte dolorosa oppure mi fosse servito come diversivo per prendere tempo.
<<Se così eri ansioso di sapere come saresti morto potevi dirmelo prima>> si bloccò davanti a me, ridendo.
Ma perché non sto mai zitto?

<<Una cosa che devi sapere su di me è che non sono un tipo all'antica. Non sono uno che ama gli spargimenti di sangue, sono uno che predilige un nuovo tipo di tortura, quella psicologica, che si protrae nel tempo>> quello che disse mi fece gelare il sangue nelle vene. Se conosceva anche una minima parte del mio passato sapeva bene come colpirmi per farmi state male e di certo io non ero una persona forte. Se Michael fosse arrivato tardi non so come me la sarei potuta cavare.

<<Non mi fai paura>> mentii per apparire un po' coraggioso ai suoi occhi, anche se in realtà stavo tremando.
<<C'è un limite molto sottile tra coraggio e stupidità. Credo che tu lo stia superando ora>> disse abbassandosi alla mia altezza, piegandosi sulle gambe.
<<Pensi davvero che io abbia paura di te? Dovresti avere tu paura e sai perché?>> la mia improvvisazione sembrava cosi verosimile che mi stupii io stesso delle mie parole.
<<Illuminami>> rispose lui con l'intento di prendermi in giro.
<<Perché quando Michael ti troverà ti ucciderà>> dovo aver detto ciò pensai alle mie parole. Avrebbe davvero fatto una cosa del genere? Ero sicuro di essere cosi importante per lui? Mi pentii in quel momento di non aver mai chiarito il nostro rapporto. In effetti cosa eravamo? Fidanzati? Amici? Non lo sapevo. Ci baciavamo e si vedeva lontano un miglio che anche lui teneva tanto a me quanto io a lui, ma il fatto di non avergli detto quanto fosse importante per me mi aveva lasciato l'amaro in bocca.

<<Pensi davvero che Michael, quel ragazzino cosi consumato dal dolore, potrebbe arrivare ad uccidermi? E poi dovresti smetterla di preoccuparti di cosa mi faranno i tuoi amici se mi troveranno, ma incominciare a temere cosa io e il mio amico ti faremo se i tuoi amici non arriveranno in tempo>> in quel preciso istante vidi arrivare alle sue spalle un uomo con uno sguardo negli occhi che mi fece ancora più paura di quello di Lee.  Era almeno il doppio di me, se non di più, e aveva con se una valigetta il cui contenuto preferivo ignorare per il momento.

<<Vedi, seppur io preferisca la tortura psicologica, sono cosciente del fatto che quella tradizionale ha molto più effetto sui giovani. Per questo c'è qui lui. Ti farà raggiungere livelli di dolore che non pensavi fosse possibile provare>> detto ciò scoppiarono entrambi in una risata e io cominciai seriamente a pregare perché Michael si accorgesse della mia scomparsa.

Can you feel my heart? ❁  MUKEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora