- Ops. First Kiss -

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La settimana che passò dopo fu letteralmente inutile. O almeno, lo fu fino al venerdì, quando tornai a casa e mi ritrovai le gomme della macchina bucate, una rosa con i petali strappati sul parabrezza e un piede di porco appoggiato allo sportello dell'auto.

Perché? Tutta la settimana era stata tranquilla, relativamente tornata alla più totale normalità, senza contare le attenzioni che Calum mi rivolgeva, con quel sorriso che mi faceva rivoltare lo stomaco dall'emozione, quindi perché adesso doveva venire a bucarmi le gomme? L'avevo visto a stento in quei giorni, sembrava scomparso.

Presi il pezzo di metallo, freddo, e lo soppesai con la mano, come per comprendere quanti danni avrebbe fatto se l'avesse usato. Ne avrebbe fatti, tanti.

Le mani iniziarono a tremare, il cuore a palpitare e la testa a girare. Strinsi forte le dita, dicendomi che dovevo respirare e restare calma, ma mentre continuavo a ripetermelo stavo già correndo verso il portone del mio palazzo e frugando furiosamente nella borsa alla ricerca delle chiavi. Aprii, il respiro affannato, e percorsi le scale correndo, rischiando di inciampare. Era una minaccia, una minaccia bella e buona, e io ero terrorizzata.

Mi chiusi la porta alle spalle, girai la chiave più volte che potevo nella serratura e mi allontanai, scappando dalla porta. Buttai tutto alla rinfusa sul divano. Il giubbotto, la borsa, tutto cadde in maniera disordinata lasciando me ancora più turbata. Se non riuscivo a mantenere in ordine degli oggetti così semplici, in un momento come quello, come avrei sperato di poterlo fare con la mia vita?

Digitai freneticamente sul telefono, camminando nel salotto. Avevo paura e l'unica cosa che volevo era che rispondesse.

«Pronto?»

«Cal, ti prego, devi venire qui» mi ritrovai con la voce rotta «Ho bisogno di te»

Ci mise poco ad arrivare, non più di dieci minuti, e quando aprii la porta per farlo entrare ci mancò poco che non cadde a terra. Lo abbracciai forte, stringendolo mentre sospiravo sollevata contro la sua spalla.

«Cos'è successo?» domandò, passandomi le braccia intorno alla vita e appoggiandosi contro la porta.

«Grazie per essere qui» mi sembrava quasi stessi singhiozzando «Grazie per essere qui» ripetei.

«Non c'è bisogno nemmeno di dirlo, Angie» mormorò al mio orecchio.

«Sono le quattro del mattino, Calum» mi staccai per guardarlo negli occhi «Nessuno sarebbe venuto. Mi avrebbero detto di mettermi a letto o di chiamare la polizia»

Sorrise, in modo dolce e amaro «Come avrei potuto dirti una cosa del genere? Io... io ci tengo troppo per farti questo» anche al buio vidi chiaramente gli occhi scuri del ragazzo scintillare. Strinsi le labbra, gli occhi che mi pizzicavano.

«Grazie Calum, non so cosa farei senza di te» lo strinsi di nuovo e lui si lasciò stringere.

Qualche minuto dopo eravamo seduti sul divano, io che gli raccontavo tutto, quando ad un certo punto mi interruppe «Quando ho suonato il citofono, prima, ho trovato questo» e mi porse un bigliettino.

Era un post-it. Una sola parola. Bugie.


Passai la notte con lui, stretta tra le sue braccia a cercare invano di addormentarmi. La mattina chiamammo il carroattrezzi e andammo alla stazione della polizia, dove mi chiesero se avessi prove che fosse stato proprio lui a squarciarmi le gomme.

«Anche per le ordinanze restrittive c'è bisogno di qualche prova? È chiaro che sia lui, e io voglio che mi stia lontano» ribattei, tenendo la mano di Cal da sotto il tavolo davanti al quale eravamo seduti.

«Mi dispiace molto signorina, ma quello che mi sta dicendo è vago. Qualcuno si è accanito contro la sua macchina, danneggiandola chiaramente, ma lei non può dire con precisione che sia stato Dominic Kyler a farlo»

«Ma mi ha minacciato» protestai «Mi ha detto chiaramente che ci sarebbero state ripercussioni se non fossi stata al suo gioco»

«Ma non ha detto che genere di ripercussioni» aveva la risposta pronta «Le sue parole fanno intendere che non ha parlato esplicitamente di violenza fisica, che non ha alzato le mani su di lei e che, addirittura, si è presentato sul suo luogo di lavoro mostrandole delle pillole che lo aiuterebbero a moderare gli attacchi d'ira. Non posso basare nessuna ricerca su di lui con queste prove, considerato che frequenta non assiduamente ma occasionalmente il suo locale e che lei non ha prove del danno all'auto»

Mi ritrovai sconfortata, il cuore caduto nello stomaco dall'ansia «Mi ha già picchiato» dissi improvvisamente, e la mano di Calum si strinse intorno alla mia «Non recentemente, però. Quando eravamo al college, qualche anno fa, ma lo ha fatto» sentii i miei occhi bruciare «La prego, mi aiuti in qualche modo. Ho paura che possa succedere qualcosa di brutto» mi ritrovai ad implorare.

Lo sguardo del poliziotto si ammorbidì e poi lui sospirò «Vedrò di fare una ricerca per capire come si muove, se la rende più tranquilla» poi mi sorrise e mi congedò.

In macchina iniziai a guardare assorta fuori dal finestrino mentre Calum teneva strette le dita sul volante. Spezzò lui il silenzio «Non mi avevi accennato al fatto che ti picchiava»

Trattenni il fiato «Pensavo fosse implicito. Ti ho detto che ho paura di quello che potrebbe fare, non pensavo di dover chiarire il fatto che sarebbe diventato violento»

«Ho sempre pensato a qualcosa come minacce o urla, non a questo» mormorò piano, come un suo pensiero. Mi voltai a guardarlo.

«Mi dispiace» dissi.

«Dispiace a me non averlo capito» rispose, lo sguardo perso sulla strada.

Quella sera andai a lavorare, Calum mi promise che non se ne sarebbe andato fino alla fine del mio turno e io mi sentivo così grata, ero così felice che restasse con me. Con lui mi sentivo al sicuro.

Purtroppo quella sicurezza non riusciva a non farmi guardare intorno continuamente, verso la porta d'entrata del locale, colta da ansia improvvisa. Se fosse entrato...

Sarei scoppiata a breve e per la prima volta non volevo restare lì a parlare e a servire i clienti. Volevo scoppiare a casa, da sola, discreta, al sicuro.

Era mezzanotte, i clienti erano serviti e Calum con gli altri aveva finito il turno previsto per lo spettacolo. Ero seduta su una sedia girevole al bancone, Cal mi stava davanti mentre chiacchierava, monopolizzando la conversazione su argomenti indefiniti per distrarmi. Sorrideva, intanto, ed era quello a distrarmi di più.

Lo stavo ascoltando, non afferrando del tutto le sue parole, quando la porta del locale, che era alle sue spalle, si aprì. Con la coda dell'occhio intravidi i capelli scuri, la mascella squadrata e il tatuaggio sul collo e... accadde tutto in fretta.

Lui pensava stessi mentendo, pensava che ogni cosa che gli avevo detto era falsità, ed aveva ragione, ma lui doveva cambiare idea. Era necessario che cambiasse idea.

Ancora prima che superasse del tutto la soglia del locale avevo già il colletto della maglietta di Calum tra le dita mentre lo tiravo a me, mentre mi allungavo e premevo dolcemente le labbra sulle sue, mentre il mio cuore esplodeva nel petto.

Lo tenni stretto, baciandolo e cercando di scacciare l'angoscia. Sorprendentemente, dalla mia testa sparì ogni cosa, lasciando spazio alle labbra piene di Calum che mi sfioravano. 


Sono risorta dalle ceneri. Buon san Valentino passato dolcezze <3 Ci rivedremo nel prossimo capitolo? Bye <3 

My (Fake) Boyfriend || Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora