18: Mio padre

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Quella mattina quando mi svegliai trovai Michael di fianco a me, che mi fissava sorridendo.
Non credo che esistano parole adatte per esprimere il sentimento che provai in quel momento. Il cuore mi stava letteralmente uscendo dal petto e, nonostante fosse mattina, Michael rimaneva bello come sempre.
Non ci dicemmo niente, non perché fossimo imbarazzati ma semplicemente perché non c'era niente di importante da dire. D'altronde erano rari i momenti in cui noi non litigavamo e credo ci stessimo entrambi godendo il momento.

Quando arrivammo a scuola ci dirigemmo insieme da Calum e Ash che erano di fianco alla scuola. Ci eravamo messi d'accordo poco minuti prima e avevamo scelto quel luogo su consiglio di Michael perché 'almeno c'è poca gente che ascolta' come diceva lui.
Gli raccontò tutto ciò che aveva detto a me e ci promettemmo che non avremmo detto niente a nessuno, che avremmo sempre mantenuto il segreto.
Vidi particolarmente amichevoli tra di loro Ash e Calum e la cosa non poté fare altro che spaventarmi.
Avevo sempre avuto timore che le persone preferissero Ash a me e con il tempo ne avevo avuto anche la certezza, ma fino ad ora non avevo mai temuto il fatto di poter essere io ad essere messo in secondo piano da lui.
Prima sapevo che, nonostante lui fosse circondato da gente popolare, io rimanevo sempre suo fratello, ma vederlo scherzare e ridere con Calum mi aveva davvero fatto paura, mi aveva davvero fatto credere che forse, per lui, non contavo più niente ormai.
Un'ondata di tristezza si impossessò di me per il resto della giornata a causa di quel mio dialogo interiore.
Il mio umore era sempre stato influenzato dai miei pensieri, quando le persone mi facevano stare bene ero convinto di poter davvero cambiare qualcosa, di fare qualcosa di utile con la mia vita, insieme alle persone giuste ovviamente. Ma poi quando esse puntualmente se ne andavano lasciandomi da solo, tutti quei bei pensieri se ne andavano via come neve al sole.

Passai l'intero pomeriggio a rimuginare su questo argomento, fino a quando Michael si accorse che c'era qualcosa che non andava.
<<Che hai oggi?>> chiese catapultandosi dentro la stanza dove stavo inutilmente cercando di studiare.
<<Niente>> mentii.
<<Non hai neanche detto una parola oggi>> constatò sedendosi da parte a me sul letto.
<<Secondo te Ash mi odia?>> sussurrai.
<<Ma da dove salta fuori questa domanda?>> chiese abbastanza sconcertato.
<<Ma non hai visto come era attaccato a quella serpe di Calum? Non mi ha neanche degnato di uno sguardo>>
<<Non vedo il problema, non si può fare degli amici?>> chiese stendendosi sul letto a pancia in su.
<<Si è solo che..>> 'ho paura che faccia come tutti gli altri' pensai.
<<Hai paura che ti lasci da solo?>> chiese come se mi avesse letto nel pensiero.
<<Si, come lo sai?>>
<<Io averi paura di quello se avessi un fratello e poi ho tirato ad indovinare. Sei sempre così insicuro di te stesso e non riesco a capire il perché. Sei un ragazzo fantastico>> disse facendomi sentire un po' in imbarazzo, ma anche davvero tanto felice.
<<Se avessi io quella criniera bionda in testa come minimo me ne andrei in giro come se fossi Lady Gaga>> scherzò per sdrammatizzare.
<<Non sono mai stato uno con tanta autostima>> ammisi ridacchiando.
Rimase in silenzio per un paio di minuti, cosi io mi stesi sul letto di fianco a lui, poi cominciò di nuovo a parlare.
<<Sai mio padre è morto due anni fa, in un incidente stradale>>
<<Come mai me lo dici?>> chiesi un po' confuso per l'improvviso cambio di discorso.
<<Mi è tornato in mente di quando parlavamo ieri sera di tuo padre, ma tu non hai voluto affrontare l'argomento>> rispose con tale calma che mi vennero i brividi.
<<Sai io ti capisco, è passato tanto dalla morte di mio padre ma è sempre difficile parlarne>> continuò lui.
<<Alzati ti devo fare vedere una cosa>> disse di colpo, facendomi quasi prendere un infarto.
<<Cosa?>> chiesi senza ricevere risposta.
Presi il primo giubbotto che mi capitò sotto mano e lo seguii di corsa fuori di casa.
Camminammo per due isolati buoni fino ad arrivare in una via secondaria dove c'erano una fila di garage chiusi.
Prese dalle tasche un mazzo di chiavi e aprì l'ultimo garage sulla destra.
<<Cosa ci facciamo qui?>> chiesi guardandomi in giro.
Capii subito che quel posto non era tanto frequentato visto che alle quattro di pomeriggio non passava nessuno.
<<Dove pensi teniamo le macchine che usiamo per fare le corse? In tasca o sotto il letto?>> disse lui sarcastico.
Alzò la saracinesca del garage e scoprii che all'interno c'era una macchina vecchio modello. Il cofano era alzato e il motore non era completamente montato, come se ad un certo punto qualcuno avesse smesso di colpo di aggiustarla.
In base alle polvere che c'era in giro constatai che era da un bel po' che Michael non veniva qui.
<<È davvero una bella macchina>> dissi per rompere quel silenzio che si era formato nel frattempo.
<<L'abbiamo costruita io e mio padre. Ha la potenza di novecento cavalli. È una bestia. Sai quanto ha fatto nella sua ultima corsa?>> chiese sorridendo come un bambino davanti ad un negozio di caramelle.
<<No quanto ha fatto?>>
<<Ha fatto nove secondi netti. Guidava mio padre. Ha una tale torsione! Dovresti vederla correre. Mio padre l'ha tenuta in pista per un pelo>> annuii fingendo di aver capito quello che aveva detto. Non mi intendevo molto di macchine ma era bellissimo vedere la luce che si formava nei suoi occhi quando ne parlava.
<<Qual è il tuo miglior tempo?>> chiesi curioso. Dopotutto ogni informazione in più che potevo ricavare su di lui mi poteva far comodo, visto che volevo conoscerlo.
<<Io non l'ho mai guidata>> nel dire ciò il suo sorriso si spense e si andò a sedere su una sedia poco lontano.
<<Perché no?>> domandai continuando a camminare intorno alla macchina per ammirarne ogni dettaglio.
<<Mi mette una paura fottuta>> constatò.
<<Quello è mio padre>> disse poco dopo indicando una vecchia foto ingiallita appesa sul muro sopra ad una scrivania, in fondo al garage.
Era seduto su una macchina, mani sul volante e un sorriso di chi è davvero felice di quello che fa.
<<Scalò le classifiche nel circuito professionale. Era l'ultima gara della stagione. Un tizio, un certo Cho Lee, lo superò all'interno alla curva finale. Gli tagliò la strada è lo fece sbandare, mandandolo contro muro a 200 km/h>> disse con tale fermezza da provocarmi un sussulto. Come faceva a raccontare tutto ciò mantenendo la calma?
<<Subito dopo il serbatoio prese fuoco. Io vidi mio padre...morire bruciato. Ricordo di averlo sentito urlare>> continuò.
Mi avvicinai e mi sedetti di fianco a lui, pronto a consolarlo, sconcertato da quello che avevo appena sentito.
Nessuno dovrebbe vivere tali orrori, nessuno meriterebbe un tale dolore e, in quel momento, mi sentii male per lui.

<<La gente che era lì però disse che era già morto prima che esplodesse il serbatoio. Disse che veramente ero io che urlavo>> una lacrima usciva dai suoi occhi mentre riprendeva fiato e il mio cuore si strinse nel vedere tanto dolore.
<<Mi spiace davvero tanto Michael, non meritavi di soffrire così>> risposi per sostenerlo.
<<Vidi Lee più o meno una settimana dopo. Ero davvero fuori di me perché aveva ucciso mio padre e cominciai a colpirlo. Non volevo continuare a colpirlo così forte, ma quando smisi non avevo più la forza di alzare il braccio>> terminò lasciandomi senza parole. I suoi occhi dallo sguardo freddo erano fissi su un punto indefinito della parete ma, per quanto lo volesse nascondere, sapevo che stava soffrendo.
<<Io da allora sono bandito a vita dalle piste da corsa, per questo faccio quelle illegali. Io non posso non correre con le auto, sono la mia passione e la mia gioia. Quando sono in macchina mi sento...libero>> disse riprendendo a sorridere.
Ero davvero sconcertato da quello che aveva detto perché avevo scoperto che anche lui aveva un lato pericoloso ma la cosa non mi faceva affatto paura. Avevo come la certezza che lui non mi avrebbe mai fatto del male. Forse mi stavo solo illudendo o forse no, chi poteva dirlo.
Tornammo a casa velocemente e quando ci sedemmo di nuovo sul letto, deciso di porgli una domanda che mi stava assillando da tempo.
<<Come mai mi hai detto tutto questo Michael?>>
<<Perché voglio che tu sappia come sono andate le cose, prima che sia qualcun altro a raccontartele. Io mi fido di te e voglio che tu sappia la verità perché te lo meriti. So che dovrei tenerti fuori da questa storia ma..la verità è che ormai sei troppo importante per me>> disse con gli occhi lucidi.
Cosa voleva dire? Cosa non voleva che sapessi da altri? Da quale storia doveva tenermi fuori?
C'erano troppe domande e troppe poche risposte, ma avevo a disposizione una sola risposta e decisi di dire la cosa che più desideravo che sapesse.
<<Anche tu sei importante per me>>
Ci sorridemmo, tornammo a casa e ci sdraiammo sul letto a parlare del più e del meno, finendo per per addormentarci abbracciati.

Can you feel my heart? ❁  MUKEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora